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Mercoledì 08 Ottobre 2014

Infuria la battaglia a Kobane tra gli interessi delle potenze

Proseguono i combattimenti strada per strada, casa per casa, a Kobane, città siriana al confine con la Turchia. Contrariamente alle voci che circolavano nelle scorse giornate, Kobane non è caduta, l'esito del conflitto è tuttora incerto mentre le milizie dell'YPG e quelle Stato Islamico si affrontano in uno scontro all'ultimo sangue, nel quale gli obiettivi gepolitici delle grandi potenze dell'area sono sempre più determinanti nel bilancio dello scontro.

Erdogan ha dichiarato che per la Turchia il PKK costituisce un nemico di pari grado di quello rappresentato dallo Stato Islamico, e che scenderà in campo contro l'IS soltanto a condizione che le sue richieste vengano esaudite. Di fatto, queste si sublimano nel definitivo via libera alla destituzione di Assad dalla Siria, preceduto dall'istituzione di una no-fly zone e dal finanziamento alle milizie anti-Assad in lotta contro il presidente alawita.

In quest'ottica anche gli USA vanno a nozze con la strategia turca. Non avendo eliminato il presidente siriano a causa dell'opposizione soprattutto russa e delle complicazioni che una nuova offensiva militare avrebbe avuto a livello interno, il ruolo svolto finora dall'ISIS in termini di destabilizzazione del Medio Oriente può condurre cosi al risultato desiderato con altri mezzi.

Il risultato dello scontro è tuttora incerto: se fino a ieri sembrava che l'IS avesse preso gran parte della città, le ultime news raccontano di militanti dello stesso IS in fuga da Kobane a seguito dei bombardamenti americani, che tuttavia non hanno minimamente messo in campo una strategia decisa alla risoluzione del conflitto, sembrando piu che altro decisi a prendere tempo.

Quello che è certo è che ad Erdogan non dispiacerebbe senza dubbio intervenire solo una volta che le milizie curde fossero state sterminate, esasperando sempre di più però la situazione nell'area sudorientale del paese. Continuano infatti in Turchia le manifestazioni dei curdi contro il governo e le sue decisioni scellerate, che stanno mandando incontro alla morte centinaia di persone a Kobane e fornendo nuovi pretesti a Erdogan per attaccare il PKK (nonostante il processo di pace aperto da quest'ultimo negli ultimi mesi, a questo punto quasi definitivamente compromesso).

12 persone sono morte negli scorsi giorni durante cortei di protesta, di cui 8 nella sola Diyarbakir, con le autorità turche che continuano a difendere il proprio operato e a rifiutare di unirsi in un'operazione contro l'IS.

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