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june 3rd, 2014

Continua a Bengasi l’operazione del generale Haftar. Ma dalla Siria arrivano i jihadisti.
di Enrico Oliari

Sono ripresi gli scontri a Bengasi fra le truppe insorte del generale (a riposo) Khalifa Haftar e le milizie integraliste islamiche di Ansar al-Sharia e delle “Brigate 17 febbraio”: il bilancio delle ultime ore è di 21 morti, un centinaio da quando due settimane fa ha preso inizio l’operazione “Dignità della Libia”, voluta dallo stesso Khalifa, per colpire gli jihadisti.
Il tutto mentre a Tripoli lo scorso 29 maggio il Parlamento, riunitosi presso l’ex Hotel Royal Hall in quanto l’Aula è inagibile dopo l’attacco delle milizie di Zintan del 19 maggio, ha votato la fiducia al neo-premier Ahmed Maiteeq, vicinissimo ai Fratelli Musulmani, ed ha annunciato le elezioni per il prossimo 25 giugno.
L’ex primo ministro Mahmoud Jibril ha invece dichiarato la sua adesione all’azione del generale Haftar contro le milizie islamiche, sostenendo in’intervista televisiva che “Il Paese è ormai ostaggio delle bande e dei gruppi fondamentalisti, per cui chiedo a tutti i libici di sostenere l’operazione Karama (dignità) del generale Haftar. Sono contento che l’esercito libico ritorni sul campo come protagonista perché vuol dire che la sovranità torna ad essere dei libici”.
La situazione potrebbe tuttavia precipitare in quanto sempre più informazioni danno l’arrivo in Libia degli jihadisti che, gradualmente, si stanno ritirando dal conflitto siriano, ormai sconfitti sia dall’esercito di Bashar al-Assad, che dalle lotte interne, con i qaedisti di al-Nusra in guerra contro i qaedisti dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) ed entrambi in lotta contro gli insorti siriani e i curdi del nord. In particolare starebbero giungendo nel paese nordafricano i miliziani di Jabat al-Nusra, fra i quali vi sono molti nordafricani forti dell’esperienza acquisita sul campo e dei finanziamenti del Qatar, in un teatro instabile e pericolosissimo che vede venti di secessione delle macroregioni del Fezzan e della Cirenaica, numerose milizie autonome spesso belligeranti fra di loro, tribù in lotta, brigate di jihadisti e persino di appartenenti all’ancien regime, bande di malviventi, sequestri di diplomatici, uccisione di giornalisti, attentati contro i civili, continui scioperi e traffici di ogni genere, dai migranti, alle armi, alla droga.
Era stata l’Italia ad essere incaricata dal G8 di Lough Erne, ormai un anno fa, di tentare di riportare la situazione ad un livello accettabile e, dopo l’incontro fra i premier Enrico Letta e Ali Zeitan, sono state messi in campo diversi tentativi di intervento, come l’addestramento di militari a Cassino e in loco e l’impiego della tecnologia lungo i confini meridionali del paese, dove passa di tutto.
Tuttavia anche l’azione di Haftar non appare del tutto spontanea e forse rappresenta una nuova iniziativa volta a riportare stabilità nel paese nordafricano; è infatti da più parti sospettato di essere un’espressione della Cia in quanto era stato prelevato dagli americani dal Ciad, dov’era prigioniero, nel 1987, ed era rimasto negli Stati Uniti fino al 2011, quando era rientrato in patria, giusto in tempo per prendere parte alla Primavera Araba e dirigere l’insurrezione nella piazza di Bengasi.
Secondo il comandante locale delle Forze aeree, le truppe ad Haftar hanno preso il controllo dell’80% di Bengasi, mentre a Tripoli permane il caos politico: già nei giorni scorsi il comandante delle milizie della tribù di Zintan, colonnello Mokhtar Fernana, ha “ufficializzato” il collegamento con Haftar e ha annunciando “la sospensione del Cng”, ovvero ell’Assemblea nazionale.
A causa della difficile situazione che si è creata nel paese è stata rinviata a data da destinarsi la riunione degli emissari speciali di Onu, Lega Araba ed Unione Europea, incaricati di seguire la crisi libica, prevista per ieri a Tunisi, come pure il vertice dei ministri degli esteri dei paesi dell’UMA (Union Maghreb Arabe).

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