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10 agosto 2014

In che modo l’ISIS alla fine è diventato nemico di Obama
di Shamus Cooke
Traduzione di Maria Chiara Starace

Improvvisamente lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) è diventato una minaccia che meritevole della minaccia dei missili americani. Per quasi due anni il Presidente Obama ha completamente ignorato il gruppo terrorista più grande e più brutale del Medio Oriente, permettendogli di crescere fino a diventare una potenza nella regione. Indipendentemente da quante teste ha reciso o da quanto territorio ha conquistato, l’ISIS non poteva proprio attirare l’attenzione di Obama.

Mentre l’ISIS conquistava territori che si espandevano sempre di più, presumibilmente Obama  faceva una “guerra  al terrore” in tutto il mondo, bombardando con i droni qualsiasi spauracchio in Pakistan, Yemen, Somalia, Afghanistan, ecc. Ma quando è apparso un vero spauracchio, Obama lo ha ignorato, come fanno fatto anche i media degli Stati Uniti, che hanno invece seguito lo sguardo bellicoso di Obama sull’Ucraina, allo stesso tempo copiandola creazione di scuse senza fine del presidente per la condotta genocida di Israele a Gaza.

Per ben oltre due anni, l’ISIS e altri gruppi in stile al-Qaida sono stati la principale spinta nella guerra siriana che è costata oltre 170.000 vite e che ha creato milioni di profughi. E ora, improvvisamente, Obama vuole intervenire per ragioni “umanitarie” per combattere l’ISIS. Ma la vera ragione per cui l’ISIS ha attirato i missili di Obama, è che il gruppo terrorista ha fatto qualcosa di imperdonabile. Ha infine minacciato “gli interessi degli Stati Uniti,” mentre prima gli interessi dell’ISIS e di Obama erano perfettamente allineati.

L’infaticabile giornalista esperto di Medio Oriente, Patrick Cockburn, è stato sbalordito dalla mancanza di attenzione del governo e dei media che l’ISIS ha avuto, mentre il gruppo espandeva il suo potere su enormi zone della Siria e dell’Iraq, minacciando ora il Libano. Cockburn scrive in tono esasperato:

“ Mentre l’attenzione del mondo si concentrava sull’Ucraina e su Gaza, lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS) ha preso il controllo di un terzo della Siria oltre a un quarto dell’Iraq che aveva preso in giugno… la nascita del nuovo stato (l’ISIS) è il cambiamento più radicale nella geografia politica del Medio Oriente fin da quando è stato reso effettivo l’accordo Sykes-Picot, all’indomani della Prima guerra mondiale. Tuttavia questa trasformazione esplosiva ha creato un allarme sorprendentemente scarso  in campo internazionale…”

Analoga sorpresa è stata dimostrata da Noah Bonsey, un esperto siriano del Gruppo Internazionale di crisi, che non riusciva a capire la libertà di azione che Obama dava all’ISIS:

“Gli Stati Uniti hanno l’influenza e la capacità di costruire accordi  capaci di ribaltare  i successi dell’ISIS, ma sembra che manchi loro la necessaria visione e volontà.

E infine dal New York Times:

“Anche dopo che lo Stato Islamico in Iraq e in Siria o ISIS ha preso Fallujah e altri territori nella parte occidentale del paese [l’Iraq] all’inizio dell’anno e dopo che d’estate ha marciato attraverso Mosul e verso Baghdad, il presidente non ha espresso alcun entusiasmo per l’azione militare americana.”

O per altro per qualsiasi azione.

Mentre ignorava la distruzione della Siria e l’invasione dell’Iraq a opera dell’ISIS, la NATO guidata dagli Stati Uniti, ha emesso avvertimenti continui sulla probabilità che la Russia invadesse l’Ucraina. Naturalmente, però, non è stato emesso alcun avvertimento o non si è prestata alcuna attenzione all’invasione di Gaza a opera di Israele.

E mentre Obama non ha alzato un dito per fermare l’invasione israeliana, ha affermato di recente che gli Stati Uniti hanno una “occasione unica” di fermare il massacro dell’ISIS in Iraq: migliaia di cittadini di Gaza forse si stanno rigirando nelle loro tombe scavate di recente.

L’approccio imprevedibile di Obama alla politica estera ha disorientato più di un analista di politica, che non vedono alcuna logica nell’intervento militare del presidente. Perfino l’ex vice Segretario di stato di Obama ha di recente commentato:

“ Nessuno ha il senso del motivo per cui si interviene in alcuni casi e non in altri…L’ultima conferenza stampa di Obama vi lascia proprio perplessi. Sì, non possiamo fare tutto. Ma che ce ne importa?”

Tuttavia, in realtà c’è una logica definita per la politica estera di Obama, verso la quale è stato vergognosamente coerente  durante tutta la sua presidenza. Per esempio, dopo che la politica di Obama ha avuto come obiettivo la distruzione del governo siriano, non ha avuto più scrupoli ad usare l’ISIS e altri gruppi legati ad al-Qaida come  combattenti per procura  nella battaglia.

Questi gruppi terroristi sono stati incoraggiati a crescere in modo esponenziale nella loro lotta contro al-Assad, quando Obama sapeva fin troppo bene che l’Arabia Saudita e altri stati del Golfo alleati  degli Stati Uniti stavano inviando montagne di denaro, di armi e di combattenti ai jihadisti. Non c’era semplicemente nessun altro che combattesse efficacemente al-Assad, una dinamica che ha allungato artificialmente una  guerra che sarebbe finita anni fa, mentre ha creato l’ambiente in cui ha prosperato l’ISIS. Molto del denaro e molte delle armi che Obama ha inviato ai ribelli islamisti “moderati”, hanno naturalmente trovato la strada per arrivare nelle mani dei jihadisti, dato che da allora migliaia di moderati si sono unti all’ISIS.

Più l’ISIS si dava da fare per gli Stati Uniti in Siria e minore era l’attenzione che gli prestava Obama, un forma molto potente di appoggio politico passivo. Quando l’ISIS  ha invaso l’Iraq dalla Siria, Obama non ha quasi battuto ciglio, trovando una scusa dopo l’altra sul motivo per cui gli Stati Uniti non potevano mandare armamenti per combattere l’ISIS. Immaginate, tuttavia, se l’Arabia Saudita o Israele fossero stati invasi da un’organizzazione terrorista? Obama in pochi minuti avrebbe dato dato il via libera ai bombardamenti con gli F-16.

La mancanza di interesse di Obama per l’invasione dell’Iraq da parte dell’ISIS, era ideologicamente legata alla sua inazione in Siria: Obama vuole il cambiamento di regime in entrambe le nazioni, e sta usando l’ISIS come un alleato di fatto in entrambi i casi. Questo è diventato rapidamente ovvio con la replica di Obama all’invasione dell’Iraq a opera dell’ISIS; ha semplicemente criticato il governo iracheno per non avere attuato un piano più inclusivo; nel frattempo l’ISIS si faceva strada uccidendo  attraverso le enormi aree dell’Iraq e assoggettava i sopravvissuti a un totalitarismo più brutale di quello della dittatura che c’è in Arabia Saudita, alleata degli Stati Uniti.

Ulteriore appoggio politico è stato dato all’ISIS dai politici statunitensi che hanno fondamentalmente accettato l’ISIS come governante dei territori iracheni di recente conquistati; questi politici istantaneamente si sono riferiti all’Iraq come a un paese “di fatto spartito”, intendendo dire che l’ISIS aveva creato una regione sunnita separata che sarebbe stata  integrata da regioni sciite e curde.

Simultaneamente,  questo piano di “spartizione” è per caso  il piano ufficiale del Vice Presidente Joe Biden che per un po’ ha sostenuto una “spartizione morbida”  dell’Iraq, un’idea tanto grottesca quanto un attacco nucleare “parziale”. Fino a quando l’ISIS “di fatto” aiutava a raggiungere il piano di spartizione di Joe Biden, a Obama andava bene la furia omicida dell’ISIS. E ora i media ci informano, in modo prevedibile, che il piano di Biden sta ufficialmente prendendo slancio a Washington.

Ma poi l’ISIS si è spinta troppo avanti. La linea rossa che l’ISIS alla fine ha superato è stato il suo attacco contro i Curdi iracheni alleati degli Stati Uniti. I Curdi governano la loro regione autonoma, ricca di petrolio, in Iraq, e sono stati tenaci sostenitori degli Stati Uniti. Il New York Times parla apertamente del motivo reale, non umanitario dell’attacco di Obama all’ISIS:

“Il signor Obama è stato riluttante a ordinare un’azione militare diretta in Iraq [contro l’ISIS] mentre il Primo Ministro [iracheno] Nuri al-Maliki rimane in carica, ma nelle scorse settimane ci sono state ripetute suppliche da parte dei funzionari curdi per avere armi e assistenza quando le milizie dell’ISIS dilagavano in tutto l’Iraq nord occidentale.”

Il Times ha rafforzato questa prospettiva quando ha parlato delle opinioni del Rappresentante dello stato di Washington, Adam Smith:

“…lui [Smith] ha appoggiato l’intervento a nome dei Curdi, invece che del governo impopolare di Baghdad. “I Curdi meritano di essere aiutati e difesi” [ha detto Smith].”

Ecco qui.  Le migliaia di persone che sono state massacrate dall’ISIS in Siria e in altre parti dell’Iraq non “meritavano di essere difese”, ma i Curdi sono diversi, dato che i loro capi sono alleati degli Stati Uniti. Questo riassume in poche parole la politica estera americana che non ha assolutamente nulla a che vedere con “l’umanitarismo.” Gli abitanti di Gaza possono essere massacrati, i siriani possono essere massacrati, e metà dell’Iraq ridotto a brandelli, mentre Obama era impegnato a fare minacce alla Russia.

La logica dell’intervento militare degli Stati Uniti è completamente basata su un calcolo cinico inteso a promuovere il potere delle forze armate statunitensi e quello industriale all’estero, con tutti i mezzi necessari.


Shamus Cooke opera nel campo dei servizi sociali, è sindacalista e scrive per Workers Action (www.workerscompass.org). Lo potete contattare scrivendogli a: shamuscooke@gmail.com


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/how-isis-finlly-became-obama-s-enemy

Originale: non indicato

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