Originale: London Review of Books
http://znetitaly.altervista.org
30 maggio 2014

Conversazioni al Cairo
di Tariq Ali
Traduzione di Maria Chiara Starace

Le conversazioni al Cairo sono punteggiate da date: 11 febbraio (caduta di Mubarak), 24 giugno (elezione di Morsi), 30 giugno (colpo di stato di Sisi), e per abituarsi a queste  ci vuole un po’ di tempo. Sulle strade i murales che rappresentano i martiri sono sfregiati da  inchiostro nero; fili spinati, barricate e cancelli costruiti dallo stato per isolare le strade, rimangono sul posto. La mia  editrice, Karem Youssef, mi parla per mezzo della geografia dell’insurrezione, descrivendo come lei stessa si diventata radicale settimana per settimana. E’ troppo presto per trattare quegli avvenimenti in maniera nostalgica dato che, secondo alcuni non sono ancora terminati. Non sono sicuro al riguardo, ma quello che è indiscutibile  è che la speranza non è morta.

Durante e dopo l’insurrezione, il nome di Mubarak significava  amoralità, cinismo, doppiezza, corruzione, avidità e opportunismo. Pochi mesi dopo il trionfo di Morsi alle elezioni gli stessi aggettivi venivano usati per descrivere il suo governo, e presto si andava dicendo che era peggiore di Mubarak: un’esagerazione grottesca. La realtà è che la Fratellanza, la sua guida suprema e il suo presidente eletto, erano dei settari senza una visione, incapaci di soddisfare la richiesta principale dell’insurrezione: ‘la fine del regime’. Morsi non aveva alcun desiderio di unire il paese con una democratizzazione completa: la sua ambizione era di essere un Mubarak islamista. La sua indolenza e la sua totale indifferenza alle necessità del paese, hanno visto crescere la sua impopolarità giorno per giorno. Non sono stati soltanto i liberali delle città che si sono rivoltati contro di lui. Mi hanno detto, e non soltanto i sostenitori di Sisi,  che moschea per moschea, i comuni fedeli si sono fatti sentire  e hanno contestato i i predicatori dopo la preghiera del Venerdì e la khubta (predica) accusandoli di ipocrisia ( una denuncia molto grave nell’Islam) e di essersi intascati dei soldi in modo disonesto.

L’ambasciatrice degli Stati Uniti Egitto  (appena tornata da un periodo passato in Pakistan), aveva sperato che Morsi sarebbe stato un Erdogan egiziano, ma a parte il fatto che il modello stava perdendo la sua brillantezza, le storia e le dinamiche politiche dei due paesi sono molto diverse.  Ignorata da Sisi, attaccata dalla stampa perché sta ‘da una parte sola’ ed è vicina alla Fratellanza, la Patterson è tornata  a Foggy Bottom (un sobborgo di Washington, n.d.t.),  furiosa. Per la prima volta da anni non c’è alcun ambasciatore degli Stati Uniti al Cairo. La comunità internazionale non è troppo preoccupata al riguardo; gli israeliani sono sollevati che i militari siano tornati al potere. Fin da quando Sadat ha aperto la porta agli investimenti l’esercito è stato un buon cliente con il quale fare affari in brutti momenti, e, come Morsi, il nuovo salvatore accetta che il trattato di pace sia sacrosanto. Però l’assenza di un ambasciatore fa incollerire gli egiziani. Sono passati 9 mesi dalla partenza della Patterson, e il Ministero degli esteri egiziano insiste che si stanno violando le ‘norme diplomatiche’. Più importanti di un ambasciatore sono gli aiuti militari – 1,3 miliardi di dollari all’anno che sono stati parzialmente congelati fin dal periodo delle uccisioni dei sostenitori della Fratellanza. In un messaggio a Obama della settimana scorsa, Sisi ha fatto buon uso della retorica di Washington, assicurando il presidente che l’Egitto sta “combattendo una guerra contro il terrorismo… L’esercito egiziano sta intraprendendo importanti operazioni nel Sinai in modo che non si è trasformato in una base per il terrorismo che minaccerà i suoi vicini e renderà instabile l’Egitto. Se l’Egitto è instabile, allora l’intera regione è instabile.”

Ovviamente sarebbe stato molto meglio se Morsi fosse stato rimosso in seguito a un referendum invece che con un colpo di stato, ma i militari hanno deciso altrimenti e hanno usato i metodi della Primavera Araba per innalzare un nuovo dittatore alla presidenza. Il Generale Abdel Fattah al-Sisi, ex capo del Mukhabarat (i servizi segreti), si è previsto che sia il salvatore della nazione. La sua immagine, la faccia severa da bambino sotto gli occhiali scuri di marca, è dovunque. Sisi da solo, l’immagine di  Sisi a fianco di Nasser,  tirando fuori la nostalgia popolare per il leader che aveva istituito la riforma agraria, aveva creato industrie sovvenzionate dallo stato, l’istruzione gratuita, che aveva imposto restrizioni severe sul capitale straniero, implicando che questo è il suo modello. E’ una bugia mal fabbricata. Con Sisi le cose saranno come al solito, come è dimostrato dalle molte  donne delle classi alte che hanno fatto risistemare le collane da Nefertiti per poterci inserire un’immagine del nuovo faraone. L’industria ben orchestrata della mania di Sisi assicura che ci sia un piccolo qualcosa per ciascuno. Non potevo credere che nei mercati popolari vendessero la biancheria intima femminile economica con la faccia di Sisi stampata sugli slip nel punto corrispondente alla vagina, fino a quando ho visto una fotografia. I tentativi di comprarne un po’ si è dimostrato inutile. Erano esaurite. Soltanto per la cronaca, non ho provato  il Sandwich Mix Sisi, i cioccolatini l’Eroe egiziano/ il salvatore della patria, o l’acqua di Colonia spray per uomo, Mio presidente. Ammetto che il reggiseno Sisi è piuttosto attraente, ma non questa volta. Perché non i pannolini Sisi? Quale modo migliore per i cittadini neonati di incontrare per la prima volta il loro presidente?

Due settimane prima dell’elezione del generale, la maggior parte dell’attività al Cairo era sugli schermi televisivi. C’erano dei segnali incoraggianti. Il giorno prima di partire, quello che era stato pubblicizzato come un’enorme manifestazione pe elettorale per il candidato principale, è risultato un fiasco. Meno di duemila persone ad ascoltare il ‘salvatore della nazione’! Una burocrazia nel panico ha organizzato frettolosamente impiegati statali, compresi soldati e poliziotti senza uniforme per fare numero, ma un Sisi  imbronciato ha deciso di che neanche lui si sarebbe fatto vedere. Non fa differenza. La sua vittoria è assicurata. E le politiche? Ebbene, ci sono un sacco di promesse: 22 nuove città industriali, 26 centri  turistici e otto nuovi aeroporti. Quando gli hanno chiesto di essere più preciso, il salvatore ha annunciato che frenerà la disoccupazione giovanile – attualmente al 4,8% (o 6,5 milioni), sebbene le cifre reali siano molto più alte– comprando camion per trasportare carne congelata nelle zone povere e assumendo degli autisti per portarcela. Fortunatamente gli egiziani sono noti in tutto il mondo arabo per il loro senso dell’umorismo molto speciale.

Che dire dell’opposizione sconfitta? Devono essere sradicati dalla società, dichiara Sisi. Il suo rivale alla presidenza, Hamdeen Sabahi, un personaggio dell’establishment con buone intenzioni,  ma debole, è d’accordo con il generale su molte cose. Nello spazio di tre mesi, i giudici dell’Egitto hanno fatto sì che il buon nome del loro paese  venisse screditato  (un reato costituzionale) per avere condannato a morte due gruppi di Fratelli Musulmani (1100 in totale) dopo processi collettivi che sono durati appena dieci minuti l’uno. I liberali con la memoria corta applaudono. E’ l’unico modo. Una giornalista di al-Ahram ha perso la calma quando ho attaccato la magistratura per quelle condanne. ”Tropo poche, troppo poche, ne abbiamo bisogno altre,” ha detto mentre spegneva il registratore. Cosa ancora più deprimente, un vecchio amico  e un intellettuale radicale Copto, Hani Shukallah, che ha presieduto una delle mie conversazioni, è stato spiazzato dalla mia ostilità verso Sisi. In privato mi ha detto: “Per favore, devi capire che qui c’è in corso una lotta per l’anima di Sisi.”Quando ho fatto notare che erano stati gli ufficiali dell’esercito, non Morsi che hanno guidato i blindati in mezzo a una folla in gran parte Copta davanti al quartier generale  della televisione statale, Hani ha annuito e ha borbottato cinicamente. ”Penso che dovessero cominciare da qualche parte.” Un famoso esempio di voltagabbana è Abdulrahman al-Abnudi, un’icona radicale fin dagli anni ’60: un poeta che una volta insisteva nel dire che l’intelletto non raggiunge la sua forza completa a meno che non attacchi il potere; ora compone panegirici per Sisi.

A parte i liberali all’interno del paese, i più forti sostenitori di Sisi nella regione sono i principi Wahabi che governano l’Arabia Saudita e detestano la Fratellanza, che ha una presenza in tutto il Golfo e ottiene appoggio statale   dal Qatar (per questo ci sono rapporti tesi  tra Riyhad e Doha). La rimozione forzata di Morsi è stata accolta calorosamente a Riyadh, e i sauditi  ricompensano generosamente i loro amici: hanno mandato all’Egitto una donazione di 2 miliardi di dollari sotto forma di prodotti petroliferi. Inoltre, dallo scorso aprile fino ad agosto di quest’anno, combustibile gratuito per un valore di 3 miliardi fluirà nel paese. Meno interruzioni di corrente vogliono dire meno rabbia pubblica.

Anche così, non sarà facile per la dittatura eletta alleviare lo scontento che sta cominciando a montare. La Federazione sindacale egiziana è totalmente screditata ed è considerata non tanto come una burocrazia, ma come una forza di polizia con poteri di persuadere, obbligare, comprare o intimidire i lavoratori e le loro famiglie. Il nuovo ordine cercherà di proibire gli scioperi e senza dubbio imprigionerà e torturerà i sindacalisti non ufficiali allo scopo di far rispettare il suo volere. Gli studenti dell’Università al-Azhar del Cairo sono stati  insofferenti  fin dalla presa di potere dei militari. Le espulsioni di alcuni hanno portato altri nelle strade. La repressione è seguita sotto forma di lacrimogeni  e di pallottole come quelle usate per uccidere gli uccelli, e di gravi percosse per gli sfortunati in carcere. A molti studenti sono state date condanne a quattro anni di pigione. I media sono stati pubblicamente avvertiti di stare alla larga dall’argomento della corruzione dato che demoralizza e provoca le persone. Sisi stesso insiste che i suoi figli hanno ottenuto i loro posti di lavoro grazie ai loro meriti. Uno è un ufficiale dei servizi segreti militari; l’altro lavora per un ispettorato statale che controlla la corruzione, i contratti, ecc. Entrambi sono incarichi redditizi molto richiesti. L’idea che i figli di Sisi abbiano fatto tutto da soli, è risibile.

Ci sarà una repulsione verso il culto. Sono sicuro di questo. E abbastanza presto all’interno dell’establishment varie fazioni lavoreranno sodo, completamente assorbite in giochi tattici e brigare per incarichi e contratti. E i fratelli? Ostracizzati, imprigionati, uccisi, quelli che rimangono si divideranno: alcuni suggeriranno di ritirarsi dalla politica e altri insisteranno su una replica militante, perfino armata. Ma per quanto i loro oppositori vogliano distruggerli, non è facile uccidere vari milioni di persone.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/conversations-in-Cairo

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