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14 agosto 2014

Cristiani in Iraq, il cardinale Filoni chiede aiuto al mondo

L'inviato del papa nel Kurdistan racconta le condizioni di vita di 160mila sfollati. «Forte gratitudine per l'impegno materiale del pontefice, ma soprattutto perché la sua voce ha fatto presente questa terribile situazione». La Cei pronta ad aprire le chiese italiane ai rifugiati

Il cardinale Fernando Filoni, inviato da papa Francesco a portare la sua vicinanza e la solidarietà concreta alle vittime delle violenze in Iraq, è giunto ad Erbil, nel Kurdistan iracheno. Qui ha potuto abbracciare i tanti sfollati che hanno dovuto lasciare le proprie case nella Piana di Ninive per l’offensiva violenta dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico. «C’è molta generosità, c’è molto impegno. Lo stesso che ho trovato anche sia da parte del governo del Kurdistan e anche questa mattina stessa, parlando con il presidente della regione del Kurdistan, il presidente Mas’ud Barzani. Da parte di tutti, molta disponibilità, molta gratitudine anche nei riguardi del Santo Padre per la sua attenzione per questi nostri rifugiati».

In collegamento con Radio Vaticana, il cardinale racconta che la prima cosa che ha fatto è «venire nella casa del vescovo, dove già all’interno del giardino, all’interno della chiesa e in altri 23 posti hanno trovato rifugio molte migliaia di persone; altre che hanno potuto, si sono stabilite in famiglie che le hanno accolte».

La gente «vive in modo precario, all’aperto», continua
Filoni che sottolinea come le istituzioni del Kurdistan
si stiamo adoperando «anche per venire incontro ad alcune
necessità materiali: per esempio, la situazione degli studenti che hanno dovuto interrompere la scuola e quindi anche gli esami; la situazione più urgente delle famiglie, anche con la necessità dell’assistenza medica, così come la distribuzione a tutti dei generi di prima necessità».

«Ai vescovi – riferisce il prefetto di Propaganda Fide – ho consegnato l’aiuto del Papa e a questo vanno ad aggiungersi anche tante altre generosità che vedo stanno arrivando. Ma c’è una forte gratitudine non solo per questo impegno materiale del Papa, ma soprattutto perché la sua voce ha fatto presente questa difficilissima, terribile situazione in cui si sono venute a trovare circa 160mila persone tra cristiani e appartenenti ad altre minoranze, divise tra la zona di Arbil e poi, un po’ più a nord».

La situazione militare e politica «è ancora fluida». E per questo è necessario «la solidarietà internazionale non solo dal punto di vista materiale, attraverso ponti aerei e così via, perché è chiaro che con tanta gente da assistere, anche le scorte si esauriscono; ma anche da un punto di vista politico e militare: le autorità sono molto sensibili a chiedere l’aiuto internazionale, perché ovviamente il Kurdistan non riesce a far fronte a tutte queste necessità. Tuttavia, ho sentito anche l’impegno politico da parte del presidente Barzani: loro difenderanno fino alla fine la loro terra e con essa anche tutti i cristiani e le minoranze che vi sono».

Intanto da Roma il cardinale Angelo Bagnasco, presidente Cei, annuncia la disponibilità delle chiese italiane ad accogliere
temporaneamente coloro che riterranno di dover abbandonare la
loro terra, proprio per sfuggire a questa feroce persecuzione
religiosa. L’accoglienza dei rifugiati sarà attraverso la Segreteria di Stato vaticana e la nunziatura apostolica di Baghdad che segnaleranno «le persone, le famiglie, i nuclei, che sono in questa necessità e hanno questo desiderio».

E mentre l’arcivescovo di Milano Scola ha esortato i fedeli a partecipare alla raccolta fondi organizzata della
Caritas ambrosiana, con lo slogan “Noi non possiamo
tacere” la Cei chiama a partecipare domani alla veglia di preghiera per i cristiani perseguitati nel nord dell’Iraq dai fondamentalisti islamici.

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