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11 Aprile 2014

Venezuela, com’è difficile la mediazione del Vaticano
di Paolo Manzo

La Santa Sede chiamata a garantire sul dialogo tra governo e opposizione. Ma i "falchi" dei due schieramenti rischiano di prevalere

Con un messaggio di papa Francesco scritto appositamente per l’occasione e letto dal nunzio apostolico a Caracas, monsignor Aldo Giordano, ieri si è tenuto il «primo incontro per la pacificazione» tra il governo del Venezuela e parte dell’opposizione. Le due parti hanno ripreso a parlarsi guardandosi negli occhi, dopo due mesi d’insulti a distanza. L’evento di ieri deve essere accolto con gioia da tutti, soprattutto da chi in Venezuela ci vive ed è stanco di una polarizzazione che, rebus sic stantibus, a null’altro potrebbe portare se non ad una «guerra civile», come aveva previsto già a inizio crisi l’ideologo del “socialismo del XXI secolo”, il sociologo Heinz Dieterich.

Dal 12 febbraio scorso – quando a Caracas ci fu la prima grande manifestazione studentesca – in Venezuela non sono volati solo insulti. No, da allora sono morte 41 persone (32 civili e 9 funzionari delle forze di sicurezza), 2.314 manifestanti sono stati arrestati, 700 feriti mentre i casi di tortura denunciati sono già oltre 70. Inoltre numerosi sono stati gli arresti di politici d’opposizione – tra questi Leopoldo López, leader di Voluntad Popular, partito iscritto all’Internazionale Socialista, ed i sindaci di San Cristobal e San Diego – mentre alla deputata Maria Corina Machado, eletta in parlamento con oltre 200mila voti, è stato tolto il seggio per “tradimento alla patria”.

La mediazione del Vaticano, chiesta sin dall’inizio da tutta l’opposizione ed accettata dal presidente Nicolás Maduro, può contare su due elementi in grado di aiutare la pacificazione. Il primo è rappresentato dall’attuale segretario di stato Pietro Parolin che sino a poco tempo fa era nunzio a Caracas dove aveva ottimi rapporti con entrambi gli schieramenti (come scritto in tempi non sospetti da Europa).

Inoltre la Santa Sede ha un’esperienza importante di dialogo a Cuba, il paese che oggi più assomiglia al Venezuela, dove solo grazie alla mediazione dell’arcivescovo dell’Avana Jaime Ortega è stato possibile ottenere la liberazione di decine di prigionieri politici nel 2010.

Basterà tutto l’impegno della diplomazia vaticana se non a risolvere la crisi economica almeno a fare abbassare i toni ed a frenare la crisi politica? Purtroppo “dove finisce la logica comincia il Venezuela” e, per rendersene conto, basti vedere cos’ha scritto proprio ieri sul suo Twitter il presidente del parlamento Diosdato Cabello mentre parlava Henrique Capriles, il candidato sconfitto da Maduro alle ultime presidenziali: che la seconda carica più importante del paese dia del «fascista assassino» al leader dell’opposizione dà l’idea delle difficoltà che ha di fronte a sé la mediazione della Santa Sede. La speranza è che anche l’altro mediatore – l’Unasur, rappresentata ieri dai ministri degli esteri di Ecuador, Brasile e Colombia – faccia pressioni sui “falchi” di entrambi gli schieramenti.

Contrari ad un dialogo senza condizioni – ovvero senza il disarmo dei gruppi paramilitari, il rinnovo delle cariche statali scadute da tempo, una composizione bipartisan della Commissione per la verità per analizzare le violenze degli ultimi due mesi e la liberazione dei prigionieri politici – non ci sono solo i “falchi” bolivariani alla Cabello ma anche leader dell’opposizione come Leopoldo López, Maria Corina Machado ed il sindaco di Caracas Antonio Ledezma.

Sono loro che oggi, almeno nell’immaginario collettivo di molte delle persone scese in strada a protestare, rappresentano più del dialogante «fascista assassino» Capriles la voglia di salida, ovvero di “uscita” di Maduro dalla presidenza. Un’utopia visto che ancora milioni di venezuelani, soprattutto i più poveri, appoggiano il suo governo. Ma non è un caso se all’incontro di ieri non c’erano né i rappresentanti di Voluntad Popular, Alianza Bravo Pueblo e Proyecto Venezuela, ovvero i partiti dei tre leader dell’opposizione più radicale, né gli studenti che, dalla strada, hanno già fatto sapere che le manifestazioni continuano.

Vista la complessità della situazione forse non è un caso che entrambe le parti più dialoganti dei due schieramenti abbiano chiesto la mediazione della Santa Sede. Se infatti il dialogo non porterà a risultati concreti – plausibilmente ad un governo di unità nazionale come richiesto qualche giorno fa dall’ex presidente brasiliano Lula – ci vorrà infatti un miracolo per evitare che il Venezuela non sprofondi in un caos ancora maggiore dell’attuale.

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