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9 dicembre 2014

L’Isis è funzionale all’imperialismo?
di Alessio Pizzichini

Lo Stato Islamico è funzionale all'imperialismo anglosassone e sionista. I loro raid aerei sono funzionali ai jihadisti e in realtà permettono solo di combattere la Siria di Assad, uno degli ultimi baluardi anti-imperialisti nel Medio Oriente

L’informazione nostrana è sempre in prima linea per condannare i crimini dell’ISIS: teste tagliate, cristiani crocifissi, donne segregate, bambine vendute. Semplice divulgazione o c’è un secondo fine? Per rispondere guardiamo l’escalation degli eventi. La primavera siriana scoppiò nel 2011 e i ribelli venivano finanziati pubblicamente dagli Stati Uniti d’America e da tutti i paesi che avevano interesse nella destabilizzazione della Siria di Assad (Francia, Regno Unito, Emirati Arabi, Turchia, Qatar). Questi ribelli erano inizialmente divisi in vari gruppi: i ribelli considerati moderati erano quelli appartenenti all’Esercito Siriano Libero, osannato anche dai trotskisti nostrani, affiancato da altri gruppi qaedisti e jihadisti. L’ISIS, al contrario di come spesso si crede, non nacque in Siria ma in Iraq nel 2006, in particolar modo tutti i suoi leader sono stati prigionieri nel carcere americano di Camp Bucca che, come molti ex prigionieri affermarono, era una vera e propria scuola di al-Qaeda, dove i prigionieri più anziani insegnavano a quelli più giovani. Lo stesso al-Baghdadi fu rinchiuso lì fino al 2009 quando venne ordinato un rilascio incondizionato di alcuni prigionieri sotto l’incredulità di Kenneth King, uno dei colonnelli che comandavano il campo quell’anno. L’ISIS non viene più finanziato esplicitamente dagli Stati Uniti, ma i paesi a questo allineati (Turchia, Emirati Arabi e Qatar su tutti) concedono loro il petrolio che rivendono per finanziarsi. La strategia di Obama inizialmente era quella di combattere Assad finanziando i ribelli, ora è quella di combattere parallelamente l’ISIS e Assad finanziando i curdi e i ribelli moderati che, come scrisse Gian Micalessin, non esistono più: “Quelli che gli Usa considerano ‘moderati’ qualche giorno fa hanno combattuto una battaglia al confine con la Giordania alleandosi con gruppi legati ad Al Qaeda. Altri presunti ribelli moderati hanno minacciato di passare con l’Isis se non dovessero cessare i bombardamenti americani. È evidente che questa strategia non tiene conto della realtà e di che tipo di forze ci sono in campo.”

È facile evincere come l’obiettivo principale di Obama sia la Siria di Assad, e l’ISIS al momento è solo un pretesto per poterla bombardare, perché non c’è alcun interesse nel salvaguardare il popolo Siriano e quelli limitrofi dalla minaccia dello Stato Islamico. E a riguardo si veda la Libia, che dopo l’assassinio di Gheddaffi è stata depredata delle sue risorse e lasciata nel caos. E si veda anche come i raid della coalizione anti-Assad non vengono sempre indirizzati verso le zone sotto il controllo dell’ISIS. Proprio il 6 Dicembre, mentre l’Esercito Siriano liberava l’aeroporto di Deir Ezzor e tagliava quindi le linee di rifornimento di armi ai terroristi del Daesh, Israele bombardava l’aeroporto di Damasco e il comune di Dimas (a confine con il Libano) colpendo rispettivamente, secondo l’Osservatorio Siriano per i diritti umani, i depositi import-export e una caserma dell’esercito. Questo conferma due cose: la prima è che l’ISIS è un buon pretesto per combattere Assad, la seconda è che Israele è coinvolto nel conflitto come già si sospettava, essendo la Siria uno dei suoi più acerrimi nemici. A riguardo riportiamo le parole del segretario del Partito Comunista Siriano, Hunein Nemer, intervistato da Stefano Bonilauri, direttore editoriale di Stato e Potenza: “La Siria occupa una posizione geopolitica strategica. È la punta avanzata nel controbattere al progetto imperialista nell’area e nel mondo. È il punto di appoggio principale per la rivoluzione palestinese, è la pietra miliare non solo per la Palestina ma anche per la resistenza libanese, che prima nel 2002 e poi nel 2006 ha fatto scappare gli israeliani dall’area. Israele è quindi passata alla difesa, non più all’attacco. Questo lo si deve soprattutto per l’appoggio del governo siriano alla resistenza contro le ingerenze straniere nell’area. Va messa in questo contesto anche la cacciata di un milione e mezzo di arabi dalla Palestina per la costruzione di uno stato confessionale ebraico. Israele lavora per inglobare la Giordania, le alture del Golan occupate e gioca un ruolo chiave per l’imperialismo statunitense. Israele è il cane da guardia dell’imperialismo nella regione. L’unico Stato che lo fronteggia è la Siria ed ecco la causa principale del malcontento USA. Se la Siria abbandonasse questa causa per sottomettersi agli Stati Uniti d’America, qualsiasi movimento arabo andrebbe incontro alla morte.”

C’è dunque un secondo fine nella divulgazione dei crimini dell’ISIS? La risposta è sì. Quando i raid aerei sulla Siria di Assad aumenteranno, ciò sarà giustificato dalla necessità di abbattere l’ISIS. I media lavorano per infondere opinioni, per giustificare crimini. Quando in Iran si condanna a morte una donna subito si muovono Amnesty International e tante altre associazioni per i diritti finanziate profumatamente dagli Stati Uniti, ma quando ciò accade negli Emirati Arabi, dove la condizione della donna è assai peggiore di quella in Iran, non si spreca neanche una notizia a fine telegiornale o una piccola colonna nelle ultime pagine di un quotidiano. In Russia è vietato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, come del resto in Italia, e ciò permette a femen, movimenti che rappresentano la minoranza omosessuale e a molti sinistrati di screditare il governo di Putin. Questi personaggi non intervengono mai per denunciare la condizione degli omosessuali negli Stati Uniti d’America o nei paesi arabi allineati a questi. Quando si parla dell’ISIS, pensate dunque che sia per sincera informazione e per difesa dei Siriani e dei popoli limitrofi? Assolutamente no. Ciò è funzionale al vero grande obiettivo dell’imperialismo sionista e anglosassone: la distruzione della Siria libera, democratica e sovrana di Bashar al-Assad, uno degli ultimi baluardi rimasti a frenare l’espansionismo sionista.

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