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6 marzo 2014

Il Venezuela, gli Stati Uniti, e Obama
di Paul Street
Traduzione di Maria Chiara Starace

Di recente mi hanno domandato se l’amministrazione Obama fosse coinvolta in qualche misura significativa a incoraggiare i disordini della popolazione civile  In Venezuela. La mia risposta inizia con una domanda: gli orsi cacano nei boschi?

La Casa Bianca di Obama ha aiutato e favorito il rovesciamento, a opera dei militari, del presidente dell’Honduras eletto democraticamente, Manuel Zelaya nell’estate del 2009 [1]. Ha fatto quasi la stessa cosa quando gli interessi commerciali della destra in Paraguay hanno condotto a un ‘golpe giudiziario’ contro il presidente eletto democraticamente di quella nazione, Ferdinand Lugo, tre anni dopo [2].

Questi colpi di stato in America Latina sono stati fatti con l’aiuto e la copertura diplomatica degli Stati Uniti, per una semplice ragione. Zelaya e Lugo stavano muovendosi per allineare i loro paesi allo spostamento populista e di sinistra della politica e delle politiche latino americane che si era evidenziato fin da quando il socialista carismatico Hugo Chavez era stato eletto presidente alla fine del 1998. Questo spostamento implica relativi e riusciti tentativi di ridurre le selvagge ineguaglianze socio-economiche all’interno degli stati  latino-americani e di orientare di nuovo

le economie politiche degli stati e le disposizioni  di sicurezza  di quegli stati intorno ai loro interessi regionali condivisi. L’elite imperiale bipartitica di Washington aborrisce sviluppi di questo genere per ragioni che non sono né misteriose né insolite.

Se Obama ha agevolato questi golpe della destra per conservare il governo oligarchico e militare nelle nazioni relativamente piccole ed economicamente insignificanti come l’Honduras e il Paraguay, non è poi molto lontano dalla  nostra portata immaginare che Obama vorrebbe vedere un cambiamento di regime nel Venezuela socialista. Come leader  della sfida dell’America Latina al potere di Washington sull’emisfero e al relativo flagello del neo-liberalismo imposto dagli Stati Uniti, il Venezuela ha intrapreso importanti esperimenti non solo nell’affrontare il problema della  povertà ridistribuendo verso il basso la sua notevole ricchezza basata sul petrolio, ma anche nella democrazia partecipativa dei cittadini e dei lavoratori.

Non per nulla gli Stati Uniti sono stati “più impegnati per un ‘cambiamento di regime’ in Venezuela che in qualsiasi altro paese del Sud America,”, spendendo centinaia di milioni di dollari dei contribuenti, statunitensi, finanziando gruppi di opposizione fin da quando Chavez è stato eletto per la prima volta. Da nessuna altra parte la deriva indipendente e di sinistra del Sud America è andata tanto oltre e con maggiori conseguenze che in Venezuela che, si dà il caso  – non è un fatto poco importante nei calcoli di Washington – sia seduta in cima alle più vaste riserve petrolifere del mondo [3]

Il denaro è stato fornito su base bipartisan coerente con le ripetute critiche del Segretario di Stato John Kerry riguardo alle politiche “dittatoriali” di Chavez, quando si era candidato come Democratico alla presidenza degli Stati Uniti nel 2004.

L’Obama neoliberale e imperiale non ha mai avuto alcun affetto per la Rivoluzione bolivariana del Venezuela. Nel capitolo dedicato alla politica estera del suo libro del 2006 sulla campagna elettorale: The Audacity of Hope [L’audacia della speranza], criticava “i populisti di sinistra” come Chavez perché pensano che le nazioni in via di sviluppo “dovrebbero opporsi ai tentativi dell’America di espandere  la sua egemonia e perché osano – immaginate! – di “seguire la loro propria strada verso lo sviluppo”.  Obama sosteneva che questo  anormale “rifiuto degli ideali del libero mercato e della democrazia liberale, unito a idee “americane” come “lo stato di diritto” e “ le elezioni democratiche” (termini interessanti per il tentativo pesantemente appoggiato dagli Stati Uniti di imporre una politica finanziaria autoritaria e di corporate-state  ai paesi poveri) avrebbe soltanto peggiorato la situazione dei poveri di tutto il mondo.

Obama non ha fatto commenti sul notevole rispetto che gli Stati Uniti hanno dimostrato per le “elezioni democratiche” e per lo “stato di diritto”, quando hanno appoggiato un tentativo di colpo di stato militare dell’aprile 2002 per rovesciare il governo di Chavez democraticamente eletto. Obama ha anche ignorato una prevalenza di prove che dimostrano che il “consenso di Washington” neoliberale al “libero mercato”, aveva aggravato ed esteso la povertà in tutto il mondo nei recenti decenni.

La politica di Obama rispetto al Sudamerica è stata ampiamente coerente con gli arroganti sentimenti imperiali espressi in “L’audacia della speranza”. Tra i punti salienti ci sono:

Avere esteso l’embargo devastante imposto  dagli Stati Uniti  a Cuba che dura da mezzo secolo.

Aver continuato a fornire miliardi di dollari dei contribuenti statunitensi al regime della Colombia,  corrotto, paramilitare e di destra, nemico letale dei governi  e dei movimenti democratici e di sinistra in tutta l’America Latina.

Avere ottenuto 7 nuove basi militari in Colombia per incrementare le possibilità  del Pentagono di appoggiare la riduzione dell’indipendenza nazionale, della democrazia, e della giustizia sociale in America Latina.

Aver mantenuto un rigoroso silenzio quando le forze armate peruviane hanno massacrato gli indigeni  che protestavano contro l’accaparramento dei terreni da parte delle multinazionali che operano in base all’accordo di libero commercio tra Perù e Stati Uniti del giugno 2009.

Aver aiutato e agevolato i colpi di stato in Honduras (2009) e in Paraguay (2012).

Naturalmente non è difficile fare congetture sul desiderio dell’amministrazione Obama di un cambiamento di regime in Venezuela oggi. Come ha osservato due settimane fa sul Guardian l’esperto di America Latina, Mark Weisbrot: “Noi tutti sappiamo chi appoggia il governo statunitense in Venezuela. Non cercano davvero di nasconderlo. Ci sono 5 miliardi di dollari nel bilancio federale degli Stati Uniti per il 2014 per finanziare attività di opposizione all’interno del Venezuela, e questo è quasi certamente la punta dell’iceberg che si somma alle centinaia di milioni di dollari di appoggio dichiarato, fornito negli scorsi 15 anni.”

Weisbrot aggiunge che l’amministrazione Obama “sta ancora una volta dicendo all’opposizione venezuelana che Washington appoggia ancora il cambiamento di regime.” [5] Quel messaggio è arrivato forte e chiaro l’aprile scorso, quando Kerry  si è rifiutato di riconoscere i risultati delle elezioni dopo che il successore di Chavez, Nicolas Maduro ha sconfitto chiaramente il capo dell’opposizione Henrique Capriles in una elezione presidenziale nazionale. Il messaggio è evidente anche nel commento della Casa Bianca sui recenti disordini in Venezuela. Le dichiarazioni dell’amministrazione hanno coerentemente appoggiato la versione dei fatti dell’elite che descrive il governo del chavista Maduro come dittatoriale e impegnato nella drastica repressione della “opposizione”  “democratica.”

Non importa che il governo di Maduro abbia vinto le elezioni municipali con un largo margine per mezzo di un  processo elettorale che l’ex-presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter ha descritto come uno dei più onesti e  aperti del mondo. Non importa che l’opposizione venezuelana guidata dalla destra abbia intrapreso un gran numero di azioni violente e criminali che nessun governo democratico funzionante potrebbe ignorare. Non importa che i capi della “opposizione democratica”, compresi Capriles  e l’estremista di destra Leopoldo Lopez (un plutocrate educato negli Stati Uniti appartenente a “una delle famiglie storicamente più ricche del Venezuela”[6], abbia una lunga storia di attività profondamente anti-democratica, compresa la partecipazione a un golpe di breve durata con l’appoggio economico e militare degli Stati Uniti contro Chavez nell’aprile del 2002. Malgrado tutto questo e altro ancora, “il governo Obama continua a finanziare la sua opposizione ancora più apertamente di come aveva fatto il regime di Bush.” [7]

Obama sarebbe impedito a perseguire il cambiamento di regime in Venezuela  da un qualche tipo di attaccamento al principio di “sovranità nazionale”, che invoca per avvertire la Russia di tenersi fuori dall’Ucraina? Per favore. Non facciamo gli ingenui. Oltre quelle azioni citate prima il America Latina l’amministrazione Obama ha esteso il numero di stati  “sovrani” dove le Forze Speciali degli Stati Uniti sono state schierate, da 60 alla fine degli anni di George W. Bush, a 134 (quasi il 70% delle nazioni del mondo) di oggi. [8] Svolge una campagna regolare e continua campagna di attacchi omicidio con i droni e altre “uccisioni mirate” (la maggior parte delle vittime sono civili innocenti) inflitte al di là dei confini nazionali in tutto il mondo musulmano. Fa funzionare una rete orwelliana  globale di sorveglianza tra i cui obiettivi sono  inclusi perfino il telefono cellulare del capo di stato della Germania.

Le vere barriere al cambiamento di regime appoggiato dagli Stati Uniti sono esterne ai desideri di Washington. Hanno a che fare con l’equilibrio delle forze in Venezuela, in America Latina e nell’emisfero. Come osserva il giornalista Steve Elsner:

“Ci sono alcuni fattori chiave a favore del governo venezuelano e che fanno cambiare il regime…meno che probabili. Primo, i Chavisti hanno l’appoggio elettorale del 50% e più della popolazione, con una capacità di mobilitazione che fino dal 2003 ha superato quella dell’opposizione. Secondo, meno di due mesi fa, i Chavisti hanno sconfitto  l’opposizione nei sondaggi, per un margine considerevole. Terzo, hanno un solido appoggio nelle forze armate, non soltanto da una corrente “istituzionalista” ma dagli ufficiali che si identificano con il Chavismo. E, quarto, il Venezuela conta su un’America Latina unita, più ancora che in qualsiasi altra epoca di tutta la sua storia di due secoli, e su un solido appoggio durante l’attuale conflitto da parte dei governi di tutta la regione.” [9]

La Rivoluzione Popolare Bolivariana è andata troppo in là e ha Venezuela e ha realizzato troppi risultati per potere essere rapidamente eliminata come un Zelaya, un Lugo, o un Arbenz (destituito con un colpo di stato della CIA nel1954). Come ha di recente osservato Weisbrot, le figure principali della destra venezuelana (Capriles, Lopez e Maria Corina Machado) “sono davvero troppo ricchi, elitari, e di destra (pensate a Mitt Romney e al suo disprezzo per il 47%) per un paese che ripetutamente votato per candidati che concorrevano con una piattaforma di socialismo.” Inoltre:

“Nel 2003, dato che non controllava l’industria petrolifera, il governo non aveva ancora mantenuto molte delle sue promesse. Un decennio più tardi, la povertà e la disoccupazione sono state ridotte di più della metà, l’estrema povertà del 70% e milioni di persone hanno pensioni che non avevano prima. La maggior parte dei venezuelani non ha intenzione di buttare via tutto questo perché hanno avuto un anno e mezzo di inflazione alta e di crescente “magra”. Nel 2012, secondo la Banca Mondiale, la povertà è diminuita del 20% – riduzione più grande nelle Americhe. I problemi recenti non sono continuati abbastanza a lungo da far sì che la maggior parte delle persone rinunci a un governo che ha elevato i loro livelli di vita più di quanto abbia fatto qualsiasi altro governo per decenni.” [10]

L’amministrazione Obama probabilmente non è abbastanza stupida da spingere per un colpo di stato in Venezuela in questa primavera o estate. Il cointesto non è propizio da un punto di vista pragmatico imperiale. Attualmente Washington ha delle altre cose che assorbono la sua attenzione  sulla scena mondiale. E i pianificatori dell’amministrazione senza dubbio ricordano come è sembrata ridicola l’amministrazione di George W. Bush quando ha appoggiato il golpe venezuelano del 2002, che è stato rapidamente annullato da una gigantesca mobilitazione popolare.

Tuttavia, nel lungo termine ci si può aspettare che Washington e i suoi alleati della destra continuino una guerra prolungata di attrito e di sabotaggio, destinata a aumentare i costi per i Venezuelani comuni per appoggiare un governo socialista e democratico nel loro paese – per tentare di “seguire la loro strada verso lo sviluppo” al di là della supervisione dei loro presunti superiori nord-americani. Quella era la strategia che alla fine ha costretto i Nicaraguensi assediati e tormentati senza fine a votare per il Partito Sandinista alla fine degli anni ’90.

Coloro che si oppongono alle attività controrivoluzionarie  dell’Impero statunitense in America Latina non devono dormire sereni poiché che la crisi attuale in Venezuela si esaurisce e perde slancio.

Naturalmente, la cosa  migliore che gli Stati Uniti degli Americani potrebbero fare, per i loro compagni cittadini e lavoratori dell’America Latina, sarebbe prendere lezioni da loro costruendo potenti movimenti sociali e politici a base popolare pere un cambiamento democratico di regime in patria. Così facendo, aiuterebbero se stessi e anche coloro che stanno dal lato sbagliato dell’impero statunitense all’estero. Vivere in una nazione ricca dove quasi un quarto di tutti i bambini scandalosamente vivono al di sotto della soglia di povertà, mentre 6 eredi della Wall-Mart possiedono in totale tanta ricchezza quanta quella del 40% della popolazione, e dove le “normali e visibili istituzioni parlamentari dell’autogoverno” hanno “rifiutato   lo status di repubblica delle banane  tra il graduale collasso delle “infrastrutture pubbliche” (parole di Mike Lofgren, che è stato per lungo tempo membro del personale repubblicano del Congresso degli Stati Uniti [11]), i residenti statunitensi non hanno bisogno di guardare molto oltre la loro “patria” per vedere i prezzi autoritari, socialmente ed ecologicamente tossici imposti dal capitalismo neoliberale statale degli Stati Uniti e dal suo imperialismo. Come i nuovi Bolivariani dell’America Latina, dovrebbero organizzarsi per spostare la direzione della storia verso una genuina sovranità popolare e il bene comune, e contro la ricchezza e il potere dei Pochi facoltosi.

Questo è stato il messaggio che ho ricevuto di recente da un anarchico cileno di sinistra che poche settimane fa ha parlato a Iowa City. Quando i membri statunitensi del pubblico di tanto in tanto gli dicevano che gli dispiace per l’appoggio fornito  dagli Stati Uniti al colpo di stato fascista del 1973 contro il governo di sinistra del Cile democraticamente eletto, questo attivista latino americano ha riferito: “Gli dico sempre che non voglio accettare scuse da comuni cittadini statunitensi. Voi non avete coordinato e agevolato il golpe. Lo hanno fatto membri della vostra classe governante. La cosa migliore che potreste fare per noi è la cosa migliore che potete fare per voi stessi: rovesciate la vostra propria classe di governo.”

Note scelte

1. Per  numerose fonti e dettagli, vedi: Paul Street, The Empire’s New Clothes: Barack Obama in the Real World of Power (Boulder, CO: Paradigm, 2010), 90-98, 238-239. [I nuovi vestiti dell’impero: Barack Obama nel mondo reale del potere]

2. Natalia Viana, “USAID’s Dubious Allies in Paraguay,” [ I dubbi alleati di USAID in Paraguay], The Nation, 29 Aprile 2013, http://www.thenation.com/article/173762/usaids-dubious-allies-paraguay

3. Mike Weisbrot, “Venezuela is Not Ukraine,” [Il Venezuela non è l’Ucraina], The Guardian, March 4, 2014 http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/mar/04/venezuela-protests-not-ukraine-class-sturggle

4. Raul Zibechi, “Massacre in the Amazon: The U.S.-Peru Free Trade Government Sparks a Battle over Land and Resources,”[Massacro in Amazzonia: Il governo del libero scambio Perù-Stati Uniti scatena una battaglia per la terra e le risorse, Rapporto speciale del programma dell’America, 16 giugno 2009, su http://americas.irc.online.org/am/6191

Julio Cesar Tello, “Obama Ignores Peru,” [Obama ignora il Perù], Karikuy,  30 gennaio2009, su http://karikuy.blogspot.com/2009/01/obama-ignores-peru.html

John Gibler, “Indigenous Protest and State Violence in the Amazon,” [Protesta indigena e violenza di stato in Amazzonia], Huffington Post,  19 giugno 2009, su www.huffingtonpost.com/john-gibler/indigenous-protest-and-st_b_214901.html

5. Mark Weisbrot, “US Support for Regime Change in Venezuela is a Mistake,”[L’appoggio degli Stati Uniti per il cambiamento di regime in Venezuela è un errore], The Guardian, 18 Febbraio, 2014, http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/feb/18/venezuela-protests-us-support-regime-change-mistake

6. Steve Elsner, “U.S. Policy Toward Venezuela: Seeing the Larger Pattern” (February 23, 2014), http://venezuelanalysis.com/analysis/10397

7. “Venezuelan Protests: Another Attempt by U.S.-Backed Right-Wing Groups to Oust Elected Government?” [Proteste in Venezuela: un altro tentativo da parte dei gruppi di destra appoggiati dagli Stati Uniti per deporre il governo eletto? Democracy Now! (February 20, 2014), www.democracynow.org/2014/2/20/venezuelan_protests_another_attempt_by_us

8. Nick Turse, “The Special Ops Surge in 134 Countries,” [L’aumento delle Forze per le Operazioni speciali in 134 nazioni,] Truthdig (16 gennaio 2014)

http://www.truthdig.com/report/item/the_special_ops_surge_in_134_countries_20140116?

9. Elsner, “U.S. Policy.” Vedi nota n.6

10. Weisbrot, “Venezuela is Not Ukraine.” Vedi nota 3.

11. Mike Lofgren,” “Anatomy of the Deep State,” [Anatomia dello stato profondo], Moyers & Company (21 Febbraio 2014), http://billmoyers.com/2014/02/21/anatomy-of-the-deep-state/


Il prossimo libro di Paul Street,
They Rule: The1% v. Democracy  (Paradigm, 2014)
Loro comandano: l’1% contro la democrazia] è in programma che esca alla fine dell’estate di questo anno.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/venezuela-the-united-states-and-obama

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