Originale: Systemic Disorder
http://znetitaly.altervista.org
30 agosto 2014

Prima decidiamo noi, poi commentate voi
di Pete Dolack
traduzione di Giuseppe Volpe

Prendendo esempio dalle loro controparti statunitensi, i negoziatori commerciali dell’Unione Europea evidentemente interpretano il termine ‘consultazione’ come sinonimo di ‘ignorare’. Nuove prove di questo atteggiamento nei confronti del pubblico sono state offerte dalla rivelazione del testo finale dell’accordo di ‘libero scambio’ proposto tra Canada e UE.

Anche se il dipartimento commerciale della UE, il Direttorato Generale della Commissione Europea per il Commercio, promuove sul proprio sito web un processo di consultazione pubblica, non è il pubblico che esso ascolta. Il testo finale dell’Accordo Generale su Economia e Scambi Canada-Unione Europea (CETA) include formulazioni che rispecchiano la lista dei desiderata delle imprese non modificata rispetto alle bozze precedenti, anche se il dipartimento commerciale della UE non ha avuto il tempo di analizzare i commenti sottoposti dal pubblico.

Questa farsa di un processo di ‘consultazione’ rispecchia i negoziati segretati dei meglio noti trattati di scambi Trans-Pacifico e Transatlantico. I lobbisti delle imprese sono ben rappresentati in questi dialoghi, ma al pubblico, a gruppi garanti e persino a parlamentari e legislatori è vietato vedere il testo. Anche il testo del CETA è segreto, ma è stato fatto filtrare dal programma giornalistico televisivo tedesco Tagesschau, che ha pubblicato l’intero documento di 521 pagine sul suo sito web. Già: 521 pagine.

Critica per la comprensione del testo del CETA è la Sezione 33, la parte intitolata semplicemente ‘risoluzione delle dispute’. Sotto il guanto di velluto di tale titolo blando il lettore trova il pugno di ferro, quello che è noto come “meccanismo di disputa investitore-stato”. Questi ‘meccanismi’, ritrovati in molti accordi commerciali bilaterali e multilaterali, sono tribunali segreti dominati dalle imprese che prendono decisioni unilaterali senza controlli, senza notifiche pubbliche e senza appelli. I governi che accettano questi meccanismi si vincolano legalmente ad arbitrati vincolanti con gli ‘investitori’ in questi tribunali segreti in cui la maggior parte dei giudici sono avvocati dell’industria che rappresentano gli ‘investitori’ in altri procedimenti legali.

Kenneth Haar, portavoce del gruppo di controllo Corporate Europe Observatory, in un’intervista al sito giornalistico EurActiv, ha definito il meccanismo di disputa “un vero e proprio pericolo per la democrazia”, e ha affermato:

“La Commissione non si comporta davvero seriamente a proposito della propria consultazione. E’ più immagine che sostanza … Io penso che quelli che hanno scelto di rispondere alla consultazione della Commissione sono presi in giro”.

Le decisioni saranno definitive e incontestabili

Utilizzando il consueto linguaggio omnicomprensivo, l’artico 14.2 del CETA (gli articoli, qui, sono numerati ‘14’ anche se si trovano nella Sezione 33) afferma: “Questo Capitolo si applica a ogni disputa riguardante l’interpretazione o l’applicazione delle clausole di questo Accordo” (pag. 472). L’articolo 14.10 prosegue dichiarando: “La decisione della giuria arbitrale sarà vincolante per le Parti … La giuria interpreterà le clausole cui si fa riferimento nell’Articolo 14.2 in conformità alle norme usuali di interpretazione della legge internazionale pubblica” (pag.476).

La legge internazionale ‘usuale’ è qualsiasi cosa uno di questi tribunali segreti afferma che lo sia. Norme ambientali, leggi sul ‘compra nazionale’ o qualsiasi altra iniziativa governativa che le imprese affermino ledere i loro profitti possono essere, e frequentemente sono, dichiarate illegali da questi tribunali nel giudicare dispute sulla base degli accordi di scambio esistenti. Tali sentenze creano precedenti che diventano legge internazionale ‘usuale’.

Nel caso queste leggi ‘usuali’ non siano chiare, a pagina 480 del testo del CETA c’è l’articolo 14.16 che soppianterebbe la legge nazionale:

“Nessuna Parte può prevedere un diritto d’azione in base alla legge nazionale contro l’altra Parte motivandolo che il fatto che una misura dell’altra Parte è incoerente con questo Accordo”.

La vostra legge è stata approvata attraverso un processo democratico? Peccato: sarà revocata se non piace a un ‘investitore’.

Le norme proposte nel CETA sono coerenti con ciò che è segretamente negoziato nel Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti tra USA e UE e nel Partenariato Trans-Pacifico negoziato tra dodici paesi affacciati sul Pacifico. Una maggioranza dell’economia mondiale sarà esclusa da ogni possibilità di controllo democratico nel caso entrino in vigore questi accordi di scambio.

Il gruppo di controllo Council of Canadians avverte:

“Il governo Harper è passato con il rullo sopra le municipalità canadesi, vietando per sempre le politiche di ‘compra locale’ e altre politiche di acquisto sostenibile che contribuiscono a creare occupazione, proteggere l’ambiente e sostenere aziende e contadini locali. Il governo Harper ha anche concordato di allungare la durata dei brevetti e di offrire nuove protezioni monopolistiche a imprese già redditizie produttrici di farmaci noti che aggiungeranno inutilmente centinaia di milioni al costo dei farmaci su ricetta in Canada.”

Nemmeno l’acqua sarà immune. Se un sistema idrico è privatizzato e un’amministrazione locale sceglie di rimunicipalizzarlo perché le tariffe sono aumentate e il servizio peggiora (come si è regolarmente verificato su entrambe le sponde dell’Atlantico) l’investitore sarebbe in grado di opporsi godendosi altra manna dal cielo in base ai termini dell’accordo commerciale.

Ammesse solo le richieste dei lobbisti dell’industria

Anche se il pubblico e i gruppi di pubblico interesse non sono ascoltati, lo sono invece i lobbisti dell’industria. Ci sono, ad esempio, 605 ‘consulenti’ con accesso al testo del Partenariato Trans-Pacifico e che plasmano le posizioni negoziali statunitensi. Virtualmente ognuno di loro è un dirigente di un’impresa multinazionale o un lobbista dell’industria che lavora per un’associazione dell’industria.

In Europa è un po’ diverso. Il Corporate Europe Observatory riferisce che il 92 per cento degli incontri a porte chiuse dell’ufficio commerciale della UE ha avuto luogo con lobbisti dell’industria, mentre solo il quattro per cento è stato con gruppi di interesse pubblico. L’ufficio commerciale si è spinto sino sollecitare attivamente il coinvolgimento di lobbisti dell’industria. Che ottiche diverse da quelle del capitale multinazionale non siano prese in considerazione si può dedurre dal modo stesso in cui è sollecitato il contributo del pubblico, ha affermato l’Osservatorio:

“Come risponderebbe il cittadino medio a domande come questa: ‘Se è interessato alle barriere agli investimenti, quali sono i costi aggiuntivi stimati per la sua attività (in percentuale dell’investimento) derivanti dalle barriere?” Dunque lo stretto coinvolgimento dei lobbisti dell’industria nel disegnare la posizione della UE nei dialoghi [per il Partenariato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti] è il risultato di un accesso privilegiato assicurato loro”.

Le cose non vanno diversamente nel CETA e la stessa dinamica esiste oltre Atlantico. L’ex Rappresentante del Commercio USA Ron Kirk ha ammesso in un’occasione che se la gente sapesse che cosa c’è nel Partenariato Trans-Pacifico esso non sarebbe mai approvato. E’ importante ricordare che questi grandi accordi di “libero scambio” non sono semplicemente normale amministrazione; vanno ben oltre le regole draconiane dell’Accordo Nordamericano di Libero Scambio.

Così, anche se le pressioni competitive di ciascun paese nel tentativo di garantire vantaggi alle proprie imprese multinazionali significa effettivamente che manovrare attraverso interessi diversi richiede lunghi negoziati – per non citare i conflitti d’interesse, a volte, tra varie industrie – alla fin fine c’è un interesse unificante di classe nel progetto complessivo. E’ vero che gli USA adottano la linea più dura nei negoziati commerciali cui partecipano (prima di arrivare addirittura al braccio militare per forzare l’apertura dei paesi del Sud) e tuttavia l’assenza degli USA dall’accordo di scambio Canada-Unione Europea è stata praticamente irrilevante riguardo all’esito.

Che paesi diversi, governi diversi, giungano a simili accordi unilaterali di “libero scambio” in cui agli “investitori” è consentito di prevalere su leggi nazionali e le norme su lavoro, sicurezza e ambiente sono “armonizzate” al livello più basso, è un prodotto della competizione capitalista. I rigori di tale competizione strutturale impongono espansione e crescita; col maturare dei mercati, il capitale non ha altra scelta, se deve sopravvivere all’incessante pressione dei concorrenti, che aprire nuovi mercati e tagliare incessantemente i costi per mantenere profitti elevati. Gli accordi di “libero scambio” rappresentano uno dei modi più efficaci per realizzare ciò.

Le rivolte popolari contro questi accordi devono proseguire e intensificarsi ma non avranno mai fine fintanto che si consentirà che le decisioni economiche e sociali siano prese dai “mercati”, che non sono entità disincarnate sedute spassionatamente su un trono dell’Olimpo, ma sono gli interessi aggregati degli industriali e dei finanzieri più potenti.


Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/zcommentary/please-make-your-comment-after-we-make-our-decision/

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