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Giovedì, 27 Novembre 2014

Il duro inverno di Gaza
di Marco Cesario

Tre mesi dopo la fine dell’operazione militare israeliana ‘Margine Protettivo’ - in cui hanno perso la vita 2.205 palestinesi, di cui 1483 civili (521 bambini e 283 donne) e 600.000 persone sono state costrette a lasciare le proprie case per rifugiarsi nelle scuole dell’ONU - l’inverno avanza su Gaza e la situazione si fa se possibile sempre più drammatica.

Decine di migliaia di case (20.000 secondo l’OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) sono state distrutte ed almeno 108.000 persone sono senza tetto o vivono in rifugi di fortuna, sotto tende, container, baracche di legno. I più “fortunati” (circa 30.000 persone) vivono ancora nelle 18 scuole dell’UNRWA attendendo la ricostruzione effettiva di Gaza che stenta a prendere avvio.

I Gazawi sotto la pioggia e il freddo e senza elettricità. Scattano campagne di solidarietà internazionale

Centinaia di famiglie a Gaza sono senza elettricità, senz’acqua e riscaldamento e vivono in container o in rifugi di fortuna ricavati sotto le macerie. Le forti piogge che si sono abbattute su Gaza nel corso delle settimane passate hanno ulteriormente danneggiato il sistema elettrico, fognario e la rete idrica. Migliaia di persone dunque non dispongono dei mezzi sufficienti per affrontare l’inverno ed il freddo che avanzano inesorabilmente sulla Striscia. Di fronte alle sabbie mobili della ricostruzione è però scattata la solidarietà internazionale per aiutare i Gazawi più demuniti. La società Al-Rahma ha avviato una campagna di crowdfunding su Indiegogo dal titolo Make Gaza children's winter warmer con lo scopo di raccogliere fondi per fornire abiti invernali ai bambini rifugiati di Gaza. Fino ad oggi sono stati raccolti oltre 5.000 dollari. Un’altra campagna sul sito GoGetFunding dal titolo Help Gaza This Winter si propone di aiutare i Gazawi senza casa a superare l’inverno che incalza. La campagna ha già superato i 3.200 dollari. Su Indiegogo una gara di solidarietà è partita per raccogliere fondi per acquistare 1.000 zainetti scolastici per i bambini di Gaza. Tra le altre campagne per aiutare la popolazione si segnala anche il Save Gaza Project che già ha raccolto oltre 5.200 sterline. Ma al di là della solidarietà internazionale perché la ricostruzione stenta a partire?

Materiali edili per la ricostruzione giungono col contagocce

Il problema della ricostruzione prevista dal Gaza Reconstruction Mechanism (GRM) – l’accordo raggiunto tra il governo palestinese ed il governo israeliano sotto l’egida dell’ONU nel Settembre del 2014 che prevede, tra le altre cose, di ricostruire almeno 80.000 case e proprietà danneggiate - è che i materiali edili destinati alla ricostruzione di Gaza arrivano col contagocce. Alcuni giorni fa un convoglio di 28 tir con oltre 1.120 tonnellate di cemento è riuscito ad entrare nella Striscia. Si tratta del secondo carico dopo la tregua conclusa tre mesi fa. Il primo convoglio con 1.300 tonnellate di materiali edili è riuscito ad entrare a Gaza a metà Ottobre. Bastano due convogli in tre mesi per ricostruire Gaza? Secondo Raëd Fattouh, responsable palestinese per il coordinamento con gli israeliani dell’ingresso dei convogli, quest’ultimo carico di Novembre è il più importante carico di cemento dalla fine della guerra ma non è ancora sufficiente per garantire la ricostruzione. Oltre 20.000 case sono state distrutte, oltre che imprese ed infrastrutture, per le quali sarebbero necessari almeno 100 tir carichi di materiali edili al giorno per tre anni per riuscire a portare a termine la ricostruzione. Se la situazione restasse così, con i convogli che entrano col contagocce, ci vorrano almeno 20 o 30 anni per ricostruire completamente Gaza.  

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