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6 agosto 2014

L’alleanza tra curdi e Baghdad contro l’Isil

Maliki invia l’aviazione a sostegno dei peshmerga contro l’avanzata jihadista che ora minaccia le due più grandi dighe del paese. Gli Stati Uniti dialogano con i leader sunniti per formare unità militari contri i qaedisti.

Roma, 6 agosto 2014, Nena News

L’avanzata dei jihadisti dell’Isil è ormai una guerra regionale. Dopo aver occupato larghe parti del territorio iracheno e aver assunto il controllo di comunità in Siria, in un lungo corridoio che il leader al-Baghdadi ha definito il nuovo califfato, a muoversi indirettamente sono gli Stati Uniti. Da tempo accusato di essere tra i responsabili dell’instabilità e dei settarismi interni iracheni, Washington ha deciso di compiere qualche passo in più, seppur limitato rispetto alle richieste che da due mesi muove Baghdad: il governo di Maliki vuole l’intervento dei droni Usa, per ora mai archiviato.

Sul piano militare, alla Casa Bianca si sta discutendo – riferiscono fonti interne – del possibile invio di armi e munizioni ai peshmerga curdi dopo la nuova alleanza stipulata da Irbil e Baghdad. L’avanzata jihadista, che oggi minaccia il Kurdistan iracheno, ad oggi ancora non toccato dall’offensiva dell’Isil, ha convinto Maliki a sostenere la battaglia dei curdi inviando l’aviazione a bombardare le postazioni qaediste. Lunedì il primo ministro ha mandato i primi aerei a sostegno dei combattenti curdi, impegnati a difendere 150 km di confine. Una cooperazione inattesa viste le gravi frizioni tra autonomia curda e potere centrale, ma allo stesso tempo necessaria: Barzani, il presidente della regione autonoma che il mese scorso ha paventato un referendum per l’indipendenza definitiva da Baghdad, teme ora di perdere quanto ottenuto – il controllo della città di Kirkuk e l’ufficioso allargamento dei confini – se l’Isil dovesse proseguire verso nord.

Nei due mesi appena trascorsi, molti hanno parlato di una sorta di accordo tra jihadisti e curdi per la spartizione del paese: il nord al Kurdistan, il centro all’Isil. Domenica, però, in un comunicato diffuso su internet, l’Isil ha minacciato «l’apertura dei confini tra la provincia di Ninawa e quella curda di Dohuk». Una minaccia che non resta sulla carta: negli ultimi giorni si sono intensificati gli scontri tra peshmerga e miliziani sunniti, con i primi che sono riusciti a riassumere il controllo delle città di Zumar, Wana, Rabia e Sinjar. La ripresa di Sinjar, da cui sono fuggite 4mila persone della piccola comunità yazidi in pochi giorni (40mila il numero totale di rifugiati yazidi in fuga da nord), è giunta dopo i bombardamenti dell’aviazione irachena contro le postazioni jihadiste.

Ad Irbil l’intervento dell’aviazione governativa viene visto come un passo in avanti nella riconciliazione interna, ovvero l’impegno del premier ad accettare di garantire al Kurdistan maggiore autonomia.  Resta da vedere se cambierà l’atteggiamento delle fazioni curde, sunnite e sciite verso il premier Maliki – definito ieri da Teheran “minaccia all’unità dell’Iraq”. Secondo la costituzione irachena, entro l’8 agosto il nuovo premier dovrà essere eletto. E se da una parte Washington pensa all’invio di armi e munizioni direttamente in Kurdistan, ufficiali statunitensi sono impegnati nel dialogo con i leader sunniti iracheni, governatori, politici e capi tribù, che hanno chiesto al presidente Obama di sostenere i loro sforzi per la formazione di unità di miliziani sunniti, più strutturate delle attuali, per combattere l’avanzata dell’Isil.

L’obiettivo è unico: cacciare Maliki, prima condizione al coinvolgimento di sunniti e curdi in un eventuale governo di unità nazionale. Se non dovesse riuscirci la diplomazia, potrebbe essere lo stesso Isil e le sue ultime vittorie a costringere il premier all’angolo. Gli ultimi giorni sono stati teatro del tentativo – per ora non riuscito – da parte dei miliziani qaedisti di impossessarsi una fondamentale e strategica risorsa: l’acqua. Dopo settimane di battaglia, l’Isil aveva annunciato l’occupazione della più grande diga irachena, a Mosul, poi strappata al suo controllo dai peshmerga curdi. Una diga, lungo il fiume Tigri, che fornisce elettricità a tutto il nord del paese e la cui caduta in mano all’Isil provocherebbe un effetto domino fino a Baghdad. Nel mirino c’è anche la seconda diga più grande dell’Iraq, lungo il fiume Eufrate, la diga di Haditha. Qui, a fermare per ora l’attacco jihadista sono state venerdì le tribù sunnite locali. Nena News

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