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29 agosto 2014


La bandiera nera in ascesa in Medio Oriente

di Bruno Jäntti

Traduzione di Maria Chiara Starace

Per coloro che condividono l’organizzazione politica che ruota intorno ai problemi del Medio Oriente, la convenzionale copertura dei medi europei e statunitensi è presumibilmente il nostro tormento principale. Con alcune eccezioni, i più importanti giornali occidentali hanno escogitato un’immagine della regione che raramente migliora la comprensione dei lettori riguardo a ciò che si svolge là, anzi proprio il contrario.
Parole come “violenza”, “calma”, “radicale”, “moderato”, “processo di pace”, “diritto a esistere”, “estremista”, “pace”, “guerra”, “compromesso”, “entrambe le parti”, “scudo umano”, “terrorismo” e molte altre espressioni sono citate costantemente, e tuttavia questi concetti sono da molto tempo diventati privi di contenuto sostanziale. Questa terminologia inflazionata si è consolidata e ha creato una struttura, incompetente, razzista, bizzarra e che non informa.
Quando le cose vanno come al solito in Medio Oriente, i servizi giornalistici e la loro inquadratura non sono istruttivi. Ma quando avvengono drastici sviluppi e cambiamenti in Medio Oriente, i media convenzionali diventano ancora più inutili come sorgente per un’analisi.
Al momento assistiamo al secondo tipo di situazione. I servizi sulla recente distruzione di Gaza a opera di Israele, per esempio, sono stati meno che mediocri. Detto questo, la trattazione dei media circa l’ascesa dell’ISIS, cioè lo Stato Islamico in Iraq e al-Sham, o semplicemente Stato Islamico, è stata terribile al massimo grado.
Entrando in Iraq dopo l’invasione e l’occupazione del paese da parte degli Stati Uniti, quello che è ora noto come Stato Islamico, ha guadagnato esperienza e competenza nell’insorgenza armata in Iraq attaccando il governo iracheno del dopo-invasione e le truppe statunitensi. Anni dopo, nel 2013, queste strutture di militanti sunniti hanno attraversato il confine con la Siria e hanno iniziato a fare guerra contro tutte le altre parti nella guerra civile siriana.
La comparsa dello Stato Islamico può essere considerata, nelle parole del giornalista Patrick Cockburn, “il cambiamento più radicale cambiamento nella geografia politica del Medio Oriente fin dall’accordo Sykes-Picot”. In effetti, in termini di accumulo di risorse economiche, di reclutamento di combattenti e di acquisire territorio, lo Stato islamico è probabilmente il movimento più efficace nella storia del moderno Medio Oriente.
Più di qualsiasi altra organizzazione militante nel mondo, lo Stato Islamico ha sviluppato la sua aura per mezzo di una forma accuratamente pianificata di guerra psicologica e di intimidazione. I suoi membri e sostenitori sono attivi sui media sociali e l’organizzazione dissemina regolarmente filmati che contengono crocifissioni, decapitazioni ed esecuzioni di massa di prigionieri civili e combattenti.
L’Osservatorio Siriano per i diritti umani con sede nel Regno Unito, ha annunciato che lo Stato Islamico ha più di 50.000 combattenti in Siria. Insieme alla loro capacità militare, è diventata la più influente di tutte le fazioni anti-Assad in Siria.
E’ stato riferito che più di 1000 combattenti di recente sono entrati nei ranghi dello Stato Islamico dalla Cecenia, dalla Cina, dall’Europa, e dagli stati arabi. Su 50.000 elementi dello Stato Islamico, si stima che circa 20.000 siano non siriani.
La fonte dello Stato Islamico ha riferito ad Al Jazeera che il gruppo ha altri 30.000 combattenti in Iraq. In totale, lo Stato Islamico esercita il controllo su un territorio più grande della Siria. L’entità della popolazione nelle zone controllate dal gruppo è la stessa di quella del Nicaragua.
“Conquisterete Roma e possiederete il mondo”
Il nome di battaglia del capo dello Stato islamico è Abu Bakr al-Baghdadi. Nel 2010, ha assunto il comando di al-Qaida in Iraq e presto ha guadagnato importanza grazie alla tentata fusione tra al-Qaida in Iraq e Jabhat al-Nusra, il ramo siriano di al-Qaida.
La fusione non è mai avvenuta e in sostanza le due parti hanno iniziato una serie di violenti scontri. Dopo molte fasi, l’organizzazione di al-Baghdadi ha ottenuto il vantaggio. Al-Baghdadi è spesso considerato avere un prestigio maggiore tra i militanti sunniti di quello di al-Zawahiri, il capo di al-Qaida.
Appare raramente faccia a faccia anche con i suoi comandanti, e a partire dal luglio del 2014 ci sono state soltanto due fotografie considerate autentiche, di al-Baghdadi. In luglio, tuttavia, al-Baghdadi ha tenuto una predica a Mosul. L’organizzazione ha deciso di dare pubblicità alla predica in quanto era la prima comparsa in video del califfo.
Un’occhiata attenta al contenuto della predica offre un’idea della visione del mondo custodita dalla dirigenza dello Stato Islamico. Nella predica, al-Baghdadi definisce i contorni di quelli che ritiene i “due campi” in cui è stato diviso il mondo:
“O nazione dell’Islam, davvero il mondo oggi è stato diviso in due fronti e in due trincee, senza che ci sia un terzo fronte: il fronte dell’Islam e della fede e il fronte del kufr (incredulità) ed dell’ipocrisia – il fronte dei Musulmani e dei mujahidin ovunque, e il fronte degli ebrei, dei crociati, dei loro alleati, e con loro il resto delle nazioni e religioni dell’incredulità, tutte guidate dall’America e dalla Russia e che stanno venendo mobilitate dagli ebrei.”
Davvero uno strano ritratto delle dinamiche degli affari internazionali. al-Baghdadi continua dicendo:
“I Musulmani sono stati sconfitti dopo la caduta del loro khilāfah (califfato). Poi il loro stato ha cessato di esistere, cosicché gli increduli sono stati in grado di indebolire e umiliare i Musulmani, dominarli in ogni regione, saccheggiare le loro ricchezze e le loro risorse, e derubarli dei loro diritti. Hanno compiuto questo attaccando e occupando le loro terre, mettendo al potere i loro agenti sleali per governare i Musulmani con il pugno di ferro, e spargendo slogan affascinanti e ingannevoli come: civiltà, pace, coesistenza, libertà, democrazia, laicismo, baathismo, nazionalismo e patriottismo, tra altri falsi slogan.”
Che al-Baghdadi abbia deciso di citare specificamente il Ba’thismo è una prova di quello che sembra essere il modus operandi dello Stato Islamico verso i suoi alleati e potenziali alleati. Lo Stato Islamico sta lavorando in combutta con personaggi Ba’athisti influenti in Iraq, una collaborazione che ha reso possibile il ritmo veloce con cui lo Stato Islamico è disceso ed è avanzato in Iraq. Cionondimeno, al-Baghdadi mette il ba’athismo nell’elenco degli “slogan “affascinanti”, “falsi” e “ingannevoli”. al-Baghdadi approfondisce le virtù di ciò che chiama “terrorismo”:
“Questi governanti continuano a lottare per rendere schiavi i Musulmani, allontanandoli dalla loro religione con quelle parole. Quindi o il Musulmano si stacca dalla sua religione, non crede più in Allah, e vergognosamente si sottomette alle leggi shirk (politeiste) dell’est e dell’ovest fatte dall’uomo, vivendo ignobilmente e vergognosamente come un seguace, ripetendo quelle parole senza volontà e onore, oppure vive perseguitato, preso di mira, e cacciato via, per finire ucciso, imprigionato, o torturato in maniera terribile, con l’accusa di terrorismo. Infatti terrorismo vuol dire non credere in quegli slogan e credere in Allah. Terrorismo significa fare riferimento alla legge di Allah per un giudizio. Terrorismo significa adorare Allah come egli ha ordinato. Terrorismo significa rifiutare l’umiliazione, l’asservimento e la subordinazione agli infedeli [ kuffār]. Per il Musulmano terrorismo vuol dire vivere come un Musulmano, onorevolmente, con potere e libertà. Terrorismo vuol dire esigere i propri diritti e non rinunciarvi.”
Come ci si deve aspettare, la fine del discorso non manca di grandiosità:
“Perseverate, sopportate, e restate al vostro posto. Sappiate che adesso siete i difensori della religione e le sentinelle della terra dell’Islam. Affronterete tribolazioni e malāhim [feroci battaglie]. Invero, il luogo migliore dove deve essere versato il vostro sangue è sulla strada della liberazione dei prigionieri musulmani detenuti dietro le mura del tawāghīt (idolatria]. Preparate quindi le vostre armi e siate pieni di fede. Perseverate nella recita del Corano comprendendone i significati e praticandone gli insegnamenti.
Questo è il mio consiglio per voi. Se vi terrete fede, conquisterete Roma e possiederete il mondo, se Allah lo vorrà.”
La coalizione curda, la forza più credibile nella guerra conto lo Stato Islamico
Che cosa ci sia sulla strada per il califfato che si autoproclamato tale, è impossibile da prevedere, le forze dello Stato Islamico hanno vinto la maggior parte delle battaglie. L’unico blocco militare che ha avuto successo nella lotta contro il califfato, è costituito dai Peshmerga del Kurdistan iracheno, rafforzati dal PKK, dal YPH e dal personale militare del Komalah.
Il PKK è il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, formato da Curdi della Turchia. Lo YPG, o Unità di Protezione del Popolo, è l’ala armata del partito dell’Unione Democratica Curda con base in Siria (PYD). Il Komalah è il partito di sinistra curdo dell’Iran ed è un ramo del Partito Comunista iraniano.
Le forze riunite dei Peshmerga curdi iracheni, del PKK, dello YPG e del Komalah, formano la più credibile forza di opposizione allo Stato Islamico, avendo prevalso di recente sui combattenti del califfato presso la diga di Mosul e nella zona circostante. Inoltre, le fazioni curde della sinistra – specialmente il PKK , lo YPG il Komalah – sono una rara luce di speranza per un Medio Oriente più democratico ed ugualitario.
Dei limitati attacchi aerei degli Stati Uniti offrono un margine tattico a breve termine per le forze di terra curde, ma i bombardamenti aerei non possono, in nessuna circostanza, far sciogliere lo Stato Islamico, e in realtà è possibile che gli attacchi aerei non riescano neanche a contenerli. Se lo Stato Islamico potrà essere smantellato, questo verrà fatto prima e principalmente dalle forze di terra dei succitati gruppi curdi, con un aiuto regionale e internazionale.



Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org


Fonte: http://zcomm.org/znet/article/black-flag-rises-in-the-middle-east


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