http://www.icahd.org/
martedì 29 aprile 2014

La Corte suprema israeliana chiede che i palestinesi partecipino alla pianificazione territoriale nell'Area C
Jeff Halper, Direttore dell’ICAHD
traduzione di Amedeo Rossi

Gerusalemme, 28 aprile

La Corte Suprema ha emesso oggi una sentenza provvisoria in risposta a un esposto promosso da Rabbini per i Diritti Umani, ICAHD, YLAC, St. Yves e il villaggio palestinese di  Ad-Dirat-Al-Rfai’ya, in cui si chiede che la responsabilità della pianificazione territoriale venga restituita ai palestinesi che vivono nell'area C, cioè nel 62% della Cisgiordania sotto totale controllo israeliano. La sentenza ordina allo Stato di proporre entro 90 giorni forme istituzionali per permettere la partecipazione dei palestinesi dell'Area C nei processi di pianificazione che riguardano le loro vite. I giudici Rubinstein, Handel e Solberg hanno anche manifestato insoddisfazione riguardo all'attuale situazione della pianificazione ed hanno respinto l'argomento [proposto] dallo Stato che il sistema attuale già prevede la partecipazione dei Palestinesi e che pertanto lo status quo non dovrebbe cambiare.

I giudici hanno anche richiesto che lo Stato dia spiegazioni in merito ai dati esposti dai promotori della petizione che denunciano gravi discriminazioni e una carenza di adeguata pianificazione per i palestinesi nell'Area C. Ai promotori della petizione sono stati concessi 30 giorni per fare le proprie osservazioni dopo che lo Stato abbia accolto la loro proposta.

La risposta dell'ICAHD:

L'ICAHD in genere non promuove né aderisce a ricorsi presentati alla Suprema Corte Israeliana riguardo alla situazione nei Territori Occupati per la stessa ragione per cui non fornisce di solito aiuto legale ai palestinesi in caso di demolizione delle loro case né li aiuta ad ottenere concessioni edilizie: questo tipo di assistenza umanitaria può aiutare singole famiglie nell'immediato (anche se raramente), ma, attraverso la legittimazione dell'autorità di Israele a governare i Territori Occupati Palestinesi in violazione delle leggi internazionali, queste azioni non fanno altro che perpetuare l'occupazione.

Noi ci siamo uniti a questo esposto per tre ragioni. In primo luogo, solleva per la prima volta davanti alla Corte Suprema la questione del trasferimento forzato dei palestinesi all'interno dei Territori Occupati come risultato di una politica deliberata e pianificata di Israele; in secondo luogo, se fosse accolto dalla Corte Suprema (cosa molto improbabile), la demolizione delle case terminerebbe; infine, una serie di villaggi palestinesi che sono colpiti dalle demolizioni si sono uniti al ricorso e lo hanno sostenuto. Tuttavia, tutto ciò suscita il crudele dilemma che ci è noto: sumud (resistenza) o liberazione? Aiutare gli oppressi a rimanere sulla loro terra con ogni mezzo possibile, o accettare il rischio che i gesti umanitari possano solo prolungare l'ingiustizia?

I tre giudici  coinvolti nell'udienza del 28 rappresentano l'ala più conservatrice della Corte Suprema in materia di demolizioni, pianificazione territoriale e insediamenti (il giudice Sohlberg vive in una colonia in Cisgiordania). Da qui la nostra sorpresa quando non solo hanno ascoltato i nostri argomenti e hanno riconosciuto che il processo di pianificazione è viziato (benché non entrino nel merito delle politiche che stanno dietro questo "vizio"), ma hanno emesso [una sentenza] che intima allo Stato a trovare un modo di accogliere le nostre osservazioni. Tuttavia, imporre semplicemente allo Stato di trovare un "compromesso"è un modo di ignorare la fondamentale ingiustizia dell'occupazione e la palese illegalità dei suoi meccanismi di pianificazione. Questo modo di affrontare il problema lascia intatti il complessivo sistema di pianificazione e di occupazione, al prezzo di concedere ai palestinesi un concessione unicamente simbolica.

Infatti, lo stesso giorno dell'udienza sono apparsi sulla stampa israeliana  due notizie che hanno smentito categoricamente  le affermazioni dello Stato, secondo il quale la pianificazione nell'Area C ha tenuto conto delle necessità dei palestinesi ed è stata fatta su basi prettamente tecniche. La prima: Il generale Yoav Mordechai, coordinatore delle attività militari nei Territori Occupati, ha testimoniato di fronte alla Knesset che la pianificazione territoriale nell'Area C è stata bloccata per "punire" i palestinesi per essersi rivolti all'ONU. La seconda: l'Amministrazione civile, il governo militare che si occupa della pianificazione territoriale in Cisgiordania, ha confiscato 6.919 acri [circa 280 ettari] di terra ai proprietari palestinesi per  “ingrossare” gli insediamenti, nei quali sono state approvate 14.000 nuove unità abitative solo negli ultimi mesi dei falliti colloqui [di pace] di Kerry. Trattare il processo di pianificazione territoriale nell'Area C semplicemente come una questione tecnica ignorando le strategia politica che ci sta dietro, come i giudici hanno preferito fare, ovviamente ignora la fonte reale del problema.

Noi staremo ad aspettare per vedere quello che lo Stato si inventerà e poi decidere con i nostri partner palestinesi come rispondere. Cosa [succede] se lo Stato offre di reinsediare i comitati di pianificazione territoriale locali e garantisce di non porre il veto automaticamente alle loro decisioni, come in molti casi delle pianificazione israeliana? Ciò è altamente improbabile, naturalmente, ma cosa succederà se semplicemente il riconoscimento delle comunità palestinesi attraverso i loro comitati locali di pianificazione territoriale fornirà loro una qualche forma di sicurezza rispetto alle espulsioni, di cui non godono ora? Di nuovo, questo spinoso problema del sumud versus liberazione.

A quel punto l' ICAHD, che sostiene il sumud insieme alla liberazione, rifiuterebbe qualunque compromesso che non concedesse alla popolazione palestinese il completo controllo sulla pianificazione. Questo dovrebbe obbligare la Corte a riportare la pianificazione nell'Area C all'interno delle leggi internazionali (ovvero, ripristinare i comitati di pianificazione palestinesi così com'erano prima della loro abolizione per ordine militare nel 1971) - cosa che non succederà- o dichiarare la propria incompetenza trattandosi di una questione "politica" e non "giudiziaria". Quantomeno la questione è stata sollevata in una corte di giustizia, la giustizia di Israele e la rispondenza alle leggi internazionali sarà messa in evidenza per quello che è e ai pianificatori della colonizzazione verrà notificato che sono sotto sorveglianza.

top