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6 ottobre 2014

Il Libano ostaggio della Siria

Nuovi attacchi dei jihadisti contro Hezbollah nella valle della Bekaa. Al-Nusra, schiacciata tra le montagne e Assad, cambia strategia e chiede alle autorità di Beirut un corridoio umanitario in cambio della liberazione degli ostaggi libanesi

Roma, 6 ottobre 2014, Nena News –

Il Libano già nelle mani dei qaedisti? Sembra mancare poco. Riesplodono le tensioni nell’est del Paese: oggi due razzi sparati dalle montagne al confine con la Siria sarebbero caduti nella cittadina nordorientale di Hermel, mentre ieri, secondo quanto riporta la Reuters, un centinaio di miliziani del fronte al-Nusra avrebbe attaccato diversi check-point e postazioni di Hezbollah sulle propaggini orientali della Bekaa, nella zona montagnosa al confine con la Siria. Il bilancio delle vittime tra i militanti del Partito di Dio va dalle 5 alle 10 a seconda delle fonti, mentre i jihadisti uccisi sarebbero almeno 16. L’attacco è avvenuto nella zona di Britel, a metà strada tra Zahle e Baalbek, ed è l’ultimo di una serie di azioni portate avanti dal fronte siriano di ispirazione qaedista in territorio libanese. Due settimane fa era toccato a un posto di blocco di Hezbollah nel villaggio di Khraibeh, sempre nella valle della Bekaa, attaccato da miliziani del fronte al-Nusra: tre sono rimasti uccisi e numerosi feriti.

Con la coalizione [antisiriana, ndr] del 14 Marzo che accusa Hezbollah di aver portato il terrorismo jihadista nel Paese dei Cedri a causa della sua partecipazione al conflitto siriano al fianco del regime di Assad – il fronte al-Nusra ha definito più volte i suoi attacchi in Libano una “vendetta” contro lo schieramento del Partito di Dio nella guerra siriana e in particolare nella battaglia di Qusayr – il problema sembrerebbe di facile soluzione: il governo libanese dovrebbe forzare Hezbollah a ritirarsi dal risiko siriano, come ha tuonato anche stamattina Samir Geagea, leader delle Forze libanesi [coalizione del 14 Marzo, ndr] e noto miliziano d’antan. In questo modo, sostiene Geagea,  il controllo della frontiera sarebbe saldamente nelle mani dell’esercito libanese e il ritiro assicurerebbe il ritorno dei soldati e dei poliziotti rapiti dal gruppo qaedista due mesi fa nella battaglia di Arsal.

Geagea dimentica forse che l’esercito libanese non ha mai avuto il controllo di nessun territorio, a eccezione forse del campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, raso al suolo dai militari di Beirut nel 2007. Proprio l’esercito due mesi fa era stato vittima dell’assalto più sanguinoso sul suolo libanese dall’inizio del conflitto siriano: centinaia di miliziani jihadisti avevano fatto irruzione nella cittadina di frontiera di Arsal, occupandola in poche ore, sequestrando una trentina tra soldati e poliziotti e lasciando sul terreno 42 civili, 17 soldati e un numero imprecisato di miliziani uccisi. Da allora, tre soldati sono stati decapitati dal gruppo qaedista e pochi altri rilasciati: il resto è ostaggio del difficile negoziato tra Beirut e al-Nusra. Geagea dimentica anche tra le condizioni del rilascio i gruppi jihadisti c’è soprattutto lo scambio di prigionieri e la fine dell’accerchiamento da parte dell’esercito dei campi di rifugiati al confine con la Siria. Inoltre, i miliziani siriani hanno chiesto di lasciare aperto l’ultimo canale (clandestino) di comunicazione tra i due paesi.

Con l’avvicinarsi dell’inverno, la paura di rimanere intrappolati sulle montagne alle spalle del territorio riconquistato da Bashar al-Assad è grande. Per questo, come riporta il quotidiano kuwaitiano al-Anba, i sequestratori hanno cambiato le loro richieste: non puntano più sul rilascio dei prigionieri o sull’allentamento delle misure di sicurezza dell’esercito intorno ai campi profughi siriani, ma esortano le autorità a non tagliare i passaggi che dalle montagne portano ad Arsal e alla sua periferia, chiedendo di aprire un corridoio “umanitario” per visitare le proprie famiglie nella zona. Inoltre, vogliono che gli accampamenti dei siriani non siano spostati fuori città e che i passaggi di beni di prima necessità verso le periferie non siano bloccati. Richieste che, se accolte, istituirebbero de iure la presenza di al-Nusra in Libano, una sorta di lasciapassare per scorrazzare liberamente nel paese.

Difficile prevedere cosa farà il debole governo di Beirut: bombardare le montagne in coordinazione con la coalizione internazionale anti-Isis, come chiede a gran voce il fronte del 14 Marzo capitanato da Geagea? Oppure, come suggerisce il comandante dell’esercito libanese, il generale Jean Qahwaji, aspettare che l’inverno aiuti a far pressione sui miliziani intrappolati per il rilascio? Sembra relegata in ultima istanza, invece, la possibilità di negoziare, con la coalizione dell’8 Marzo [capitanata da Hezbollah e dai cristiani del Movimento Libero Patriottico di Michel Aoun, ndr]: i parenti dei soldati rapiti accusano le autorità di Beirut di non fare abbastanza per riportare a casa i propri cari e intanto monta la rabbia contro le istituzioni che “non hanno dignità e che ancora una volta ci hanno abbandonati”, come ha dichiarato un parente degli ostaggi al canale televisivo LBC. L’esercito libanese appare ancora troppo debole per fare la voce grossa contro i miliziani qaedisti, in un paese in cui le cellule jihadiste sono attive da molto tempo grazie al fatto di aver potuto tranquillamente attraversare piuttosto mal presidiata dai soldati di Beirut. Negoziati o no, Hezbollah o no, il Libano è ostaggio della Siria. Di nuovo. Nena News

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