Asharq al-Awsat
22/06/2014

I rischi per l’antico retaggio culturale iracheno
Traduzione di Claudia Avolio

Le antichità irachene e i monumenti storici, inclusi chiese e monasteri, non vengono risparmiati dalle minacce dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), che ha preso il controllo di Mosul lo scorso 10 giugno. Il sito distrutto più di recente è una statua del poeta di epoca abbaside Abu Tammam al-Taei, mentre ci sono preoccupazioni anche per presunti piani di far saltare in aria i mausolei dei due profeti Giona e Seth nei prossimi giorni.

L’uomo a capo del consiglio di Stato per le Antichità ed il Retaggio, Qais Hussein, ha riferito che “si è tentato di trafugare una serie di rari manoscritti iracheni da alcune biblioteche di Mosul per portarli in Turchia, compreso una rara copia del Corano che risale all’epoca abbaside”. Hussein ha assicurato che le autorità “si impegneranno per seguire il percorso dei manoscritti trafugati ed assicurarne sia il recupero che il perseguimento di quanti coinvolti nell’operazione”.

Il ministro del Turismo ha fatto invece appello alle organizzazioni internazionali affinché intervengano in modo tempestivo e prendano tutte le misure necessarie per proteggere le antichità irachene e monitorare i siti del retaggio culturale: “Ci sono oltre 4370 siti antichi diffusi attorno ai governatorati di Mosul, Diyala, Kirkuk, Anbar e Salah Al-Din soggetti ad atti di sabotaggio e furto organizzato da parte di bande specializzate sia locali e regionali che internazionali, oltre ai danni causati dalle operazioni militari”, ha affermato il ministro.

Anche l’UNESCO ha fatto appello agli iracheni ed al loro governo affinché l’affianchino nel proteggere il retaggio culturale dell’Iraq e di coadiuvare gli sforzi per contrastare il furto di antichità e il traffico illegale di manufatti. Il 17 giugno scorso il direttore generale dell’UNESCO Irina Bokova ha diffuso una nota in cui ha invitato “tutte le parti a frenare ogni forma di distruzione del retaggio culturale, siti religiosi inclusi” in quanto “la loro distruzione intenzionale rientra nei crimini di guerra ed è un duro colpo sferrato ai danni dell’identità e della storia del popolo iracheno”.

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