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21-23 febbraio 2014

Presto la battaglia per il Venezuela
di Andre Vltchek
traduzione di Giuseppe Volpe

Ti stanno già cucendo il sudario, Venezuela. Sono ora pronti a dare il benvenuto al tuo ritorno in quel mondo di nazioni lobotomizzate e distrutte che sono totalmente sottomesse agli interessi politici ed economici dell’occidente: Indonesia, Filippine, Paraguay, Uganda, Kenya, Qatar, Bahrain e quasi l’intera Europa orientale. Ci sono così tanti luoghi simili che è impossibile elencarli tutti.

Ti rivogliono nel loro abbraccio mortale. Ti vogliono corrotto e senza speranza, com’eri prima della “Rivoluzione Bolivarista”.

Vogliono che tu sia il maggior esportatore di petrolio, ma con tutte quelle orrende baraccopoli, come incubi incessanti, incombenti sulle tue città. Vogliono che le tue élite e i pezzi grossi del tuo esercito parlino inglese, giochino a golf, guidino auto di lusso e commettano un tradimento dopo l’altro, come ne hanno commessi per decenni prima che il tuo coraggioso predecessore, il presidente Hugo Chavez, cominciasse a servire e letteralmente a salvare i poveri , in Venezuela e in tutta l’America Latina.

Quelli che stanno pianificando la tua distruzione, quelli che appartengono alla cosiddetta “opposizione”, nella loro testa ti stanno già affettando; stanno già sezionando il tuo magnifico corpo, lottando per quali parti debbano essere portate dove e da chi. Stanno discutendo su quali tuoi pezzi debbano restare in patria e che cosa debba essere portato all’estero: una gamba, un braccio, e i tuoi profondi occhi malinconici, il colore di quei profondi specchi d’acqua sotto le possenti cascate di Canaima. Vogliono vendere i tuoi capelli corvini, neri come quelle sere sulle montagne o come l’infinito cielo notturno sopra Ciudad Bolivar.

Vogliono tutto; tutto ciò che è sotto la tua pelle e tutto ciò che è all’interno del tuo corpo. Vogliono anche la tua pelle, così come il tuo cuore.

Vogliono i tuoi sogni, che sono i sogni quasi di tutti; i sogni di tutti quei popoli di tutto il mondo, popoli che sono stati oppressi e umiliati per secoli, sino a oggi. Vogliono prendere i tuoi sogni e calpestarli, imbrattarli, sputar loro sopra e schiacciarli.

Ma non è finita; è ben lungi dall’essere finita. Sei amato e ammirato, e perciò sarai difeso. Con ogni mezzo; noi che ti amiamo non saremo avari; non tireremo sul prezzo!

Per molti uomini e donne, per milioni in tutto il mondo, solevi essere una ragazza; una coraggiosa, magnifica giovane donna ribelle … poi improvvisamente sei diventata madre e poi ti sei trasformata in una madrepatria: per tutti che quelli che ne sono sino a oggi privi. Anche per me sei diventato una madrepatria … anche per me!

***

Non sono cittadino venezuelano. Mi sarebbe piaciuto esserlo, ma non lo sono. Ma mi sono battuto per il Venezuela, a mio modo, attraverso i miei articoli e discorsi, con i miei documentari e con i miei libri. Mi sono battuto sin da quando Hugo Chavez divenne il presidente, il “mio presidente”.

E sono fiero di essermi battuto. E oggi, quando il Venezuela sta ancora una volta subendo un’aggressione malvagia, voglio schierarmi con fermezza dalla sua parte, dalla parte della Rivoluzione, dalla parte di El Proceso, e dei suoi grandi presidenti; tanto Chavez quanto Maduro!

E voglio dire questo, voglio dirlo forte, carajo: non mi interessa quale passaporto ci sia nella mia tasca, ma Caracas è ora la mia capitale, e Caracas è quella che difenderemo, se dovremo farlo. Perché a Caracas combatteremo per L’Avana, per Harare e Johannesburg, per il Cairo e per Calcutta, per le minuscole nazioni isolane dell’Oceano Pacifico, per Hanoi, per Pechino e persino per Mosca, Asmara, La Paz, Valparaiso, Quito, Managua e per così tanti dei molti altri luoghi indipendenti e amanti della pace di questo magnifico mondo.

Le attività violente intraprese da quei cosiddetti “contestatori” di Caracas devono essere fermate, immediatamente e, se necessario, con la forza.

L’”opposizione” è stata pagata dall’estero ed è stata pagata, in passato e ora, in Cina, in Europa Orientale, in Siria, in Ucraina e in Tailandia, come è stata pagata dovunque nel mondo, dove l’occidente non è riuscito agevolmente a spogliare quei paesi “ribelli” delle loro ricchezze, mantenendoli umiliati e in ginocchio.

***

Mentre lei valuta il suo prossimo passo, signor presidente Nicolas Maduro, mentre il Venezuela sanguina di nuovo, mentre nessuno di noi sa che cosa porterà il domani, io sto lasciando l’Indonesia e volando in Tailandia. (Per adesso la destinazione è la Tailandia, ma potrei cambiare percorso).

La Tailandia non è il Venezuela, ma anche il suo governo ha introdotto cure mediche gratuite e istruzioni gratuita e altri servizi sociali fondamentali. Il popolo ha risposto appoggiando il progresso. Lo appoggia da anni, alle urne.

Ma sono intervenute le élite ed è intervenuto l’esercito. C’è stato un colpo di stato e oggi ci sono voci che gridano che “del popolo non ci si può fidare”, altrimenti continuerà a votare per questo governo, per il progresso.

L’occidente è fermamente dietro le élite e contro il progresso. I leader feudali tailandesi godono della piena fiducia di Washington, Londra e persino di Tokyo. E’ perché si sono totalmente svenduti l’anima, perché hanno completamente perso il senso della vergogna durante la guerra del Vietnam. Hanno partecipato appieno all’orribile massacro dei vietnamiti, dei laotiani e dei cambogiani, e hanno persino ardentemente assassinato la loro stessa gente: rivoluzionari, comunisti e studenti.

All’occidente piace quando sono despoti simili a tenere le redini del potere. Gli piacciono personaggi come Duvalier, Trujillo, Videla e Pinochet – e i loro equivalenti – in tutti i continenti e in ogni paese.

In Tailandia sta oggi appoggiando l’”opposizione”, come appoggiò  l’”opposizione” in Cile prima del 1973 o in Cina prima di Piazza Tienanmen. Come oggi sta appoggiando l’”opposizione” in Venezuela! Tutto ciò che può danneggiare o distruggere un paese ribelle, comunista o non allineato, va bene!

Non importa quanti milioni moriranno nel processo. Fintanto che c’è una ribellione, o una lotta per l’indipendenza, va schiacciata; l’imperialismo e il neocolonialismo occidentale sacrificherà qualsiasi numero di vite umane, specialmente le vite di quelle “non-persone”, giusto per mutuare il lessico orwelliano.

Presto lascerò l’Indonesia, compagno presidente Maduro. L’Indonesia è il paese su cui ho scritto libri e girato documentari, tra cui un documentario recente per TeleSur.

Anche qui, l’occidente non gradì il presidente progressista, Sukarno, che soleva gridare in faccia all’ambasciatore statunitense: “Al diavolo i vostri aiuti!” Sukarno fu uno dei fondatori del Movimento dei Non-Allineati. Alcuni lo definirebbero il Chavez asiatico, e non sbaglierebbe molto.

E così nel 1965 l’occidente si unì all’esercito e ai quadri religiosi locali, fornendo loro le liste di quelli “che andavano uccisi”. Quello che seguì fu uno dei colpi di stato più sanguinari della storia umana: furono massacrati tra uno e tre milioni di comunisti, intellettuali, sindacalisti, insegnanti e membri della minoranza cinese. La cultura fu distrutta. La spina dorsale del paese fu spezzata. Lo è ancor oggi. E’ una vista terribile, terrificante!

Oggi l’Indonesia è un luogo servile, nauseante, corrotto, sia finanziariamente sia moralmente. La sua gente è lì soltanto per fornire alle imprese multinazionali e alle “èlite” locali materie prime e una manodopera non istruita e a basso costo.

E’ esattamente in questo che l’occidente vuole trasformare il Venezuela, in un’Indonesia dell’America Latina o, ancor più spaventosamente, nella versione latinoamericana della storia dell’orrore africana: la Repubblica Democratica del Congo.

Le ricchezze del Venezuela sopra e sotto la terra sono così numerose e la sua terra è così fertile, le sue foreste fluviali sono interminabili. Le imprese e i governi stranieri del Nord semplicemente non riescono a smettere di sbavare mosse dai desideri di genere più basso; incapaci di contenere la loro sfrenata avidità.

L’occidente, naturalmente, non si presenta dicendo: “Vi deruberemo e vi violenteremo”. Innalza inni stereotipici alla libertà e alla democrazia. Ma chiunque in Venezuela voglia sapere che cosa ne sarà del suo paese se l’”opposizione” prenderà il potere, dovrebbe recarsi in Indonesia a vedere con i propri occhi. O dovrebbe almeno ricordare che cosa accadde in Cile nel 1973, perché in Cile gli USA riapplicarono la loro orribile formula indonesiana.

E’ tutto collegato e interconnesso, compagni, anche se i media di massa occidentali non vogliono che ne sappiamo nulla.

***

Il Venezuela deve contrattaccare! E’ sotto assedio e lei, signor presidente, è stato democraticamente eletto. Lei ha il mandato e il dovere di difendere il suo popolo.

Ho lavorato in quasi centocinquanta paesi. E ho visto gli orrori dei luoghi caduti nelle mani degli usurpatori occidentali: direttamente o indirettamente. Ho lavorato in luoghi tanto diversi ma spezzati come Paraguay, Honduras, Egitto, Bahrain, Kenya, Uganda, Filippine, Indonesia, la Repubblica Democratica del Congo e le Isole Marshall.

I paesi sono puniti così spesso per i loro grandi leader!

In Congo, Patrice Lumumba decise di dedicare la sua vita a dar da mangiare ai bambini del continente, di usare l’enorme ricchezza nazionale del suo paese per il bene dei suoi cittadini. Disprezzava il colonialismo e ripeté più volte apertamente le sue accuse contro gli ex padroni coloniali (i belgi assassinarono dieci milioni di congolesi durante il regno del Gentile Leopoldo II) e contro la cricca neocoloniale. E fu assassinato; dopo i belgi, i nordamericani, i britannici e altri unirono le forze e decisero che ‘tale comportamento’ non poteva essere tollerato.

Oggi la DRC, paese che ha alcune delle maggiori ricchezze naturali di questo pianeta, ha l’”Indice di Sviluppo Umano’ più basso. Alleati brutali dell’occidente in Africa – Ruanda e Uganda – saccheggiano la DRC dal 1995, per conto di imprese e governi occidentali. A oggi sono morte più otto milioni di persone. Ho girato un documentario al riguardo. Inutile dirlo, nessuno in Europa o negli Stati Uniti vuole vederlo!

E’ tutta una questione di coltan, diamanti, uranio e oro. Ma è anche, innegabilmente, perché il Congo si è opposto così fieramente all’imperialismo e all’oppressione straniera. L’Impero non perdona mai!

L’Impero non ha mai perdonato la Jugoslavia, un altro membro fondatore del Movimento dei Non-Allineati, facendola a pezzi e affogandola nel sangue. Non ha mai perdonato la Russia, appoggiando un orrendo despota e alcolizzato, Boris Yeltsin, nei  suoi sforzi determinati di rovinare ciò che era rimasto dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, e assassinando migliaia di russi durante l’assedio alla “Casa Bianca” russa.

Non ha mai perdonato la Cina, o la Corea del Nord, o lo Zimbabwe.

La lista continua, ed è interminabile.

Per favore, non permettiamo che questo succeda al Venezuela!

Allende, Sukarno e altri sono caduti, e sono caduti i loro paesi, perché presumevano che nonostante tutto, nonostante l’assassinio occidentale di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, per molti secoli, esso non sarebbe stato così brutale in quei tempi particolari; avrebbe risparmiato almeno città come Santiago o Giacarta.

Poi, quando milioni di donne indonesiane sono state oggetto di stupri di gruppo, quando i loro seni sono stati “amputati”, quando le vittime hanno dovuto scavarsi la tomba prima di essere uccise … quando le donne cilene sono state violate da cani, sotto la supervisione di “investigatori di lingua inglese” e da vecchi nazisti tedeschi di Colonia Dignidad, quando le persone “scomparivano”, erano torturate, gettate vive da elicotteri … allora, signor presidente, fu troppo tardi … Troppo tardi per battersi!

***

Ho visto a sufficienza di questo. Da corrispondente di guerra, da uomo che stava cercando la verità in tutti i continenti, scrivendo delle città e delle nazioni più devastate, sono riuscito ad assorbire tanto dolore e sofferenza che spero mi dia almeno qualche diritto di scrivere questa lettera, questo appello, e di sollecitarla: “Non permetta che questo accada al Venezuela”.

Quelli che le si oppongono non si fermeranno; andranno sino in fondo, se sarà loro permesso. Si sono dati a una campagna di disinformazione, sospettosamente simile a quella prima dell’”11 settembre” cileno del 1973. Anche gli “scioperi” e l’”insicurezza” sono simili a quelli provocati in Cile e in Indonesia prima dei rispettivi colpi di stato. E come altrove, in Venezuela c’è anche un gruppo di “economisti” e “uomini d’affari” pronti a rovesciare il corso del paese, immediatamente, se la controrivoluzione dovesse riuscire.

E’ un grande affare opporsi a lei! Decine di milioni di dollari sono versati nelle casse di quelli che vogliono rovesciare il governo del Venezuela … di Cuba … della Cina … di Iran, Bolivia, Ecuador e così tanti altri paesi …

Ma il Venezuela oggi è così in alto, forse al primo posto, nella lista dei bersagli, in stile mafioso, dell’occidente.

Nel mio recente articolo “L’occidente fabbrica ‘movimenti di opposizione” ho presentato una lista dei paesi in cui tutto questo sta succedendo proprio oggi, un tentativo di utilizzare bande locali per rovesciare governi legittimamente eletti sono perché stanno difendendo gli interessi del loro popolo.

Signor presidente, il suo paese, il Venezuela, è molto più che un luogo splendido abitato da persone coraggiose. E’ anche un simbolo di speranza e, come mi disse una volta Eduardo Galeano a Montevideo: “Togliere la speranza è peggio che uccidere una persona”.

Non consenta loro di decapitare questa speranza: la speranza del popolo venezuelano e la speranza di milioni in tutto il mondo.

Se deve combattere, per favore combatta! E noi ci uniremo a lei: molti di noi lo faranno. Perché ciò che ha avviato il suo predecessore e amico, Hugo Chavez, è ciò che miliardi in tutto il mondo desiderano e sognano.

Il Venezuela, il suo Venezuela e il mio Venezuela, ha dato libri gratuiti ai poveri, assistenza sanitaria, istruzione e alloggi gratuiti a tutti i bisognosi. Non come una specie di carità, ma come qualcosa che meritano, qualcosa cui hanno diritto. Il Venezuela ha costruito tram, librerie e asili per aiutare le madri lavoratrici, dove prima regnava soltanto la nuda miseria. Il Venezuela ha istruito e ispirato alcuni dei più grandi musicisti della terra. Si è opposto all’imperialismo; ha ridefinito, insieme con Cuba, ciò che è “cuore” e ciò che è “coraggio”.

Oggi il nostro Venezuela non può fallire. Non può cadere. E’ troppo grande, troppo importante. Forse la sopravvivenza della razza umana dipende dalla sopravvivenza del Venezuela e dei paesi a esso collegati.

Dopo la morte di Hugo Chavez, o, come molti credono, la sua uccisione a sangue freddo, mi sono recato a Telesur, a Caracas. Nel centro della città c’era una foto di Chavez, sudato, chiaramente sofferente per la chemioterapia, ma che stringeva il pugno: “Qui nessuno si arrende!”

A poca distanza, c’era un altro manifesto che mostrava soltanto uno spruzzo di sangue su uno sfondo bianco. Diceva: “Chavez, dal suo cuore”. L’appoggio postumo di Chavez a Maduro.

Presidente Maduro, difendiamo il nostro Venezuela! Per favore, non permettiamo che questa rivoluzione fallisca. Facciamolo con la ragione e con la forza! Facciamolo per ogni minuscolo villaggio distrutto dai droni, per i bambini che muoiono a causa dell’uranio impoverito, per i “Cinque di Cuba”, per i morti provocati dagli orrori dell’imperialismo dei tempi moderni, in Congo, Angola, Vietnam, Laos, Indonesia, Ira, Libia, Cile e in dozzine di altri paesi in rovina.

Difendiamo il Venezuela per il bene dell’umanità. No pasaran! Questa volta assicuriamoci che alle forze fasciste non sia permesso di avanzare!


Andre Vltchek è un romanziere, regista e giornalista d’inchiesta. Si è occupato di guerre e conflitti in dozzine di paesi. La sua discussione con Noam Chomsky ‘On Western Terrorism’ [A proposito del terrorismo occidentale] sta andando ora in stampa. Il suo romanzo politico, acclamato dalla critica, ‘Point of No Return’ [Punto di non ritorno] è ora riedito e disponibile. Oceania è il suo libro sull’imperialismo occidentale nel sud del Pacifico. Il suo libro provocatorio sull’Indonesia post-Suharto e sul modello fondamentalista del mercato è intitolato “Indonesia  – The Archipelago of Fear” [Indonesia – l’arcipelago della paura]. Ha appena completato il documentario ‘Rwanda Gambit’ [Gambetto ruandese] sulla storia del Ruanda e sul saccheggio della Repubblica Democratica del Congo. Dopo aver vissuto per molti anni in America Latina e in Oceania, Vltchek attuale risiede e lavora in Asia Orientale e in Africa. Può essere raggiunto attraverso il suo sito web o al suo indirizzo Twitter.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Originale: http://www.counterpunch.org/2014/02/21/soon-the-battle-for-venezuela/

 

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