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02 mag 2014

L’Arca di Gaza tornerà a navigare
di Chiara Cruciati

Intervista con Francesca Solari, della Freedom Flotilla: “L’attacco ci amareggia ma non ci scoraggia. Il futuro sarà fatto di lotta e di resistenza”. Tra un mese l’anniversario del blitz sulla Mavi Marvara in cui morirono 9 attivisti turchi

Gerusalemme, 2 maggio 2014, Nena News – Dalla coalizione Freedom Flotilla, seppur frastornata, si contano i danni e si pensa a ripartire con lo stesso obiettivo di tre giorni fa: commercio, non aiuti umanitari. Ne parliamo con Francesca Solari, membro del coordinamento territoriale della Freedom Flotilla Italia.

Dopo la notizia dell’attacco all’Arca di Gaza, avete avuto modo di contattare gli attivisti presenti a Gaza?

Sul posto ci sono i nostri referenti, il volontario svedese Charlie Andreasson e il manager palestinese del progetto Mahfouz Kabariti. Siamo in contatto con loro, ma non abbiamo a disposizione informazioni diverse da quelle del comunicato stampa. Si è parlato di una rivendicazione, ma non intendiamo rilasciare commenti fino a quando non avremo informazioni certe.

Nei giorni scorsi si erano verificati fatti particolari che potevano far pensare ad una simile azione contro l’Arca di Gaza? Gli attivisti sul posto avevano avuto sentore di un possibile attacco?

Assolutamente no, non ce lo aspettavamo. Anzi, ieri stavamo festeggiando l’andamento della “Facebook and Twitter storm”, un’iniziativa di sensibilizzazione sul progetto dell’Arca di Gaza. Una petizione internazionale della Freedom Flotilla [firmata tra gli altri da Noam Chomsky e Mairead Maguire, ndr] diretta ai governi di tutto il mondo e alla segreteria generale delle Nazioni Unite perché garantissero il passaggio sicuro della nave e perché facessero pressioni su Israele affinché ponga fine alle restrizioni al movimento della popolazione di Gaza e rispetti le acque territoriali della Striscia. La “tempesta” sui social network di lunedì serviva alla raccolta delle firme e due sere fa stavamo festeggiando l’andamento della campagna. Non immaginavamo che dopo poco l’Arca sarebbe stata attaccata.

L’attentato è di poche ore fa, ma all’interno della coalizione avete già discusso della rimessa in sesto dell’Arca o di azioni da intraprendere in risposta all’attacco?

Dovremo decidere a breve cosa fare, una volta aver quantificato l’effettiva entità dei danni subiti dalla nave. Certo è che non intendiamo mollare. Il progetto era, anzi, è – perché spero possa continuare anche sotto altre forme – è basato sullo slogan “commercio e non aiuti”. È questo il lavoro che sta dietro l’Arca di Gaza: non solo rompere l’assedio israeliano, ma ribadire il diritto del popolo gazawi al commercio con l’esterno, il diritto degli artigiani della Striscia a esportare fuori i propri prodotti. Il porto di Gaza è l’unico privo di un codice internazionale. Inoltre, il messaggio che intendiamo inviare è insito anche nella lista stessa dei prodotti che sarebbero dovuti salpare insieme all’Arca. Prodotti di associazioni di donne, di disabili, non vedenti: si era posta un’attenzione particolare al lavoro femminile e giovanile. è il caso della Abbassan Cooperative for Medicinal Herbs, cooperativa di 67 donne del villaggio di Abbassan che avrebbe dovuto esportare spezie. O della Aftaluna Elsom, associazione di 70 non udenti, presente a bordo con sottobicchieri decorati a mano.

A quattro anni dalla prima Freedom Flotilla, attaccata da un raid israeliano che uccise 9 attivisti turchi, come valutate i risultati finora ottenuti? E come immaginate le attività future?

Non abbiamo rotto l’assedio sulla Striscia di Gaza. Ma se continuano a sabotarci, a impedirci di entrare a Gaza, ad attaccare con le armi chi senza armi sostiene il popolo palestinese, allora il nostro impegno non è vano. Non abbiamo rotto l’assedio materiale, fisico, ma crediamo che la Freedom Flotilla abbia contribuito e contribuisca a scalfire l’assedio mentale e culturale che fa pensare alla situazione palestinese come a qualcosa di irrisolvibile e irreversibile. L’ultima Freedom Flotilla, Estelle, è stata confiscata e il suo equipaggio imprigionato. Ma prima di incontrare in acque internazionali la Marina israeliana, ha incontrato migliaia di persone in numerosi porti europei. Ecco, in ogni porto, Estelle ha in qualche modo rotto l’assedio. Ha raccolto solidarietà, ha attivato le persone sul territorio. L’attacco all’Arca ci amareggia ma non ci scoraggia. Il futuro sarà fatto di lotta e di resistenza. Continueremo in qualche modo a navigare. Al timone, il rispetto dei diritti umani; la nostra rotta è la libertà. Nena News

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