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17 settembre 2014

StopTtip: Ue rigetta iniziativa popolare. Avanti tutta con il fondamentalismo mercantile
di Marina Zenobio

Bruxelles ha rigettato la richiesta di registrazione di una iniziativa dei movimenti europei per la raccolta di firme contro il Ttip e il Ceta.

La Commissione Ue ha rigettato la richiesta di registrazione di una iniziativa cittadina contro il Ttip (l’accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati uniti) e il Ceta (accordo di libero scambio tra Ue e Canada).

Lo scorso luglio un nutrito gruppo di circa 200 organizzazioni provenienti da 18 stati membri dell’Unione, tra cui diverse sezioni di Attac, Friends of the Earth, Greenpeace e Transparency International facenti parte della campagna internazionale Stop Ttip, aveva presentato richiesta di registrazione di una iniziativa che prevedeva la raccolta di un milione di firme di cittadini europei, necessarie per chiedere a Bruxelles di interrompere i negoziati per il Ttip e il Ceta e di rivedere la sua politica commerciale per “impedire che gli standard dei diritti su lavoro, sociale, ambientale, privacy e norme di consumo vengano abbassati e i servizi pubblici (come l’acqua) e dei beni culturali vengano deregolamentati in negoziati non trasparenti”.

Di fronte al respingimento della domanda le organizzazioni proponenti hanno accusato l’Ue di voler zittire le voci che si oppongono a questi accordi segreti, in particolare il Ttip.

“La decisione della Commissione Europea è scandalosa, stiamo parlando di trattati commerciali che già si stanno confrontando con una opposizione senza precedenti per la forma segreta con cui si stanno portando avanti in sede Ue e per la loro opacità, tuttavia adesso si nega anche ai cittadini il diritto di presentare una petizione. Questo dimostra il carattere antidemocratico delle istituzioni dell’Unione che rappresentano soltanto il potere economico e quello finanziario, non i popoli dell’Europa” denunciano i promotori della campagna internazionale Stop Ttip.

La Commissione europea, attraverso il suo portavoce Wojtek Talko, si è giustificata comunicando che “non si tratta di una decisione politica ma di una valutazione tecnica: l’accordo di libero scambio Ue-Usa ancora non esiste, per questo la Commissione non ha le competenze per agire e l’iniziativa cittadina non può dunque sussistere”. Ora gli organizzatori della campagna Stop-Ttip devono decidere se contestare la decisione di Bruxelles, facendo ricorso alla Corte europea di giustizia.

Il Ttip, acronimo di Transatlantic Trade and Investment Partnership, è uno degli accordi commerciali più vasti e decisivi della storia, che farà sembrare una inezia il Nafta, il trattato di libero scambio entrato in vigore nel 1994 tra Stati Uniti, Canada e Messico che pure portò, in quest’ultimo paese, alla rivolta zapatista dell’Ezln. Un accordo commerciale che riguarderà 800 milioni di persone e due potenze (Usa e Ue) che insieme rappresentano oltre il 40% del Pil mondiale e la terza parte degli interscambi commerciali sempre a livello mondiale. In sintesi stanno costruendo un gigantesco mercato transatlantico regolato da norme comuni tra i due soci che, anche se appartenenti entrambi alla sfera occidentale, non funzionano né con gli stessi valori né con la stessa giurisprudenza.

Il Ttip punta a creare norme convergenti nel campo sociale, tecnico, ambientale, nel campo della sicurezza, della soluzione di controversie, l’accesso ai farmaci, l’educazione, la giustizia, il commercio, il codice di lavoro, la protezione dei dati digitali e la regolamentazione della finanza. Ma le basi su cui si fisseranno le regole comuni del trattato di libero commercio tra Washington e Europa si esplicitano nei due vizi principali del trattato stesso: il primo è che si sta negoziando alle spalle dell’opinione pubblica, il secondo è che la sua filosofia prevede che le legislazioni dei due blocchi rispondano a norme di libero scambio stabilite dalle grandi company europee e nordamericane.

Quel poco che comunque è riuscito a trapelare è abbastanza per capire che dietro i segreti del negoziato del Ttip si gioca molto più che il commercio. Si gioca un modo di relazionarsi con gli altri, un modello per costruire una società, un modello di economia che rischia di assoggettarsi definitivamente al modello nordamericano, quel modello che il premio Nobel Joseph Stiglitz ha definito «il fondamentalismo mercantile».

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