InfoPal
17/8/2014

La Fine dei Tempi della mistificazione israeliana
di Angela Lano

Viviamo nell’epoca orwelliana. Della Fine dei Tempi. Di Kali Yuga o di Mappo, com’è definita rispettivamente nei Libri sacri semitici, nell’Induismo e nel Buddismo, e nelle “religioni ancestrali”.

Tutti concordano nell’annunciare e delineare un’epoca particolare della Storia dell’Umanità, dove violenza inaudita, ingiustizia diffusa e radicata, capovolgimento della verità e dei fatti, Sonno della Ragione, dominano sovrane, come effetto di un Male e di Forze oscure e negative diffuse sulla Terra. E dove ingiustizia e guerre sono spacciate per giustizia e pace; menzogne sono chiamate verità; i fatti sono distorti e manipolati; pulizie etniche e genocidi, assassinii di massa sono definiti “diritto di difesa” da parte di eserciti potenti; guerre non convenzionali con armi di distruzione di massa sono propagandate per “interventi umanitari”. Guerre di rapina coloniale e imperiale sono definite “operazioni di democratizzazione”.

Il linguaggio, le parole, manipolate, vengono usate come veicolo di menzogne e distruzione. Una comunicazione diffusa da media mainstream occidentali e arabi si fa osceno strumento di morte e di inganno globale, al servizio di una potente lobby di avidi rapinatori di risorse terrestri e di vite umane. Una lobby dominata da una cupola mafiosa di poche famiglie, trasversale a ebraismo, cristianesimo e islam, in violazioni dei precetti morali di tutte e tre le religioni.

E’ una lotta sempre più evidente e sempre più forte tra Male e Bene, Oscurità e Luce di cui la Palestina è il centro per eccellenza, in quanto culla delle tre religioni semitiche e crocevia di tante culture e fedi storiche.

I mezzi di informazione ufficiali sono al servizio di chi vuole tenere in pugno l’umanità, asservendola agli Adoratori del Vitello d’Oro, a Mammona.

In cinque settimane di genocidio contro Gaza, i sionisti hanno tentato di convincere il mondo intero che Israele aveva diritto a difendersi.  Difendersi da chi? Da che cosa?

I fatti e la false bandiere che hanno portato al massacro di quasi 2000 gazawi

Il 12 giugno vennero rapiti, e subito uccisi, tre adolescenti, coloni e soldati, di un insediamento israeliano di Hebron.

Fino a quel momento, non c’erano né razzi né altre attività della resistenza palestinese ai confini con Israele, come scrive Rabbi Bruce Warshal nel suo pezzo: “Who started this war?”

Uno dei tre ragazzi rapiti telefonò al numero israeliano “911” dicendo: “Mi hanno rapito”, e poi spari, lamenti e un canto in arabo. L’auto abbandonata con fori di proiettili e il Dna dei tre ragazzi venne subito ritrovata, la sera stessa. La polizia israeliana, come emerse dopo settimane dalle dichiarazioni della stessa, non aveva dubbi: i giovani coloni erano già morti. Tuttavia, questa basilare informazione non fu divulgata né ai media e tantomeno ai genitori disperati, per decreto del diabolico e folle Netanyahu, che da vero criminale di guerra aveva ben altri piani: una guerra unilaterale contro Gaza, appunto.

Israele avviò dunque una ricerca dei tre ragazzi che sarebbe durata 18 giorni, durante i quali avrebbe messo la Cisgiordania, i Territori del ‘48 e Gerusalemme Est a ferro e fuoco, assaltando città e villaggi, case, scuole, moschee, centri caritatevoli, e imprigionando centinaia di palestinesi.

La ricerca dei tre giovani già morti coinvolse lo stato sionista per intero e l’Occidente ascaro, compresa l’Italia, dove anche a Roma campeggiavano, da luoghi pubblici, poster enormi, mentre l’orrido stratega Netanyahu già sapeva che la campagna di “salvataggio”, il “riportiamo a casa i nostri ragazzi” era una finta malvagia e sadica per giustificare nuove pulizie etniche. Sacrificò la disperazione di genitori e familiari, e scatenò un odio pari a un’ondata di razzismo nazista contro i Palestinesi.

Una febbre di vendetta contro i Palestinesi divampò in tutta la Cisgiordania e una gang di giovani coloni rapì e arse vivo un adolescente, in un rito di biblica memoria, facendogli bere benzina anziché piombo fuso. E altri bimbi scamparono miracolosamente ad analoghi tentativi di sequestro e morte rituale grazie alla prontezza di passanti.

L’obiettivo di Netanyahu era superiore a ogni considerazione logica: era quello di attaccare Hamas, distruggere il governo di coalizione nazionale palestinese faticosamente costruito dopo anni di conflitto interno, ogni possibilità di negoziato che conducesse alla creazione di uno stato moncherino su territori-bantustan; e, soprattutto, da buon sionista, continuare a controllare le fonti energetiche ed economiche del popolo di Palestina.

Lo stesso 12 giugno, infatti, Netanyahu dichiarò, senza uno straccio di prova – ma tanto sapeva che per l’Occidente non ce ne sarebbe stato bisogno – che era stato Hamas a rapire i tre giovani. Solo chi conosce la politica di Hamas e sa che non è nella sua linea uccidere soldati rapiti, quanto, invece, quella di tenerli in vita per scambiarli con i prigionieri politici, come avvenne nel 2011, con l’accordo Shalit (il militare rapito contro 1000 prigionieri), non ha mai creduto alla menzogna del primo ministro israeliano. Questi ha persino parlato di “prove” della colpevolezza di Hamas, prove che, ovviamente, non sono mai state rese pubbliche, in quanto inesistenti. Infatti, i tre ragazzi erano stati rapiti da un clan di provocatori di Hebron. La resistenza palestinese non c’entrava nulla.

Il 30 giugno, dopo tre settimane di violenze contro la Cisgiordania, la polizia “ritrova” i tre cadaveri e ammette che il colpevole non è Hamas, tuttavia, il 1° luglio, Israele bombarda la Striscia, sostenendo di voler punire Hamas.  Né gli israeliani né l’Occidente raccolgono la comunicazione della polizia, né la assimilano. La propaganda è più forte della verità, e i tre giovani morti sono ormai il simbolo “eroico” che unisce una società sconquassata e malata. Ottusità di cui il criminale Netanyahu ha bisogno per il suo nuovo sterminio di Palestinesi. Così, l’8 luglio, Israele dichiara guerra alla popolazione della Striscia, chiusa in gabbia da otto anni, senza possibilità né di difendersi a pari forze né di scappare.

Israele attacca. La Resistenza palestinese risponde come può. Tutte le fazioni, e non solo Hamas, come i nostri media stupidi ci raccontano, e come fanno eco sinistra e destra islamofobiche.

E così, quasi 2000 Palestinesi vengono immolati nel nuovo olocausto perpetrato dalle forze sioniste, pari per crudeltà, sadismo e follia, all’Inquisizione “cristiana” dei secoli passati, agli squartatori colonizzatori in America Latina, e ai nazisti. Oltre 9000 sono i feriti.

Le false paure di Israele

Israele non teme alcuno stato arabo, perché, chi più chi meno, sono quasi tutti suoi amici e collaboratori, per amore, per affari o per ricatto. Nessuna minaccia arriva da Giordania, Egitto e petro-monarchie del Golfo. Anzi, arrivano soldi per tenere in scacco i Palestinesi e Hamas. E poi altri soldi per ricostruire la Striscia bombardata, in un business perverso e disumano.

L’Anp di Abbas è un quisling dagli accordi di Oslo, un disastro storico-politico di enormi proporzioni, che diede impulso a una colonizzazione esponenziale di Cisgiordania e Gerusalemme.

I razzi della resistenza sono facilmente intercettabili dal sistema Iron Dome e non causano né morti né feriti, rappresentando solo uno “sfogo” psicologico, più che altro, per una popolazione di un milione e 700 mila persone rinchiuse da otto anni nel più grande lager della Storia umana.

La principale ragione di questa nuova guerra israeliana contro la Striscia di Gaza è la presenza di giacimenti di gas a largo delle coste palestinesi: Israele non vuole l’autonomia energetica della Striscia, come la Israeli Lobby, in generale, non vuole quella dell’Europa.

Gli obiettivi di Israele, infatti, non sono i razzi di Hamas e della resistenza, i tunnel o altro, ma il controllo delle fonti energetiche e idriche palestinesi, dei soldi dell’Anp (tasse e rimesse varie), e, di fatto, la pulizia etnica, lo sterminio della popolazione palestinese.

La propaganda israeliana, hasbara, veicolata dai media, ha raccontato ben altre “verità”, e cioè che Hamas ha iniziato le aggressioni, che s’è fatto scudo di donne e bambini, che Israele si stava difendendo dai terroristi, e che questo, nella sua operazione militare contro Gaza, ha provocato “danni collaterali”, cioè vittime civili, come errore e non come volontà precisa di genocidio.

Informazione e manipolazione, e la “rivoluzione” dei social network

Se un tg mandava in onda un servizio sui morti di Gaza, immediatamente dopo doveva “equilibrare” con un ridicolo reportage da qualche cittadina israeliana colpita dai razzi palestinesi, dove gli abitanti, ripresi come le vere vittime, raccontavano il loro “dramma” quotidiano e delle sirene che annunciavano qualche missile artigianale in caduta libera.

Due realtà bene diverse – una tragedia, un genocidio calcolato con sadica precisione – e il disagio causato da sirene e razzi – venivano messe sullo stesso piano, anzi, la seconda trovava molto più spazio della prima, in un comico, se non fosse stato vergognosamente immorale, tentativo di tenersi buoni i pericolosi amici sionisti evitando ritorsioni contro le redazione giornalistiche.

Un tg e un servizio peggiore dell’altro hanno tentato, ancora una volta, di oscurare le menti, manipolare le coscienze. E certamente con chi era già prevenuto e allineato alla propaganda sono riusciti nel loro intento, ma un numero sempre crescente di persone, in Italia, Europa e nel resto del mondo, ha utilizzato i social network per informarsi, attingendo, in tempo reale, notizie, corredate da foto inequivocabili, su ciò che realmente stava accadendo nella Striscia di Gaza.

E’ stata la sconfitta di Israele, della sua potente lobby e dei suoi ascari dell’informazione asservita. Una sconfitta morale, politica, mediatica. Non certo militare.

Sul piano militare, per quanto la resistenza palestinese – tutta quanta e non solo Hamas, come i media ci raccontavano – abbia assestato un duro colpo all’esercito israeliano, durante l’invasione di terra, provocando un numero elevato di morti tra i soldati, è impensabile di poter sconfiggere la super-tecnologica macchina di morte israeliana, rifornita dall’Occidente intero, Italia compresa, e con alle spalle banche e lobby finanziarie.

La rete dei social network – Fb, tweeter, whatsapp, siti, piccole agenzie stampa, ecc.- è ormai capillarmente diffusa e strumento molto utilizzato da giovani e adulti, assetati di verità e fatti non manipolati.

E’ stata una “rivoluzione mediatica” di massa, con milioni di persone in tutto il mondo che si sono scambiate informazioni, che sono scese in piazza – 150 mila solo a Londra -, che hanno mandato email di protesta ai giornali, che si sono fatte “bannare” dai siti dei media mainstream a causa di post di condanna di Israele.

Un pubblico trasversale, globale, indignato, ha attinto a notizie in modo autonomo, bypassando e snobbando i potenti media mainstream. Un dato di cui tenere conto.

Per la prima volta, a livello di “massa”, e senza timori di essere accusati di “anti-semitismo”, sono stati usati termini come “genocidio”, “sterminio”, “olocausto” in riferimento ai massacri sistematici di Palestinesi, e “nazismo” nei confronti di Israele.

Ebrei americani anti-sionisti hanno creato una mailing list chiamandola “olocausto di Gaza”. Altri hanno manifestato con grande sdegno contro i crimini israeliani. Insomma, l’Operazione “Protective Edge” (Barriera protettiva) ha rotto le barriere della disinformazione e della mistificazione linguistica, e ha scatenato la libera critica e condanna allo stato più canaglia del mondo e alla sua mafiosa e potente Lobby.

Il mondo ha iniziato a vedere Israele per ciò che è: un’entità coloniale oppressiva, violenta, nazista. Una minaccia non solo per il Vicino e Medio Oriente, ma per l’Umanità intera, in quanto emanazione di una potente e malvagia lobby, trasversale a ebraismo-cristianesimo-islam. La lobby sionista, appunto, di cui sono parte esponenti di famiglie del mondo finanziario, industriale e bellico, appartenenti a culture diverse ma ad una sola religione: quella del Vitello d’Oro, del dio denaro e dell’enorme, malvagio, potere che ne deriva.

Una lobby che, a livello materiale, domina il mondo occidentale e arabo, ma che non può dominare le menti, i cuori, le intelligenze, a meno che queste non glielo permettano.

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