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21 febbraio 2014

Venezuela, scontri e crisi economica.
di Sofia Toscani

Da settimane si susseguono scontri di piazza, culminati con 4 morti. A guidare la protesta contro il governo chavista è Leopoldo Lopez. Già nel '92 partecipò al golpe che rovesciò Chavez

E’ incandescente il clima politico in Venezuela. Inflazione al 54 per cento, mercato nero del dollaro impazzito e difficoltà di approvvigionamento ammesse dalla stessa Banca centrale regalano un buon gioco all’opposizione di destra che nelle ultime settimane è tornata in piazza con manifestazioni di protesta terminate con quattro morti. Tra il valore del dollaro al mercato nero e quello ufficiale del cambio fisso c’è una differenza ormai di dieci a uno.

Il governo chavista, guidato dal presidente Nicolas Maduro eletto con uno scarto di 280mila voti sull’avversario Henrique Capriles lo scorso aprile, è stretto tra una crisi economica che i profitti del petrolio – redistribuiti con una politica sociale attenta alle tasche dei più poveri – non riescono comunque a frenare. A questo si aggiunge la difficoltà di reggere il confronto con la statura politica del presidente Hugo Chavez, morto ormai quasi un anno fa.

Il governo non controlla più la polizia politica. Maduro ha vietato agli agenti di uscire in strada durante le ultime manifestazioni. Ordine disatteso. Una serie di foto e video, raccolti da un’inchiesta del giornale Ultimas noticias, mostra agenti aggirarsi attivissimi dentro e attorno il corteo terminato tragicamente la settimana scorsa con omicidi dalla dinamica incerta (tutti i cadaveri presentano colpi di pistola alla testa). Tra le vittime c’è anche Juan Montoya, uno dei leader dei Tupamaros, il collettivo di base (o banda metropolitana, dipende dai punti di vista) che si occupa della sicurezza nelle manifestazioni chaviste. Il capo della polizia è stato rimosso, ma l’affanno del presidente è difficile da nascondere.

Protagonista di quest’ultimo capitolo dello scontro tra chavismo e antichavismo, emerso sin dalla prima elezione di Chavez nel 1998, è Leopoldo Lopez, dirigente 42enne dell’estrema destra venezuelana. E’ lui il vero capo dell’opposizione. La Mesa de unidad democratica, l’alleanza antichavista che non vince un’elezione da 15 anni (solo una volta uscì vittoriosa dalle urne, quando riuscì a bocciare al referendum l’approvazione della costituzione socialista voluta dal presidente scomparso), non l’ha voluto candidare alle presidenziali dell’aprile scorso, perché temeva che il suo rivendicato ed esibito estremismo di destra allontanasse i voti dell’ala meno violenta dell’elettorato antichavista. Pensavano funzionasse meglio, per ottenere voti, la faccia meno aggressiva di Henrique Capriles, attuale leader formale dell’opposizione al quale Lopez sta facendo evidentemente le scarpe.

Lopez sa che è difficile sconfiggere il chavismo alle urne ed è determinato a vincerlo in strada, brandendo la minaccia dello scontro fisico (e armato) tra fazioni contrapposte. L’ondata di cortei antigovernativi di queste settimane, con una forte partecipazione di studenti delle università private e grande copertura mediatica, è opera sua. Additato dal governo come responsabile politico dell’esito di quelle giornate di protesta e inseguito da un mandato di cattura farcito di accuse per reati difficili da provare (terrorismo e omicidio intenzionale, per esempio), ha trascorso una settimana da latitante per poi trasformare in un boomerang contro Maduro la caccia all’uomo contro di lui. Ha convocato una marcia cittadina, si è fatto scortare dai suoi e si è consegnato alla giustizia. Ora, da detenuto in attesa di giudizio, può capitalizzare politicamente il ruolo del martire e sostituirsi a Capriles alla guida dell’opposizione.

La violenza è sempre stato il tratto distintivo della strategia politica di Lopez. Fu uno dei personaggi più evidentemente coinvolti nel golpe che l’11 aprile del 2002 rovesciò, per solo 48 ore, il governo di Chavez. Il presidente fu sequestrato sotto la minaccia delle armi dal palazzo di Miraflores per far insediare al suo posto l’allora capo di Federcameras, la confindustria locale, Pedro Carmona. Il golpe fu rovesciato il 13 aprile da militari fedeli a Chavez, accompagnati da una ribellione popolare senza precedenti. C’era anche la firma di Lopez tra le 400 che il 12 aprile 2002 chiesero la nomina immediata di Carmona alla presidenza. Ora, nella nuova veste di leader degli studenti antichavisti (che sono, nella stragrande maggioranza, militanti di destra) si appresta a guidare l’opposizione venezuelana. Per Capriles, poco esperto politicamente e con abilità mediatica decisamente inferiore, sarà assai difficile sbarrargli il passo.

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