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mercoledì 8 gennaio 2014

Bahrein, stop alle armi per la repressione
di Giorgia Grifoni



Il ministero della Difesa sudcoreano ha bloccato ieri una partita da 3 milioni di lacrimogeni, per un valore di 28 milioni di dollari. Vittoria degli attivisti

Roma, 8 gennaio 2014, Nena News

Una partita di lacrimogeni del valore di 28 milioni di dollari destinati a sedare le rivolte - giunte ormai al quarto anno di vita - della maggioranza sciita del Bahrein è stata bloccata ieri dalle autorità sudcoreane. Il motivo, stando a quanto dichiarato dal portavoce del ministero della difesa di Seul Lee Jung-Geun sulle pagine del Financial Times, è "l'instabilità politica del Paese, la morte di alcune persone colpite dai candelotti e le pressioni delle organizzazioni per i diritti umani".



Il ministero della Difesa di Seul, competente nel commercio delle armi, ha impedito all'ultimo momento - "ad accordo quasi concluso", ha spiegato Jung-Geun - la partenza del carico con destinazione Manama. Fondamentale è stata la pressione delle organizzazioni per i diritti umani, prima tra tutti Bahrein Watch, che hanno letteralmente inondato di e-mail di protesta le compagnie sudcoreane coinvolte: ascoltando le richieste degli attivisti, la Confederazione coreana dei sindacati ha poi condannato l'accordo sui gas lacrimogeni e ha esortato le autorità a impedire la spedizione, lamentando preoccupazioni umanitarie.



Proprio Bahrein Watch nell'ottobre scorso era riuscita a mettere le mani su un bando di gara del Ministero dell'Interno di Manama per un ordine di 1,6 milioni di candelotti di gas dal paese orientale, assieme a 145 mila proiettili di gomma e granate flash e 90 mila granate lacrimogene. Un dirigente della Daekwang Chemical Corporation - una delle due aziende che dovevano rifornire di armi il piccolo emirato - aveva però rivelato che la partita era più alta: 3 milioni di candelotti, per un valore di 28 milioni di dollari.



Abbastanza, secondo un commento del quotidiano al-Akhbar, da colpire 5 volte ognuno dei 600 mila abitanti del regno coinvolti nelle sollevazioni. "La polizia - ha spiegato Ala'a Shehabi, co-fondatrice di Bahrein Watch ad al-Akhbar - spara centinaia di colpi su base giornaliera: ha bisogno di un numero così grande di munizioni per mantenere il costante stato di repressione". Poco tempo prima il gruppo di pressione Physicians for Human Rights aveva documentato 39 casi di decessi in Bahrein relativi agli attacchi con gas lacrimogeni, tra cui il soffocamento e i colpi diretti alla testa.



Esultano le organizzazioni per i diritti umani: "Questa - ha dichiarato Shehabi - è una grande vittoria per noi. La Corea del Sud non poteva moralmente difendere l'esportazione di gas lacrimogeni verso il Bahrain". "La Corea del Sud - ha detto invece Brian Wood, responsabile del controllo degli armamenti e diritti umani di Amnesty International - sta inviando un chiaro messaggio: la repressione in corso di proteste pacifiche da parte delle autorità del Bahrein è inaccettabile e non sarà premiata con futuri trasferimenti di armi. I paesi - ha aggiunto Wood - che continuano a rifornire il Paese di armi prendano atto".



Il prossimo passo di Bahrein Watch è quello di convincere Sud Africa e Cipro a interrompere la fornitura di pallini da caccia verso il Bahrein, regolarmente utilizzati per attaccare le proteste anti-regime quasi quotidiane in tutti i villaggi dell'isola. Una protesta che ha provocato almeno 89 morti - secondo il Centro per i Diritti Umani del Bahrein - dal suo esordio nel febbraio del 2011, oltre a una legislazione da Medioevo che colpisce soprattutto i giovani pescati nelle strade durante le proteste: centinaia di ragazzi sotto i 17 anni rischiano anni di carcere, come i loro genitori rei - secondo le nuove norme promulgate dagli al-Khalifa - di essere stati "negligenti" nell'educarli.



Circa 3 mila tra manifestanti, attivisti, oppositori politici e persino dottori - la loro colpa è quella di aver curato i manifestanti feriti - sono invece rinchiusi in carcere per aver preso parte alle proteste contro il regime sunnita degli al-Khalifa, che regna indisturbato da oltre due secoli schiacciando la maggioranza sciita della popolazione dell'isola. L'ultimo a scomparire nelle carceri dell'emirato è stato, il 26 dicembre scorso, Ahmed al-Fardan, fotografo dell'agenzia Nurphoto che per primo fece conoscere al mondo le sollevazioni del Bahrein. Nena News.

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