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19 mag 2014

Gaza, dove pescare è diventato reato
di Rosa Schiano

Continuano gli attacchi israeliani ai pescatori di Gaza. Confisca di reti e barche sono all’ordine del giorno. In vent’anni i palestinesi hanno perso l’accesso all’85 percento delle loro acque, con lo spazio di navigazione ridotto da 20 a 3 miglia nautiche

Roma, 19 maggio 2014, Nena News –

Un pescatore palestinese è stato ferito sabato mentre pescava sulla spiaggia di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza. Un soldato israeliano gli ha sparato.
Notizie che, da anni, continuano ad arrivare con frequenza da quella striscia di Palestina assediata, o che passano attraverso una comunicazione distorta degli eventi – quella del mainstream - così che certi accadimenti vengono percepiti come parte della normalità in una situazione di “conflitto” rispetto a cui rimanere imparziali, stando attenti a “non essere di parte”, per non “schierarsi”, o vengono addirittura giustificati, quando l’informazione si basa sui comunicati propagandistici di un esercito.
È il caso delle aggressioni quasi quotidiane delle forze militari israeliane sui civili palestinesi nella Striscia di Gaza, in particolare le aggressioni sui pescatori.

La marina militare israeliana, infatti, a poche miglia dalla costa di Gaza, spara sulle barche dei pescatori palestinesi, impedisce loro di lavorare, crea onde per destabilizzare le barche, arresta i pescatori e confisca le barche e le attrezzature, comprese le reti da pesca, lasciandoli sprovvisti della loro unica fonte di sussistenza. Non è qui solo il diritto al lavoro che viene violato, ma il diritto a esistere.
Non si stanno riportando qui supposizioni, ma violazioni ben documentate da anni grazie a rapporti locali e internazionali, materiali fotografici e video caricati sul web, esperienze di cui sono stati testimoni e vittime anche osservatori internazionali, e del tutto ignorate dai grandi media nazionali, che sono probabilmente mossi da una volontà politica di ignorare tali eventi.

Vittime di queste violazioni, che avvengono a Gaza via terra e per mare, sono civili la cui unica colpa è quella di trovarsi o lavorare lungo il confine con Israele, civili che tentano di pescare, coltivare, raccogliere materiale da rivendere, perché altro non possono fare in un territorio soffocato dall’assedio e condannato alla dipendenza dagli aiuti internazionali.

Il pescatore ferito sabato, Hussein Al-Asi, di 31 anni, stava pescando su una spiaggia che, nella parte settentrionale della Striscia, è molto vicina al confine con Israele. Vi sono, dopo pochi metri di spiaggia, recinzioni, torrette con mitragliatrici automatiche e una collina dietro cui si nascondono i soldati israeliani. Molti dei pescatori sono consci del pericolo, ma si recano ugualmente in quell’area perché credono vi sia una maggior quantità di pesce. All’interno dell’area marittima consentita da Israele ai pescatori palestinesi, che in teoria copre fino alle 6 miglia dalla costa di Gaza, il pesce infatti scarseggia, a 7 anni dalla chiusura e dall’imposizione del blocco navale. Al-Asi è stato colpito da un proiettile al piede ed è stato ricoverato all’ospedale Shifa di Gaza City.

Non è il primo incidente in quella zona. Il 28 settembre 2012 un pescatore, nonché calciatore palestinese, Fahmi Abu Riash, 22 anni, fu ucciso dalle forze israeliane mentre pescava nello stesso posto. Fahmi stava pescando con delle reti insieme a suo fratello Yousif, quando le forze israeliane aprirono il fuoco uccidendolo con due proiettili nella parte bassa dell’addome e nella coscia e ferendo suo fratello alla mano.

Secondo il Palestinian Centre for Human Rights (Pchr), nel mese di gennaio vi sono stati 21 attacchi con arma da fuoco da parte della marina militare israeliana sui pescatori di Gaza, durante i quali una barca da pesca palestinese è stata danneggiata, 3 pescatori sono stati arrestati, attrezzatura da pesca e barca confiscate. Nel mese di febbraio, il Pchr riporta 11 attacchi con arma da fuoco, l’arresto di 3 pescatori, compreso un minore, e la confisca di due barche. Nel mese di marzo, il Pchr riporta 18 attacchi con arma da fuoco, su un totale di 20 incidenti, in cui 3 palestinesi sono rimasti feriti, 2 arrestati. Nel mese di aprile, il Pchr riporta 11 attacchi con arma da fuoco, un pescatore ferito, l’arresto di due pescatori, confisca di due barche da pesca ed attrezzatura (22 reti da pesca). Tutti questi attacchi sono avvenuti dentro le 6 miglia dalla costa.

Quando i pescatori vengono arrestati, viene chiesto loro di spogliarsi, tuffarsi in mare e raggiungere le navi della marina militare; vengono ammanettati, incappucciati, e portati al porto di Ashdod, dove poi vengono interrogati e chieste loro informazioni personali e spesso viene offerto loro di diventare collaborazionisti; vengono generalmente rilasciati il giorno successivo attraverso il valico di Erez ma le loro barche vengono confiscate.
Sono quasi 4.000 i pescatori palestinesi registrati, un numero in costante diminuzione, date le difficoltà del lavoro, circa 65.000 persone che lavorano nel settore ittico e i loro dipendenti .

Tel Aviv ha progressivamente imposto delle restrizioni ai pescatori palestinesi di Gaza sull’accesso al mare. Le 20 miglia nautiche stabilite sotto gli accordi di Jericho nel 1994 tra Israele e l’Organizzazione di Liberazione della Palestina (OLP), sono state ridotte a 12 miglia sotto l’Accordo Bertini nel 2002. Nel 2006, l’area acconsentita alla pesca è stata ridotta a 6 miglia nautiche dalla costa. A seguito della offensiva militare israeliana “Piombo Fuso” (2008-2009) Israele ha imposto un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, impedendo ai palestinesi l’accesso all’ 85% delle acque a cui hanno diritto secondo gli accordi di Jericho del 1994.

Gli accordi raggiunti tra Israele e la resistenza palestinese dopo l’offensiva militare israeliana di novembre 2012, “Colonna di Difesa”, hanno permessi ai pescatori di Gaza di raggiungere nuovamente le 6 miglia nautiche dalla costa. Tuttavia, la marina militare israeliana non ha cessato gli attacchi contro i pescatori di Gaza, anche all’interno di questo limite. Il 12 Marzo 2013, Israele ha imposto nuovamente un limite di 3 miglia nautiche dalla costa, affermando che tale decisione era stata presa a seguito dell’invio di alcuni razzi palestinesi verso il sul di Israele. Mercoledi’ 22 maggio 2013, le autorità militari israeliane hanno diffuso attraverso alcuni media la decisione di estendere nuovamente il limite a 6 miglia nautiche dalla costa. Nena News

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