pubblicato il 28 febbraio 2014 sulla rivista israeliana on line +972.

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01 mar 2014

La legge che divide Cristiani e Musulmani è una classica tattica coloniale
di Amjad Iraqi
traduzione a cura di Nena News

Invece di promuovere l’uguaglianza e una cittadinanza che non si basa sull’appartenenza razziale, in Israele i Parlamentari di destra hanno adottato una legge coloniale per indebolire la comunità non ebraica, una minaccia per l’ordine etnico del Paese.

Roma, 1 marzo 2014, Nena News – Tel Aviv, 1 marzo 2014, Nena News – La Knesset questa settimana ha promulgato una nuova legge che distingue legalmente in Israele i cittadini cristiani da quelli musulmani in materia di opportunità di lavoro . Anche se la norma non avrà un impatto significativo in sé, ci si aspetta l’introduzione di ulteriori disegni di legge volti a enfatizzare questa distinzione. Il membro della Knesset dietro il disegno di legge , Yariv Levin ( Likud – Beiteinu ), ritiene che tali misure di promozione della divisione dei cittadini palestinesi di Israele consentiranno allo Stato di utilizzare la comunità cristiana come “contrappeso ai musulmani che vogliono distruggere il paese dall’interno”.

Il processo che sta dietro la promulgazione della legge caratterizza la natura assurda e antidemocratica del trattamento da parte del governo israeliano dei suoi cittadini palestinesi. La legge , scritta e approvata unicamente dai partiti della destra ebraica, si basa sulla convinzione fantastica del parlamentare Levin che il cristianesimo, un’identità religiosa, non abbia alcuna compatibilità con l’essere arabo, un’identità etnico-culturale . Inoltre, pur essendo un problema che li riguarda direttamente , la legislazione ha continuato a essere disegnata senza il consenso dei leader palestinesi, degli intellettuali o dell’opinione pubblica – gran parte della quale è cristiana – per capire se erano d’accordo con la sua bizzarra premessa.

La cosa che colpisce di più della legge, tuttavia, è come i suoi obiettivi siano palesemente coloniali. Essa mira a replicare una tattica classica applicata dai dominatori coloniali in Africa , Medio Oriente e in altre regioni per separare le popolazioni locali in base alla loro setta, etnia o altra identità . Queste differenziazioni sono state sfruttate per guadagnare alleati nativi, agitare le rivalità locali per obiettivi strategici o proiettare un’ideologia basata sulla razza dello Stato. La Gran Bretagna l’ha usata in Iraq, la Francia in Algeria, il Belgio in Ruanda, come ha fatto il regime dell’apartheid in Sud Africa, solo per citarne alcuni.

La storia dimostra che queste politiche marchiano le popolazioni colpite con i loro lasciti politici, sociali ed economici gravi. Ma mentre noi guardiamo indietro a questi programmi coloniali come fonte di molti dei conflitti odierni e di diseguaglianze sociali, Israele sembra essere appassionata al loro rilancio . A fronte di richieste palestinesi per l’uguaglianza e la responsabilità contro la discriminazione di Stato, il governo sta adottando misure sempre più severe per indebolire la “minaccia” delle comunità non ebraiche all’ordine etnico. Dopo una marea di restrizioni legislative sui diritti dei cittadini palestinesi, i Parlamentari di destra si sono ora mossi per creare classi settarie separate e rompere l’identità collettiva della minoranza palestinese.

Questa strategia del “divide et impera” dei cittadini palestinesi non è un fenomeno nuovo in Israele, ed è stata infatti una politica attiva dello Stato dal 1948 (leggi “Arabi buoni” di Hillel Cohen per un’introduzione). Ma questa è la prima volta che è stato avviato un tale sforzo concertato per trasformare questa politica in legge ufficiale. Con il crescente incitamento degli alti funzionari israeliani (vedi le recenti dichiarazioni del ministro dell’Economia, Naftali Bennett e del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman), i cittadini arabi stanno affrontando un’ondata senza precedenti di attacchi non solo ai loro diritti di cittadini, ma contro il tessuto stesso della loro identità. Organizzazioni palestinesi hanno giustamente condannato “le motivazioni politiche coloniali” dietro la legge e avvertito che “prefigurano l’emanazione di normative più razziste”.

Il danno provocato da queste leggi settarie potrebbe aver meno a che fare con i loro effetti sui cittadini palestinesi, che le hanno respinte in blocco, ma più con il vanificare l’idea secondo cui la cittadinanza israeliana protegge i palestinesi dalla concezione di maggioranza ebraica. Invece di promuovere l’uguaglianza e una cittadinanza che non si basa sull’appartenenza razziale, lo Stato ha dimostrato che è pronto a sospendere tutti i principi e i processi democratici, al fine di mantenere la sua visione discriminatoria della società . E non è meno allarmante che estremisti politici ebraici possano avere l’arroganza, per non parlare del potere, di decidere l’identità dei non-ebrei nel paese e dividerli in categorie giuridiche distinte. La risposta a questa iniziativa pericolosa è quindi non solo chiedere l’immediata cancellazione di questa legge più recente, ma anche condannare la cultura politica israeliana che consente e incoraggia tale legislazione coloniale e razzista nell’interesse della difesa dello “Stato ebraico”. Le identità dovrebbero essere accolte sotto una visione multiculturale dello stato e della società, non dovrebbero essere fattori determinanti per stabilire fino a che punto una persona può avere propri diritti. Nena News.


Amjad Iraqi è un coordinatore internazionale di Adalah – Il Centro Legale per i diritti delle minoranze arabe in Israele. I pareri in questo articolo sono dell’autore e non rappresentano le opinioni di Adalah

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