Originale: Truthdig
http://znetitaly.altervista.org/
8 dicembre 2014

Una società di prigionieri
di Chris Hedges
Traduzione di Maria Chiara Starace

I piani del sindaco Bill de Blasio di avviare un programma pilota nella città di New York, per fornire gli agenti di polizia di telecamere da “indossare” e per fare seminari di addestramento per diminuire le scariche di adrenalina e il linguaggio violento, insieme all’istituzione di una politica meno  rigida  per la marijuana, sono riforme semplicemente cosmetiche. L’uccisione di Eric Gardner a Staten Island, è stata, dopo tutto, ripresa in un video. Queste riforme che sono state proposte, come quelle che arrivano da Washington, D.C., non riescono ad affrontare le cause che sono alla base della povertà, delle uccisioni appoggiate dallo stato, e dalla oscena esplosione della carcerazione di massa, cioè l’aumento dello stato fondato sulle grosse aziende e la morte della nostra democrazia. Gli atti di disobbedienza civile di massa che si svolgono ora in tutto il paese, sono il solo meccanismo rimasto che offra la speranza per una riforma legale e giudiziaria sistematica. Dobbiamo opporci a uno stato di questo tipo, non lavorare insieme.

Il sistema legale non funziona più per proteggere gli americani comuni. Serve alle nostre elite oligarchiche, societarie. Queste elite hanno commesso frodi finanziarie per 26 miliardi di dollari. Saccheggiano il Tesoro degli Stati Uniti, sfuggono alla tassazione, fanno abbassare i salari, rovinano i sindacati, depredano i fondi pensionistici, indeboliscono regolamenti e i controlli, distruggono le istituzioni pubbliche, comprese le scuole pubbliche e i programmi di assistenza sociale, intraprendono guerre illegali senza fine per gonfiare i profitti dei mercanti di armi, e, sì, autorizzano la polizia a uccidere uomini di colore disarmati.

La polizia e i servizi segreti nazionali e le agenzie per la sicurezza che effettuano la sorveglianza completa contro la popolazione e che fanno da brutali tutori dell’ordine per l’elite, sono onnipotenti per intenzione. Sono destinati a dispensare timore, perfino terrore, per tenere sotto controllo la popolazione. E fino a quando i tribunali e gli organismi legislativi ci restituiscono i nostri diritti – cosa che non hanno intenzione di fare – le cose andranno soltanto peggio per i poveri e per il resto della popolazione. Viviamo in un’era post-costituzionale.

Le grosse aziende si sono prese ogni istituzione importante, compresi i rami giudiziario, legislativo ed esecutivo del governo e le hanno deformate esclusivamente al servizio delle richieste del mercato. Così facendo hanno demolito la società civile. Karl Polanyi, nel libro “The Great Transformation”[La grande trasformazione], avvertiva che senza  importanti regolamenti e supervisione del governo, il capitalismo senza restrizioni e non regolato degenera in capitalismo di tipo mafioso e in sistema politico mafioso. Un mercato  autoregolato, scrive Polanyi, trasforma gli esseri umani e l’ambiente naturale in merci. Questo assicura sia la distruzione della società che quella dell’ambiente naturale. L’ecosistema e gli esseri umani diventano oggetti il cui valore viene determinato solamente dal mercato. Vengono sfruttati fino a quando arriva lo sfinimento o il crollo. Una società che non riconosce più che il mondo naturale e la vita hanno una dimensione sacra, un valore intrinseco al di là del valore monetario, commette un suicidio collettivo. Società di questo genere divorano loro stesse. Questo è ciò che attualmente subiamo. In senso letterale.

Come in ogni stato totalitario, le prime vittime sono le persone vulnerabili, e negli Stati Uniti questo significa  i poveri di colore. In nome della “guerra alla droga” o della necessità di attuare le leggi per l’immigrazione, coloro che sono intrappolati nelle nostre colonie nazionali urbane sono in effetti spogliati dei loro diritti. La polizia che arresta circa 13 milioni di persone all’anno – 1,6 milioni con accuse per droga e metà di quelli per accuse per uso di marijuana – sono stati autorizzati dalla “guerra alla droga” a eseguire perquisizioni e perlustrazioni a casaccio e senza alcuna causa plausibile. Prendono campioni di DNA da molte delle persone che arrestano per creare una banca dati nazionale che comprende sia i colpevoli che gli innocenti. E fanno pagare a ognuno degli arrestati sottoposti a  campionatura,  50 dollari per eseguire il test del DNA. Confiscano contanti, macchine, case e altri beni in base a accuse di attività illegali legale alla droga e usano i proventi   per ingrossare i bilanci della polizia. Impongono multe nei quartieri poveri per infrazioni assurde: andare in bicicletta sul marciapiede, non avere con sé la carta di identità – per “spennare” i poveri oppure, se non possono pagare, per sbatterli in prigione. E prima di espellere i lavoratori privi di documenti, lo stato  spesso fa delle  multe di migliaia di dollari, a coloro che sono trattenuti dall’Agenzia federale statunitense dell’ Immigrazione e delle dogane  (ICE)  per svuotare le loro tasche prima che vengano spediti via. I prigionieri chiusi a chiave nelle celle spesso trascorrono decenni cercando di finire di pagare migliaia di dollari, a volte decine di migliaia per  multe,  prendendoli dai miseri 28 dollari al mese che guadagnano per i lavori che fanno in carcere; il governo, per essere sicuro di ottenere il denaro, ogni mese detrae automaticamente una percentuale dalle buste paga che ricevono in carcere. E’ un vasto racket di estorsioni gestito a danno dei poveri dallo stato delle grosse aziende, che assicura anche che i tassi di interesse delle ipoteche, dei prestiti per l’acquisto di automobili, i prestiti studenteschi, e quelli per le carte di credito siano fissati a livelli di rapacità.

Fin dal 1980, gli Stati Uniti hanno costruito il più grande sistema carcerario del mondo, abitato da 2,3 milioni di detenuti, cioè il 25% della popolazione carceraria  del mondo. La polizia, per mantenere il sistema pieno di corpi, ha ottenuto che venissero rimossi la maggior parte dei vincoli legali al suo comportamento. La polizia fa da giudice e da giuria sulle strade delle città americane. Questa estensione di poteri della polizia  è “un lungo passo sulla  strada che porta al totalitarismo,” avvertiva nel 1968 il giudice della Corte Suprema, William O. Douglas. La polizia che spesso è un po’ più che rapace, ha armato delle bande nei quartieri poveri delle città, decide in maniera arbitraria chi deve vivere, chi deve morire, e chi deve passare anni in prigione. Raramente combattono il crimine o proteggono i cittadini. Radunano gli esseri umano come se fossero bestiame per avere le quote di arresti adeguate, che sono il prerequisito per ottenere i contanti federali per la “guerra alla droga.” Poiché molti reati comportano lunghe  condanne obbligatorie, è facile imporre ai difensori di dichiararli colpevoli di reati minori. Coloro che vengono arrestati sono davvero consapevoli di non avere alcuna possibilità – il 97% di tutti i casi federali e il 94% di tutti i casi degli stati sono risolti con le dichiarazioni di colpa, invece che con i processi.

Un editoriale del New York Times diceva che la pressione imposta dai pubblici ministeri  degli stati e da quelli federali per far accettare ai difensori le dichiarazioni di colpevolezza –un’azione che spesso comprende la rinuncia al diritto di appellarsi a una corte superiore – è  “più vicina alla coercizione” che al patteggiamento. Ci sono sempre informatori della polizia che, per ridurre le loro condanne, diranno a una corte qualsiasi cosa venga loro richiesta dalla polizia. Come si è visto dopo la sparatoria a Ferguson, Missouri,  in cui è stato ucciso Michael Brown, e dopo l’uccisione di Garner, la parola degli agenti di polizia e dei pubblici ministeri, che sono leali alla polizia, è legge.

Un programma del Dipartimento della Difesa noto come 1033, che è iniziato negli anni ’90 e che la Legge di Autorizzazione alla Difesa Nazionale ha permesso insieme a concessioni federali per la sicurezza nazionale fatte agli stati, ha fornito 4,3 miliardi di dollari di equipaggiamento militare alle forze di polizia locali, o gratuitamente o con un prestito permanente, ha riferito il  sito web ProPublica. La militarizzazione della polizia che comprende dipartimenti forniti di mitragliatrici pesanti, depositi di munizioni, equipaggiamento per visione notturna, velivoli e veicoli blindati, ha effettivamente trasformato la polizia urbana  e sempre di più anche la polizia operante nelle zone rurali, in forze quasi militari di occupazione. “La polizia effettua fino a 80.000  operazioni all’anno, con le unità speciali denominate SWAT (Armi e tattiche speciali)  negli Stati Uniti, in confronto alle 3.000 all’anno effettuati negli anni ’80,” ha scritto il giornalista Hanqing Chen su ProPublica. L’Unione Americana per le Libertà Civili (ACLU),  secondo le parole di Chen, ha scoperto che “quasi l’80% delle operazioni delle SWAT sono collegate a mandati di perquisizione per indagare su sospetti criminali potenziali, non per scenari con grandi rischi di ‘ostaggi. barricate, o persone armate e intenzionate a uccidere’. Continua: “L’ACLU ha anche notato che le tattiche delle SWAT sono usate in modo sproporzionato contro le persone di colore.”

I corpi dei poveri che vengono messi in carcere alimentano il nostro sistema di nuova schiavitù. Nelle prigioni di tutto il paese compresa quella in cui insegno, le aziende private traggono profitto dal lavoro che svolgono i detenuti; lavorano 8 ore al giorno per la miseria di 1 dollaro al giorno. Le compagnie telefoniche, le aziende alimentari, le prigioni private e un mucchio di altre aziende si nutrono come sciacalli di coloro che tengono dietro le sbarre. E la mancanza di occupazione e il crollo dell’educazione e dei corsi di formazione professionale nelle comunità in tutti gli Stati Uniti, fanno parte di quel disegno. Questo piano, con incorporata l’attrazione che proviene dall’economia illegale, l’unico modo per molti per guadagnarsi da vivere – assicura tassi di recidività di oltre il 60%. Ci sono milioni di poveri per i quali questo paese rappresenta poco più che una vasta colonia penale.

L’avvocatessa Michelle Alexander, autrice di: “The New Jim Crow: Mass Incarceration in the Age of Colorblindness [Le nuove leggi Jim Crow: la detenzione di massa nell’era del daltonismo],  identifica quello che chiama un criminale “sistema di caste.” Tale sistema controlla le vite non soltanto dei 2,3 milioni di persone che sono in prigione, ma anche i 4,8 milioni di persone in libertà vigilata o in libertà per buona condotta. Altri milioni di persone sono costretti a una “cittadinanza permanente di seconda classe”  a causa dei loro precedenti penali, il che rende difficile o impossibile un’occupazione, l’istruzione superiore e la pubblica assistenza, dice la Alexander.

I sistemi totalitari  si arrogano  un potere che può tutto che per prima cosa prende di mira e demonizza una minoranza senza difese. Gli afro-americani poveri, come i musulmani sono stati marchiati dalle elite e dai mass media. Lo stato, promettendo di combattere la illegalità  della minoranza demonizzata, chiede che le autorità vengano liberate dai vincoli della legge. Argomenti come questo sono stai usati per giustificare la “guerra alla droga” e la “guerra al terrore.” Ma dopo che qualsiasi segmento è privato dell’uguaglianza davanti alla legge, come è stato fatto con la povera gente di colore e con i musulmani, dopo che alla polizia è permesso, in base alla legge, di diventare onnipotente, tattiche sistematicamente repressive sono invariabilmente usate contro la società nel suo complesso. Lo stato delle grosse aziende non ha alcuna intenzione di effettuare le riforme per limitare l’onnipotenza dei suoi organi per la sicurezza interna. Sono stati resi onnipotenti di proposito.

Matt  Taibbi, nel suo libro. “The Divide: American Injustice in the Age of the Wealth Gap” [ La divisione:  l’ingiustizia americana nell’era del divario tra ricchezza e povertà] , spiega in maniera brillante come la povertà, è, sostanzialmente, diventata un crimine. Ha passato molto tempo nei tribunali dove persone ricche che avevano commesso  truffe  documentate ammontanti a centinaia di milioni di dollari non ha mai dovuto subire un processo, e in tribunali cittadini dove i poveri erano chiamati a rispondere di crimini che, fino a quando non ho letto quel libro, non sapevo esistessero. Stare in piedi davanti alla propria casa, dimostra Taibbi in un caso, può essere una violazione passibile di arresto.

“Questo è ciò che nessuno ottiene, che i due approcci alla giustizia possono avere un certo senso, presi singolarmente, ma insieme sono una distopia (un’antiutopia) http://it.wikipedia.org/wiki/Distopia, dove i tribunali di città diventano fabbriche per trasformare i poveri in detenuti,  mentre i pubblici ministeri federali nella loro routine da impiegati, si trasformano in spazzini sopravvalutati che, a porte chiuse, assolvono tranquillamente i peccati dei ricchi in base auna tariffa,” scrive Taibbi.

E si è sviluppato in questo modo con il passare del tempo per migliaia di ragioni, e così quasi nessuno è consapevole del quadro completo, i due mondi  sono così diversi che a mala pena sono visibili l’uno all’altro. I soliti descrittori politici come “parzialità” e “ingiustizia” non sono  davvero attinenti. Somiglia di più a un crollo che porta alla pazzia.”

Hannah Arendt avvertiva che una volta che vengono negati i diritti a qualsiasi segmento della popolazione, lo stato di diritto viene distrutto. Quando le leggi non si applicano allo stesso modo a tutti, sono trattate come “diritti e privilegi.” Quando lo stato deve affrontare un’instabilità crescente o il malcontento, questi “privilegi” vengono revocati. Le elite che si sentono sempre più minacciate dalla popolazione nel suo complesso, non “resistono alla tentazione di privare tutti i cittadini del loro status legale e di governare con una polizia onnipotente,” scrive la Arendt.

Questo è ciò che accade oggi. Lo stato delle grosse aziende e i suoi organi per la sicurezza interna sono illegittimi. Noi siamo una società di prigionieri.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/a-society-of-captives

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