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martedì 4 febbraio 2014

Il partito dei coloni minaccia Netanyahu

"Casa Ebraica" lascerà il governo se l'"accordo quadro" con i palestinesi non sarà "conforme ai suoi principi". Il 77% degli israeliani sostiene l'"ebraicità" d'Israele.

Roma, 4 febbraio 2014, Nena News

Continuano le minacce di "Casa Ebraica" al premier Netanyahu. Oggi il Ministro dell'Economia, Naftali Bennet, ha dichiarato che il suo partito lascerà la coalizione governativa nel caso in cui il governo dovesse accettare un "accordo quadro" con i palestinesi che non è "coerente con i principi del gruppo". Pericolo che, ovviamente, non dovrebbe presentarsi per Netanyahu nel caso in cui il piano del Segretario di Stato americano Kerry dovesse seguire le aspirazioni del "partito dei coloni".

Dopo aver criticato aspramente il mediatore statunitense la scorsa settimana - Kerry ha avvertito la leadership israeliana dei grossi pericoli che Tel Aviv potrebbe affrontare qualora lo status quo con i palestinesi dovesse rimanere - stamane Bennet ha dichiarato trionfalmente: "io credo nella nostra nazione quando si solleva contro le minacce, così come ha fatto questa settimana contro il boicottaggio". Sulla stessa lunghezza d'onda il suo collega di partito nonché Ministro della Costruzione e Abitazione, Uri Ariel: "noi di Casa Ebraica non firmeremo nessuna carta in cui viene ceduta la Terra ebraica".

Non temendo le ripercussione (tiepide per la verità) dell'Unione Europea e di Washington, Ariel ha espresso il suo desiderio di continuare a costruire nelle colonie: "sto progettando migliaia di nuove case in tutta la Terra. E quanto dico 'tutta la Terra' lo faccio apposta".

Quasi a sfidare gli alleati occidentali Ariel ha poi aggiunto: "lasciatemi dire ancora, ad alta voce e chiaramente, ai nostri amici all'estero: fra il mare e il fiume Giordano ci sarà un solo stato, quello d'Israele". Il Ministro ha attaccato la campagna internazionale di boicottaggio e disinvestimenti che in questa fase sta registrando numerosi successi: "La pressione esterna è ingiusta e non porterà alla pace. Lo ripeto, amici miei dall'altra parte del mare, non minacciateci dicendoci che saremo boicottati. Il popolo ebraico non rinuncerà alla sua terra, né ai nostri principi per soldi". 

Ma in Israele non è solo "Casa Ebraica" a pensarla in questo modo. Secondo un sondaggio effettuato dall' "Istituto di Democrazia d'Israele" e dall'Università di Tel Aviv su un campione di 609 persone, il 77% degli ebrei israeliani crede che sia "importante" che i palestinesi riconoscano Israele come "stato ebraico" mentre solo il 21% reputa questo aspetto "non importante". I dati differiscono a seconda dell'appartenenza politica dell'intervistato. Tuttavia il dato interessante è che anche a "sinistra" le posizioni espresse su questo aspetto chiave del conflitto arabo-israeliano non sono molto diverse da quelle della destra e del centro. Mentre a destra il 77% ritiene l'"ebraicità dello stato" una componente fondamentale di Israele, questo numero sale all'84% tra i centristi e si attesta al 63% a sinistra. 

C'è poi la questione rifugiati. L'81% degli ebrei israeliani si oppone al ritorno in Israele anche di un numero limitato di rifugiati palestinesi come condizione per raggiungere la pace. Il 74%, inoltre, non vuole ammettere neanche una parziale responsabilità per la sofferenza dei palestinesi, come ad esempio quella dei rifugiati.

E sullo "scambio dei territori", il 51% degli israeliani si dice favorevole al Piano Lieberman. Solo il 43% si mostra contrario. Secondo la recente proposta dell'attuale Ministro degli Esteri israeliano, Tel Aviv annetterebbe i blocchi di insediamenti in Cisgiordania cedendo al futuro Stato di Palestina il Triangolo (zona in Israele ad est di Haifa confinante con la linea verde dove si concentrano villaggi e città arabe) e parti della Galilea abitate a maggioranza da "arabi". Nena News

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