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04 aprile 2014

Fra le tribù del petrolio. "Mezza Libia è nostra"
di Vincenzo Nigro

Reportage. La Cirenaica, crocevia del business dell'oro nero, è in rivolta contro Tripoli. Dalla caduta di Gheddafi la regione è in mano ai ribelli di Ibrahim Jadran che chiedono federalismo e la loro fetta di ricavi

Un pezzo del futuro della nuova Libia potrebbe essere nascosto qui, in questo villaggio di sabbia e polvere. Il vento che arriva dal deserto è un soffio freddo e sporco. Solleva sabbia bianca, fine e fastidiosa. E spazza strade che non esistono. A parte pochi chilometri di asfalto, tutto il resto è polvere bianca del deserto compressa in dossi e avvallamenti che bloccano auto, camion e umani. Non c'è Stato, non c'è polizia, solo un popolo con la sua straordinaria voglia di vivere, di sopravvivere a tutto questo. Questa è Agedabia la capitale del petrolio di Libia, il crocevia di tutti i tubi che dai pozzi della Cirenaica portano il liquido milionario verso i terminal del Mediterraneo. Come ripete Abdallah, l'architetto che ci guida e ha studiato a Perugia e Firenze, "dove finisce la logica, inizia la Libia". E infatti questa città, che come tutta la Libia dovrebbe essere milionaria, Gheddafi l'ha mantenuta nella povertà e nella devastazione assoluta. "Gdabja", la polverosa, era quello che promette il nome ed è quello che è rimasto.

Finché Agedabia si è ribellata, prima a Gheddafi e poi a Tripoli. Una famiglia con 5 giovani fratelli, torturati nelle carceri del colonnello, ha prodotto la forza misteriosa di un movimento politico. Hanno iniziato come i capi del gruppo di miliziani che il governo, dopo la rivoluzione, aveva messo a controllare i pozzi di petrolio della regione (l'80 per cento del petrolio libico è in Cirenaica). Dall'agosto del 2013 si sono ribellati di nuovo e hanno chiuso il flusso di greggio che il governo centrale vendeva senza versare un dinaro alla Cirenaica.

Il giovane capo della Cirenaica "federale" è un ragazzone di 32 anni, si chiama Ibrahim Jadran. "I gheddafiani mi hanno arrestato nel 2005, quando avevo 23 anni, poi hanno fermato anche i miei fratelli". Quei sei anni in carcere a Tripoli, dentro Abu Salim, il tempio della tortura gheddafiana, furono una scuola di leadership incredibile per Ibrahim e i suoi fratelli. Una fonte di legittimazione inesauribile. Alla vigilia della rivoluzione del 2011, i gheddafiani provarono a svuotare le carceri sperando di allentare la tensione. Ma Jadran in libertà immediatamente organizza la resistenza, si arma con i kalashnikov della prima caserma gheddafiana assaltata, quella di Beida, la vecchia capitale della Cirenaica di re Idriss, cuore di una regione fiera, ribelle e speciale, la "Montagna Verde".

Per scendere nelle polveri di Agedabia e incontrare Jadran si passa proprio da Beida dove si arriva in aereo da Tripoli o Tunisi. Poi si attraversa per chilometri la "Montagna Verde", un altopiano di 600 metri alle spalle della linea costiera che da Bengasi va fino verso Derna e Tobruk. Con le piogge della primavera la regione è un'esplosione di natura, di vita, di agricoltura: trebbiatrici, campi di grano, boschi di abeti e conifere. Tutta la Cirenaica è infestata da traffici e contrabbando di ogni genere, armi, droga e migranti in entrata dal Sud e dall'Egitto. Eppure la maggioranza della Montagna Verde è tranquilla, relativamente controllata e sicura perché le sue tribù sono unite e consapevoli dei pericoli che corrono soprattutto con i terroristi integralisti di Ansar Al Sharia che hanno conquistato Derna, sul mare, e che si infiltrano a Bengasi per mettere a segno i loro attentati.

Il ruolo di Jadran e dei suoi fratelli è stato determinante. Prima in settembre a Ras Lanuf hanno battezzato un "Consiglio politico della Cirenaica", che ha prodotto poi un simulacro di governo autonomo, con un primo ministro e i responsabili di tutti gli altri ministeri, salvo Esteri e Difesa, "perché vogliamo autonomia e vogliamo far rinascere la Cirenaica, ma non vogliamo separarci dalla Libia", dice il giovane federalista.

Il 16 marzo, ad Agedabia, in un gran salone Jadran ha poi riunito gli sceicchi e i capi tribù di quasi tutta la regione. È stato un inno al federalismo, ovvero all'idea che loro, le tribù della Cirenaica, possano amministrarsi da sole. Jadran riuscì a far schierare lo sceicco Nue Fathalla, uno dei capi della tribù Awad Alì, che vive a cavallo del confine fra Libia ed Egitto ed ha milioni di membri: "Combatteremo per la Cirenaica". Poi il capo dei "tabu", i "negri" originari del Sud del paese che ovunque in Libia sono discriminati (ad Agedabia vivono in un ghetto miserabile, in cui è inimmaginabile pensare quali siano le condizioni di vita visto quello che c'è fuori). Ahmed Dalenghi, il capo dei tabu, disse "noi parliamo poco, ma siamo pronti a combattere e lo facciamo bene!". Poi abbracciò in segno di pacificazione Salam Buhavuva, il capo degli Zwia, con cui per mesi i tabu si erano scontrati a morte.

La pace fra le tribù, il consenso di molti capi non significa certo l'unità di tutta la Cirenaica, ma il sostegno della popolazione per Jadran e il suo auto-governo gli hanno dato forza per trattare con Tripoli. Dopo mesi di tentativi inutili, due settimane fa la Cirenaica ha provato a vendere una petroliera carica di greggio aggirando Tripoli. Il governo centrale non è riuscito a bloccarla, ci hanno pensato i Navy Seals americani al largo di Cipro, che poi hanno restituito la nave alla capitale. Ma la provocazione di Jadran ha avuto l'effetto di accelerare la caduta del debole primo ministro Ali Zeidan. Per mesi i federalisti avevano cercato di negoziare con lui, ma quello al massimo aveva provato a comprarseli con 6 milioni di dinari e la promessa di alcuni posti di ministri e ambasciatori. Jadran aveva rifiutato sdegnato, mostrando in televisione gli assegni milionari spediti da Zeidan.

Dopo il colpo della petroliera, le cose per Zeidan sono precipitate, è stato costretto alle dimissioni ed è fuggito dalla Libia. Jadran invece è ripartito con le trattative con il nuovo premier Al Thinni: e questa volta la trattativa è andata avanti. Entro pochi giorni potrebbe riaprire il primo terminal petrolifero, poi gli altri. In cambio la Cirenaica dovrebbe ricevere la sede della Banca centrale libica, il comando della forza militare che controlla i pozzi, un terzo dei ricavi del petrolio, insomma i primi assaggi di un possibile federalismo.

Jadran ha dietro buona parte della Cirenaica e un'idea, quella del federalismo, che prima o poi si potrebbe rivelare l'unica soluzione possibile per mettere d'accordo le tribù, le città e le milizie che oggi sono il potere vero di una Libia che non ha più Stato centrale. Tra la sabbia bianca di Agedabia forse c'è una possibilità per aiutare la Libia a reggersi in piedi: partire dal basso, dalle tribù e dalle comunità locali, invece che provare a imporre un governo centrale che, scomparso Gheddafi, avrà poche speranze di governare i popoli di Libia.

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