http://www.invisible-dog.com
Edizione #26 - Febbraio 2014

Il Sud della Libia: un'Altra Terra di Nessuno

In Libia e' in corso un processo di progressivo disfacimento del tessuto sociale ed istituzionale, all'interno di questa dinamica regressiva e' difficile poter stabilire quali siano le cause piu' pericolose o aggravanti. Non esiste un'autorita' centrale che decida, non esiste la capacita' impositiva sulle decisioni prese, non esiste quel collante relazionale su cui costruire o ricostruire un rapporto di convivenza tra le varie anime sociali del Paese. Il risultato ultimo e' l'emergere di tensioni tra gruppi etnici sfocianti sempre piu' in un confronto armato tra tribu': arabi, tuareg e berberi. Scontri armati che sono il prodromo di una nazione sulla via del fallimento.

Questo stato dei fatti e' particolarmente evidente in una zona particolarmente cruciale per la sicurezza della Libia, ma non solo di essa: i confini meridionali del Paese. Un'area oramai in mano alla criminalita' organizzata, dove traffici di vario genere trovano ampia diffusione, rifugio di bande di terroristi e dove si saldano le instabilita' del Paese con quelle dei Paesi vicini. Una miscela che rischia di infiammare e contagiare tutta la fascia sub-sahariana.

Un equilibrio precario

Gli attori di questo dramma sono essenzialmente tre: i Tebou, i Tuareg e le kabile locali. Queste ultime sono definite dalle controparti con il termine di "arabi", un riferimento riduttivo afferente non tanto al colore della pelle o al discrimine fra nomadi o stanziali, bensi' alla condizione di abitanti originari di quelle terre o di popoli arrivati in secoli lontani a seguito di conquiste ed invasioni.

I Tebou sono una tribu' di semi-nomadi dedita alternativamente alla pastorizia o a coltivazioni temporanee. Originaria dell'area del Tibesti, zone montuosa nel nord del Ciad, questa popolazione ha diramazioni anche in Niger e nord del Sudan. Negli anni '70 Muammar Gheddafi sognava di annettere una parte del nord del Ciad, definita geograficamente come la striscia di Aouzou. rivendicandone l'appartenenza alla Libia in base ad un accordo coloniale italo-francese a favore dell'Italia e per il fatto che la stessa fosse stata sotto il vassallaggio della confraternita della Senussia. Per perseguire il suo obiettivo, il dittatore libico si era invischiato in una guerra contro il Ciad (anche perche' si ipotizzava che nell'area ci fossero giacimenti di uranio) iniziata nel 1973 e peraltro miseramente persa.

E' in questo frangente nasce il problema dei Tebou, che abitavano nell'area contesa e che, a causa della guerra, furono costretti ad abbandonare il proprio territorio. Alcuni di essi si rifugiarono in Libia e Gheddafi, anche per avvalorare le sue pretese territoriali, aveva concesso loro la nazionalita' libica. Nel 1994 una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia aveva assegnato la striscia di Aouzou al Ciad e quindi posto fine alle rivendicazioni territoriali del Rais. A questo punto non era piu' negli interessi del dittatore dare ospitalita' ai Tebou che si videro quindi togliere la nazionalita', il diritto di accesso ai servizi sociali libici come la sanita', il diritto di alloggio e quindi, nei fatti, discriminati. Le scelte del regime libico avevano prodotto delle tensioni a livello locale - soprattutto nell'area di Kufra dove era piu' massiva la presenza dei Tebou - con scontri con le kabile locali, ed in particolare con la kabila degli Zway. Nel 2008 le autorita' di Tripoli avevano represso la dissidenza dei Tebou con l'uso delle armi.

Una volta scoppiata la rivolta contro il dittatore nel 2011, chiaramente i Tebou si sono subito schierati con i ribelli, guadagnando un consenso che adesso, nel caos sociale libico, tendono a monetizzare assumendo un ruolo di comando e di controllo nell'area meridionale del Paese. Nell'immaginario della popolazione araba rimane quella diffidenza nei confronti di una comunita' ritenuta di "stranieri" che nemmeno i galloni guadagnati durante un conflitto possono cancellare. Il sospetto reciproco e' sfociato nel 2013 in scontri cruenti che hanno prodotto circa 350 morti e centinaia di feriti in Cirenaica. E che il problema non sia stato risolto ne fa fede il fatto che a gennaio 2014 si sono verificati altri incidenti nell'area di Sebha, nella regione del Fezzan, dove i Tebou sono entrati in collisione con la kabila dei Awlad Suleiman (con correlate oltre 20 vittime). Motivo degli scontri: l'eliminazione di un capo militare degli Awlad Suleiman come vendetta per l'uccisione, due anni prima, di una quarantina di Tebou. Una giustizia fai da te come e' ricorrente oggi in Libia.

I Tebou rivendicano sempre le stesse cose: la cittadinanza libica, l'accesso libero ai servizi sociali, una maggiore rappresentanza politica che possa aiutare a sostenere le loro istanze. Ci aggiungono anche il fatto che durante la guerra civile hanno protetto i pozzi petroliferi e quindi si aspettano anche una condivisione dei profitti derivanti dalla vendita dei prodotti energetici. La differenza e' che, nonostante le ritrosie delle popolazioni arabe, questa volta i Tebou hanno le armi, sono inquadrati nelle cosiddette Brigate rivoluzionarie e hanno quindi un maggiore potere contrattuale. Da parte araba c'e' adesso anche la convinzione che oltre alla notoria attivita' di contrabbando su cui, da sempre, si e' alimentata la comunita' dei Tebou, si sia aggiunto l'esodo dai Paesi limitrofi di altri Tebou con lo scopo di creare un disequilibrio etnico in una zona, come il sud della Libia, scarsamente popolata.

Gli altri soggetti comprimari del meridione della Libia sono i Tuareg, che condividono le stesse rivendicazioni dei Tebou: la cittadinanza libica, migliori condizioni sociali. Questa confluenza di interessi ha creato una saldatura tra Tebou e Tuareg che prima si erano combattuti per espandere le rispettive sfere di influenza e che ora, invece, si sono coalizzati a scapito della componente araba che vive nella zona.

I confini meridionali

A prescindere dalle rivendicazioni o le lamentele dei diversi gruppi presenti sul territorio, il problema di fondo e' che l'area desertica nel sud della Libia e' insicura ed instabile. Ci sono oltre 2000 km di confini meridionali che non sono sotto il controllo delle autorita' centrali. Una buona parte - da Kufra a al Murzuq - e' sotto il controllo dei Tebou, la restante porzione - la zona di Obari - e' invece in mano ai Tuareg. Questo significa che i traffici che provengono dal meridione dell'Egitto, dal Ciad, dal Sudan e dalla parte orientale del Niger sono di competenza dei Tebou e quelli invece provenienti dal Niger occidentale e dall'Algeria sono sotto la giurisdizione dei Tuareg.

I Tebou possono contare su circa 18 brigate rivoluzionarie, che sembrano essere anche abbastanza organizzate, i Tuareg solo su 9. In teoria questi reparti di rivoluzionari dovrebbero rispondere del loro operato, attraverso il Capo di Stato Maggiore, al Ministero della Difesa, nella realta' fanno solo gli interessi e seguono gli ordini dei loro capi diretti. Queste milizie non hanno peraltro problemi di stipendio perche' l'aspetto che rende particolarmente remunerativa l'attivita' di queste brigate sono i traffici ed il contrabbando di armi, alcolici e droga che hanno libero svolgimento nelle aree sotto sotto il loro controllo. Non ci sono barriere doganali, non vi opera la polizia di frontiera e i principali valichi sono sotto il controllo delle milizie che, non bisogna scordare, sono valide conoscitrici delle zone desertiche dove operano. Si entra o si esce dalla Libia solo con il loro beneplacito pagando, ovviamente, una dazione. Questo e' anche uno dei motivi per cui il traffico dei clandestini ha ripreso vigore in Libia a seguito dell'eliminazione di Gheddafi. Secondo stime di settore oggi entrano nel sud della Libia dai 500 ai 600 clandestini al giorno.

Le autorita' di Tripoli hanno dichiarato il sud del Paese "zona militare" nel maldestro tentativo di limitare l'accesso ed il transito di persone o cose nell'area. E' stato nominato un governatore militare che pero' non ha senza nessun potere per intervenire, vista la preponderanza militare delle brigate ("Katiba") dei rivoluzionari ("Thuwars") rispetto alle esigue forze di polizia - peraltro male armate - e dell'esercito regolare. In questa porzione della Libia, quindi, la polizia non interviene (o lo fa solo se la controparte e' militarmente piu' debole), i giudici si rifiutano di giudicare quando si tratta di crimini legati ai traffici adottando la tattica del rinvio dei processi o rimandano le decisioni ai capi anziani delle tribu'. Il resto e' regolato da omerta' o corruzione.

Un aspetto pero' altamente pericoloso di questa situazione e' che ricorrono voci della presenza, specie nei tratti confinari prossimi all'Algeria (e quindi in aree sotto controllo dei Tuareg) di accampamenti di terroristi appartenenti ad AQIM (Al Qaeda nel Maghreb Islamico), formazione molto attiva in Algeria e presente nel nord del Mali. I rovesci militari a fronte dell'intervento francese nel nord del Mali avrebbero spinto questi gruppi a rifugiarsi in Libia. Questa circostanza postulerebbe una collusione tra terroristi e Tuareg o, quantomeno, l'indifferenza di questi ultimi nei confronti delle velleita' militari degli estremisti islamici. Inoltre, qualche katiba dei Tuareg, come la 315 guidata dallo Sheykh Ahmed Omar, sembra molto vicina alle istanze di AQIM.

Un ulteriore problema e' poi rappresentato dalla presenza di personaggi e bande ancora legate al defunto dittatore e che, una volta crollato il regime, si sono rifugiate nel sud del Paese. Questo ha determinato scontri fra kabile ed in particolar modo fra quelle legate a Gheddafi - come i Warfalla ed i Qadhadfa (kabila originaria del Rais) - e che oggi sono discriminate ed alimentano l'opposizione armata.

Nessuna soluzione in vista

Allo stato attuale non esiste una soluzione a questo stato di cose, ovvero non esistera' fintanto che non sara' ripristinata un'autorita' centrale. Adesso i padroni del meridione della Libia sono i Tebou, i Tuareg e, nel ruolo di terzi incomodo non graditi, gli arabi (quelli pro o contro il defunto Gheddafi). Recentemente sono stati proprio i Tebou ed i Tuareg insieme, cioe' coloro che traggono guadagni dai traffici confinari, a negoziare di propria iniziativa (quindi senza autorizzazione o finanziamenti governativi) con le autorita' del Niger una presunta cooperazione confinaria.

Ma la velleita' del governo di Tripoli di voler riconquistare, almeno sulla carta, il controllo del sud della Libia c'e'. E' stato infatti rispolverato un progetto che stava tanto a cuore a Gheddafi e che era parte di quel Trattato di Amicizia sottoscritto con l'Italia nel 2008. Con la scusa del controllo dell'immigrazione clandestina, il dittatore voleva che l'Italia installasse lungo i confini meridionali del Paese un sistema di radar. Era notorio a tutti, Italia compresa, che un sistema del genere non funzionava su obiettivi puntiformi come il transito di clandestini nel deserto. Ma il Rais lo voleva e l'Italia lo assecondava. Un progetto da 300 milioni di euro in quota parte finanziato - bisogna dire con riluttanza - anche dall'Unione Europea.

Ecco, adesso quel progetto e' stato ripreso da Tripoli e nuovamente assecondato da Roma. Si fara' ovviamente un favore a Finmeccanica che, attraverso la Selex, realizzera' il progetto, ma non si fara' niente per quel controllo del sud della Libia implicito nel sistema di radar da installare. I Tebou ed i Tuareg possono quindi dormire sogni tranquilli.

top