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17/07/2014

Vertice al Cairo Al Sisi-Abu Mazen per spingere Hamas a cedere
di Maurizio Molinari
Corrispondente da Gerusalemme

Abu Mazen è arrivato al Cairo per affiancare l’Egitto nel negoziato con Hamas sulla tregua a Gaza nel tentativo di centrare l’obiettivo e scongiurare un’invasione di terra che l’esercito israeliano ritiene oramai «probabile». 

I portavoci di Hamas formalizzano da Gaza il rifiuto della bozza di tregua proposta dal Cairo ma Abu Mazen è convinto di poter aiutare il presidente Abdel-Fattah Al Sisi a superare l’ostacolo. Il motivo, spiegano fonti palestinesi a Ramallah, è che «Hamas ha rifiutato la tregua egiziana perché non le garantiva risultati, limitandosi alla cessazione del fuoco». Abu Mazen invece, nell’incontro che avrà oggi con Al Sisi, proporrà di «concedere subito» a Hamas la riapertura del valico di Rafah, da cui dipendono gli scambi commerciali di Gaza con il resto del mondo. Il presidente palestinese è convinto di poter garantire a Hamas anche un «secondo risultato» ovvero l’arrivo dei fondi necessari per pagare gli stipendi ai 40mila dipendenti dell’amministrazione di Gaza: non dalle casse di Ramallah ma grazie a donazioni del Qatar. Gli sceicchi di Doha sono disposti a versare i milioni di dollari necessari ma, anche qui, Abu Mazen chiederà ad Al-Sisi di fare un passo in avanti ovvero consentire alle valige di contanti in arrivo dal Golfo di transitare per Rafah. 

In questa maniera Hamas incasserebbe due risultati concreti e resterebbe poi a Israele affrontare la terza richiesta ovvero liberare 56 militanti che erano stati rilasciati in cambio dell’ostaggio Gilad Shalit ma che poi sono stati riarrestati in Cisgiordania. L’iniziativa di Abu Mazen ha alle spalle il sostegno del Segretario di Stato John Kerry e nasce dalla volontà di impedire l’attacco di terra israeliano che, come un alto funzionario della Difesa dichiara,«potrebbe avvenire nei prossimi 2-3 giorni» dando inizio a «un’operazione destinata a durare mesi al fine di smilitarizzare Gaza». È la linea del ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, secondo il quale «non dobbiamo rioccupare Gaza per restarci o costruire insediamenti ma per catturare, disarmare o uccidere ogni terrorista». 

Le minacce di Israele sono uno strumento in più per la mediazione di Abu Mazen, che punta a recitare un ruolo di primo piano nella soluzione della crisi per rafforzarsi agli occhi della popolazione di Gaza nelle vesti di leader dell’unità nazionale. Alle sue spalle, il presidente palestinese ha la Lega Araba e la Turchia mentre sul fronte opposto c’è Bashar al Assad, il presidente siriano alleato di Teheran che ha prestato giuramento, dando inizio al nuovo settennato, con un discorso nel quale ha accusato Israele di «attaccare Gaza puntando ad assoggettare gli arabi». Da qui l’appello del raiss alle capitali arabe a inviare «aiuti di ogni tipo a Hamas» con una strategia opposta rispetto al Cairo e Ramallah. Ecco perché esiste il rischio che Gaza si trasformi in un nuovo braccio di ferro fra le capitali della regione, in maniera analoga a quanto sta avvenendo sulla Siria e sull’Iraq. Nel braccio di ferro in corso fra leader arabi, Israele punta su Al Sisi: «Abbiamo accettato la proposta egiziana e speriamo che Hamas faccia altrettanto» afferma il ministro Tzipi Livni. 

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