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29 maggio 2014

Haftar guida un colpo di stato
di Ramzy Baroud
Traduzione di Maria Chiara Starace

Il 16 maggio, il furfante, generale Khalifa Haftar ha organizzato diversi attacchi sanguinosi contro altre milizie libiche in nome dello sradicamento del terrorismo, guidando una forza paramilitare chiamata evasivamente Esercito Nazionale Libico. Le sue brigate bene equipaggiate sono state rapidamente raggiunte da ufficiali delle basi dell’esercito nazionale nelle zone orientali del paese.

Anche unità dell’aviazione militare si sono unite, insieme a uomini armati e ad altre milizie, in particolare la forte e famigerata milizia Zantan. Gli attacchi ben coordinati, denominati Operazione Karama, o Dignità, hanno provocato pesanti perdite.

Quando Karama non è la dignità

Poi, con audacia senza precedenti, giovedì ha colpito il parlamento, facendo scappare i legislatori libici del Consiglio Generale Nazionale che scappavano per  cercare di salvarsi la vita.  Tra le richieste di Haftar: le dimissioni del parlamento  e della magistratura per prendere il controllo degli affari del paese fino alle successive elezioni in programma per il 25 giugno. Si suppone  che l’uomo sia il proponente di un governo civile democraticamente eletto: una contraddizione che sta diventando molto comune nel Medio Oriente del dopo ‘Primavera Araba’.

Durante l’attacco al parlamento e il sequestro degli edifici governativi, le forze di Haftar sono state appoggiate da aerei da guerra e da elicotteri. La dimostrazione di forze è stata imponente anche per la Libia del dopo-ribellione e dopo la guerra guidata dalla NATO dove le armi erano disponibili in abbondanza. Inutile dire, che Haftar non è un generale furfante che agisce da solo. E’ appoggiato dall’ex Primo ministro libico Ali Zeidan, e ha forti e ricchi sostenitori libici e arabi. La sua lunga storia di relazioni con la CIA non è né “fuorviante” né una “vecchia notizia” come indicato da un recente articolo sul quotidiano inglese The Guardian. Ma quale è la storia di Haftar? E riuscirà a diventare l’equivalente libico del generale egiziano Abdel Fattah al-Sisi?

Il ‘golpe’ di febbraio

Haftar ha perseguito attivamente un discorso mediatico analogo a quello dell’egiziano Sisi che ha preso il potere dopo aver rovesciato, nel luglio 2013, il governo democraticamente eletto di Mohammed Morsi. Sisi aveva mascherato la sua azione con un lessico basato su una logica molto semplice: associare la Fratellanza Musulmana al terrorismo, e giurare di distruggere i “terroristi” che si suppone minaccino la sicurezza nazionale dell’Egitto. In una serie di interviste, compresa una con il canale televisivo statunitense Fox News, Sisi avvertiva del pericolo del terrorismo proveniente dalla Libia orientale, e chiedeva l’appoggio militare degli Stati Uniti. L’argomento della “sicurezza nazionale” sta aiutando Sisi a spostare il centro dell’attenzione dai centri urbani dove i giovani egiziani hanno organizzato proteste diurne e notturne chiedendo il ripristino della democrazia, alla periferia – come fanno Hamas a Gaza, i militanti nel Sinai, i terroristi in Libia e perfino in Sudan.

Haftar ha anche intenzione di distruggere gli islamisti, ma il problema è che la Fratellanza Musulmana della Libia non è certo la forza politica dominante in quella nazione. Haftar sa bene che i partiti della Libia che propendono per l’islamismo, non sono tutti la stessa cosa. Sembrava tuttavia desideroso di mettere in evidenza la Fratellanza come obiettivo che era dietro alla sua guerra in corso. Ha detto al giornale Asharq Al-Awsat in un’intervista pubblicata in maggio, che intende “purgare” la Libia dai membri della Fratellanza Musulmana. “Sono una malattia perniciosa che sta cercando di diffondersi nelle ossa del mondo arabo”. Ha anche formato un equivalente libico del Consiglio Supremo delle Forze armate dell’Egitto.

I libici non sono certo il pubblico di riferimento di Haftar. L’oggetto del contendere  è  il caos della sicurezza che ha afflitto il loro paese a causa delle milizie in lotta dopo la vittoria su Muammar Gheddafi, appoggiata dagli Stati Uniti. In effetti il generale stesso guida ora alcune di queste milizie, e il suo “esercito” ha contribuito all’incertezza politica e alla violenza in Libia. L’ex generale sta chiaramente tentando di sfruttare a suo vantaggio le sofferenze dell’Egitto, ma sta anche lottando per ottenere l’attenzione da parte di vari governi occidentali, specialmente da Washington che finora sembra piuttosto riluttante a criticare il tentato colpo di stato di Haftar.

Infatti l’indecisione di Washington è molto simile al suo silenzio quando Haftar aveva tentato di mettere in atto il suo colpo di stato fallito nel febbraio scorso.

Dopo, in un discorso alla trasmesso alla televisione, Haftar ha denunciato il governo, e ha annunciato la sua “iniziativa”: un piano d’azione mediocre che prevedeva lo scioglimento del parlamento. Pochi lo hanno preso sul serio, e i massimi funzionari di governo hanno deriso il suo tentativo di golpe. Uno lo ha definito “ridicolo”. Ma, di conseguenza, molti hanno scoperto il nome Haftar e alcuni si sono dimostrati vivamente interessati a saperne di più.

Gli americani lo sapevano?

Ashour Shamis è un ex socio di Haftar. Negli anni ’80 entrambi erano membri dell’Esercito Nazionale Libico finanziato dagli Stati Uniti. In una recente intervista al Guardian ha osservato: “Non credo che una cosa del genere possa accadere in Libia, e gli americani non lo saprebbero.” Secondo Shamis, gli americani “vogliono sapere quanto slancio ha Haftar e fino a dove arriverà.” In effetti Haftar sta facendo molto per ottenere l’attenzione di Washington che in un certo senso si è  allontanato  dalla Libia fino dall’uccisione, a Bengasi,  del suo ambasciatore e di altre tre persone , nel settembre 2012.

Per ottenere il favore di Washington, la lista dei nemici di Haftar comprendeva anche Ansar al-Sharia, (un gruppo islamista radicale che opera in Tunisia, n.d.t.)  che insieme ad altre milizie di Bengasi è stato accusato di aver complottato l’attacco contro l’ambasciata degli Stati Uniti. Non dovrebbe essere però troppo difficile che Haftar si guadagni la fiducia di Washington. In effetti ce l’ha già. Non è un segreto che Haftar abbia avuto un forte appoggio dalla CIA per circa tre decenni.

L’uomo è stato etichettato e ri-etichettato  durante tutto la sua storia “colorita” e talvolta misteriosa. Ha combattuto come ufficiale nel conflitto tra Chad e Libia, ed è stato catturato insieme alla sua intera unità composta da 600 uomini. Nel periodo che Haftar ha trascorso in prigione, il Chad ha sperimentato un cambiamento di regime (entrambi i regimi erano appoggiati dai servizi segreti francesi e statunitensi) e Haftar e i suoi uomini sono stati rilasciati su richiesta degli Stati Uniti e lui è stato trasferito in un altro paese africano. Mentre alcuni hanno scelto di tornare in patria, altri sapevano bene che cosa li avrebbe aspettati  in Libia, per le ragioni spiegate dal New York Times il 17 maggio 1991:

“Per due anni, dei funzionari  degli Stati Uniti sono andati in giro in cerca di una patria per circa 350 soldati libici che non possono tornare al loro paese perché dei funzionari dei servizi segreti americani li avevano mobilitati in un’unità militare per deporre il Colonnello Muammar el-Gheddafi, il leader libico,” ha riferito il New York Times. ”Ora l’amministrazione ha rinunciato a cercare di trovare un altro paese che accetti i libici, e ha deciso di portarli negli Stati Uniti.”

Haftar è stato quindi trasferito in  Virginia all’inizio degli anni ’90, dove si è stabilito a Vienna, molto vicino a Langey, dove c’è  il quartier generale della CIA. Le notizie circa le sue precise attività, dato che viveva vicino a Washington, D.C. sono confuse, tranne che per i suoi legami con le forze di opposizione libiche, che naturalmente operavano secondo i diktat degli Stati Uniti.

Nel suo rapporto meticoloso, pubblicato sul sito americano Business Insider, Russ Baker ha descritto molte delle attività di Haftar fin dal suo distacco da Gheddafi e dalla sua adozione da parte della CIA.  “Un rapporto del Servizio di Ricerca del Congresso  (CRS) del dicembre 1996 parlava di Haftar come capo dell’ala militare del Fronte Nazionale per la Salvezza della Libia (NFSL), cioè l’Esercito Nazionale Libico. Dopo essersi unito al gruppo degli esuli, ha aggiunto rapporto del CRS, Haftar ha cominciato a preparare un esercito per marciare sulla Libia.”  L’NFSL, ha detto l’NFSL,  è in esilio “e molti dei suoi  membri sono negli Stati Uniti”.

Haftar ha impiegato quasi 15 anni per tornare in Libia. Ci è voluta anche una massiccia guerra che era intesa come appoggio a un’insurrezione popolare. Sebbene tenti di definirsi come un probabile Sisi, Haftar, secondo la descrizione di Baker, è l’equivalente libico dell’iracheno Ahmed Chalabi, un personaggio screditato e con forti alleati a Washington,D.C., che era stato inviato nell’Iraq del dopo Saddam per guidare il processo di “democratizzazione”. Ha contribuito, invece, a preparare il terreno per il disastro in corso in quel paese.

Non ci si deve meravigliare del motivo per cui il ritorno di Haftar sia stato una fonte importante di controversia. Dato che la notizia della associazione alla CIA non era un grosso segreto, il suo ritorno in Libia per unirsi ai ribelli nel marzo 2011 ha causato molta confusione. Quasi immediatamente, Haftar  è stato proclamato da un portavoce militare come il nuovo comandante dei ribelli, ma l’annuncio è servito soltanto a  essere respinto  come falso dal Consiglio Nazionale di Transizione. Il CNT è stato in gran parte un insieme di figure ugualmente enigmatiche che erano scarsamente presenti nella coscienza nazionale della Libia. Haftar si è trovato come il terzo uomo sulla scala militare, cosa che ha accettato a denti stretti.

L’uomo giusto per la Libia?

L’eredità di Haftar è stato legata al  golpe militare già dal 1969, quando, insieme a pochi soldati, aveva  aiutato Gheddafi a spodestare Re Idris. Tra allora e gli ultimi due colpi, era ed è ancora associato alla CIA. La Libia è però è preda di estrema violenza ed è ostaggio dei capricci delle milizie, alcune tribali, altre collegate a città piccole e a città grandi – Misurata, Zintan e così via, altre associate vagamente con i ministeri del governo. In tempio di lotte così sconcertanti alcune persone pssono essere pronte a ad accettare deboli alternative. Malgrado la sua dubbia eredità, Haftar potrebbe, piuttosto stranamente, apparire ad alcuni come l’uomo forte della Libia.

Come ci si aspettava, molti non sono convinti. Anche le potenti milizie si stanno allineando contro Haftar. Sono già dislocate vicino a Tripoli. Se si permette che continui questo confronto finale,   una sanguinosa guerra civile attenderà la Libia, una guerra che si dimostrerà anche più  cruenta e più lunga di quella condotta dalla NATO contro Gheddafi. Questa volta, tuttavia, né la NATO né gli Stati Uniti sembrano disponibili a impegnarsi di nuovo, almeno non fino a quando uno dei fronti in guerra si dimostri degno del loro aiuto. In tutti i casi, è probabile che  le sofferenze della Libia  continuino.

Ramzy Baroud è caporedattore del sito web Middle East Eye. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, collaboratore e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press, Londa).  [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata].


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/haftar-leads-a-group

Originale: non indicato

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