Il Manifesto
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30 apr 2014

L’Arca di Gaza come la “Nave del Ritorno”
di Michele Giorgio

La “Nave del Ritorno” non partì mai, per una “misteriosa esplosione” simile a quella che l’altra notte ha quasi affondato l’Arca di Gaza. Ma una bomba non può spegnere un sogno di libertà.

Gerusalemme, 30 aprile 2014, Nena News

In giro per il mondo si parla, in questi giorni, di Noè e della sua Arca, grazie al film che vede protagonista Russell Crowe, nei panni del patriarca biblico. Un colossal costato 125 milioni di dollari. Pochi hanno badato a un’altra Arca, un battello rimesso a posto con scarsi fondi e tanta buona volontà, che dal piccolo porto di Gaza City si preparava a salpare per l’Europa. Una piccola imbarcazione, l’Arca di Gaza, che avrebbe dovuto portare dall’altra parte del Mediterraneo quanto di meglio sa produrre Gaza, dalle merci alle capacità artistiche e artigianali.  Questa barchetta piccola e lenta avrebbe dovuto forzare il blocco navale israeliano, provando a fare lo slalom tra le motovedette. L’Arca di Gaza non prenderà il largo come quella di Noè. Una “misteriosa esplosione”,  preceduta da una telefonata di avvertimento che ha permesso al guardiano di mettersi in salvo, ha danneggiato gravemente il battello.

E’ la fine, almeno per ora, dell’ultima delle tante iniziative e missioni avviate in questi anni dalla Freedom Flotilla per portare l’attenzione del mondo sul blocco israelo(egiziano) della Striscia di Gaza. Su una nave della FF nel 2008 giunse a Gaza Vittorio Arrigoni e tra un mese esatto sono previste le commemorazioni dei nove passeggeri della nave turca Mavi Marmara, rimasti uccisi nel 2010 in un raid in acque internazionali di forze speciali israeliane contro un convoglio diretto a Gaza.

Non ci sono state rivendicazioni dell’attentato contro l’Arca di Gaza e non ne arriveranno. I palestinesi non hanno dubbi, puntano l’indice contro Israele che più volte ha detto che non permetterà a nessuno di violare il blocco navale della Striscia e ha lanciato alla FF accuse di “cooperazione con i terroristi”. Ma attentati e accuse non sembrano scalfire la determinazione degli organizzatori dell’Arca. «Stiamo considerando quale sarà la nostra mossa in risposta a questo atto vile di terrorismo ma la nostra posizione rimane chiara: né questo né nessun altro attacco fermerà i nostri sforzi per sfidare il blocco di Gaza fino a quando non esso non sarà cessato», assicura Davide Heap, del comitato direttivo del progetto.

Da parte sua, Ehab Lotayef, un altro degli organizzatori, ricorda che «Altre imbarcazioni della Freedom Flotilla sono già state sabotate in passato. Questo attacco arriva proprio quando eravamo quasi pronti a salpare. Si può affondare una barca, ma non si può affondare un movimento». Tra la gente di Gaza lo sdegno è forte. L’Arca di Gaza, rimessa a posto grazie al lavoro e al contributo di tanti, è una speranza, un ponte tra la Striscia e l’Europa, tra questo piccolo fazzoletto di terra palestinese e il resto del mondo.

La storia dell’occupazione dei Territori è fatta di non poche “esplosioni misteriose” su navi e battelli palestinesi. «Un’esplosione è avvenuta oggi su un grosso battello all’ancora nel porto cipriota di Limassol…Il grosso battello era stato venduto sabato pare a palestinesi. Non viene del tutto escluso che esso fosse la ‘Nave del Ritorno’, sulla quale l’Olp programmava di riportare un gruppo di palestinesi in Israele. L’esplosione non ha causato vittime ma danni molto gravi». Così l’agenzia Ansa scriveva il 15 febbraio del 1988 a proposito dell’attentato alla nave che, nel pieno della prima Intifada, doveva riportare nella  terra d’origine 131 tra profughi e deportati palestinesi. Su quella nave, ben più grande dell’Arca di Gaza, dovevano salire anche diversi giornalisti e parlamentari italiani, tra i quali il comunista Agostino Spataro che, qualche anno fa, ha ricordato quei giorni in attesa di un viaggio che non sarebbe mai avvenuto. «Ad accompagnare (gli esiliati) in questa pericolosa missione – ha scritto Spataro nel 2010 -  che il governo (del premier israeliano Yitzhak) Shamir considerava una compagnia di assassini da bloccare con ogni mezzo, c’erano centinaia di rappresentanti di partiti, sindacati, giornalisti, di associazioni umanitarie e pacifiste di molti paesi in gran parte europei e occidentali. Sapevamo che oltre alla solidarietà la nostra funzione su quella nave sarebbe stata anche quella di scudo umano per scoraggiare la reazione violenta degli israeliani».

   La “Nave del Ritorno” non partì mai, per le pressioni di Tel Aviv su Atene e per la “misteriosa esplosione” simile a quella che l’altra notte ha quasi affondato l’Arca di Gaza. Eppure, come dice Ehab Lotayef, una bomba non può fermare un movimento e, più di tutto, non può spegnere un sogno di libertà. Nena News

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