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15 settembre 2014

I refusenik sono criminali

Lo ha detto il ministro della Difesa Moshe Ya’alon a proposito dei 43 riservisti dell’unità 8200 che venerdì scorso avevano dichiarato pubblicamente di non voler servire nei Territori occupati per la “persecuzione politica” praticata nei confronti della popolazione palestinese

Roma, 15 settembre 2014, Nena News

I 43 riservisti israeliani dell’unità 8200 dei servizi segreti che venerdì scorso avevano diffuso una lettera in cui dichiaravano di rifiutare di servire nei Territori palestinesi occupati sarebbero “criminali”. E pertanto a rischio di incriminazione. Lo ha dichiarato questa mattina il ministro della Difesa israeliano Moshe Ya’alon che, intervenendo alla conferenza sulla cyber-sicurezza in programma a Tel Aviv da ieri, ha ventilato l’ipotesi di un procedimento penale nei loro confronti. “Il loro rifiuto – ha spiegato Ya’alon – è motivato da ragioni politiche, non morali. I soldati dovrebbero andare dai loro comandanti quando hanno un problema. I nostri ufficiali e soldati stanno facendo un lavoro sacro che salva molte vite e che merita la nostra gratitudine. Non permetterò un abuso politico come questo e coloro che hanno firmato questo documento saranno trattati come criminali”.

Il ministro della Difesa, che ha descritto la lettera di rifiuto come “un tentativo stupido e osceno di sostenere la falsa campagna di delegittimazione contro lo Stato di Israele e contro i soldati dell’IDF”, è stato solo l’ultimo di una serie di personaggi a reagire in modo furibondo alla dichiarazione dei 43 riservisti: contro di loro si erano scagliati in primis 200 tra i loro compagni d’armi della medesima unità, che avevano pubblicato venerdì notte una “contro-lettera” esprimendo “shock e disgusto” verso coloro che avevano scelto “il rifiuto politico piuttosto che l’unità”, spiegando che “quando si viene chiamati in guerra, si mettono da parte le preferenze politiche” e lodando l’integrità e la professionalità dell’unità 8200, il cui lavoro “in molti casi ha portato alla salvezza di vite umane da entrambe le parti”.

La lettera dei refusenik aveva catalizzato lo sdegno della quasi totalità della Knesset, sia nella coalizione al governo che nell’opposizione: Yariv Levin del Likud (lo stesso che aveva promosso un disegno di legge per distinguere legalmente tra “arabi cristiani”, cui è stato anche esteso il servizio militare, e un più generico e dispregiativo”palestinesi” con l’intento, proclamato ufficialmente, di “dividere la società palestinese”, ndr) aveva giudicato i riservisti in questione “indegni di servire nella più prestigiosa unità dell’esercito”, mentre Tzipi Hotovely, sempre del Likud, aveva definito la lettera “il risultato delle inadeguatezze morali del sistema educativo israeliano”, come a dire che bisogna lavorare sulla scuola perché instilli in tutti i suoi giovani cittadini l’attaccamento cieco e acritico a una forza militare di occupazione. Yitzhac Herzog, capo dell’opposizione, ha invece espresso il suo “disgusto” verso coloro che rifiutano di servire in un’unità “che amo e in cui servo come riservista da decenni”, spiegando che “anche se ci sono degli errori, ci sono molti modi per lamentarsi e per trasformare i lamenti in una discussione o in un’inchiesta, ma non incoraggiando al rifiuto di servire nell’esercito”.

Le parole più dure, quelle che hanno minacciato il ricorso alla corte militare, sono venute dai vertici dello Stato: ieri il generale Motti Almoz, portavoce dell’esercito israeliano, aveva scritto sul proprio profilo Facebook che i refusenik affronteranno “un procedimento disciplinare che sarà nitido e chiaro” aggiungendo che “non c’è posto per il rifiuto nell’IDF”. Parallelamente, il premier Benjamin Netanyahu aveva affrontato l’argomento dal palco della conferenza sulla cyber-sicurezza, accusando i riservisti di “calunnia senza fondamento” e tuonando che “si tratta di un atto di sfruttamento politico nei confronti delle Forze di sicurezza israeliane che deve essere condannato”. Immancabili, le lodi del premier israeliano all’esercito “più morale del mondo, che svolge missioni per salvaguardare la nostra sicurezza”.

Proprio sulla presunta “sicurezza”  era incentrata la denuncia dei 43 soldati: secondo quanto rivelato nella lettera sulle modalità operative dell’unità 8200, infatti, in molti casi le attività di spionaggio e controllo della popolazione palestinese avrebbero poco a che fare con la sicurezza e con la difesa di Israele. I dati raccolti dall’unità – che lavora sulle telecomunicazioni e sul web – per la maggior parte dei casi sarebbero un mezzo per “infiltrarsi, spiare ogni dettaglio della vita quotidiana dei palestinesi, ricattare alcune persone per farle diventare collaboratori minacciando di rivelare dati personali e creare così divisioni all’interno della società palestinese”. Il tutto, come denunciano i refusenik, effettuato su una popolazione per la maggior parte lontana da ogni attività terroristica o militare.

Non è ancora chiaro, come spiega il quotidiano The Guardian, quali saranno le conseguenze penali a cui andranno incontro i 43 riservisti refusenik, che avevano già preso contatti con un legale di spicco per assicurarsi che la lettera e le loro testimonianze non stessero infrangendo la legge. Inoltre, dichiarano di aver sottoposto la lettera alle autorità israeliane prima della sua pubblicazione venerdì scorso. Certo è che la loro eventuale incriminazione potrebbe costituire un precedente importante nel trattamento dei riservisti, che non avevano mai avuto conseguenze penali per le lettere di rifiuto inviate

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