Originale:Aljazeera
30 gennaio 2014

La democrazia maggioritaria a confronto con la democrazia repubblicana
di Richard Falk
Traduzione di Maria Chiara Starace

In mezzo al trambusto politico che sta rovinando la politica in Medio Oriente  c’è una confusione concettuale che contribuisce a un’acuta alienazione politica di quegli elementi della società che si sentono soggetti a una dirigenza di governo e a un programma politico che viene percepito come ostile ai loro interessi e ai loro valori. Tali circostanze sono aggravate da culture politiche che sono state abituate a “spettacoli condotti da una sola persona”  che accentuano le tendenze verso l’adorazione e la demonizzazione.

Ogni situazione nazionale riflette le particolarità della storia, dei valori, e un mucchio di altre considerazioni, e, allo stesso tempo, ci sono certe tendenze condivise che riflettono caratteristiche comuni di esperienza e anche l’importazione deformata di idee  egemoniche occidentali di modernità, costituzionalismo, e modo di governare.

Il recente trambusto politico in Turchia e in Egitto, ognuno a suo modo, ne è una dimostrazione.

Gli stessi ma diversi

In Egitto, questa circostanza ha prodotto una opposizione decisa alla dirigenza eletta, specialmente a Mohamed Morsi, il presidente preso dai ranghi della Fratellanza Musulmana. Lo scopo di questa opposizione sembrava essere di creare una crisi di governabilità di sufficiente profondità da provocare una crisi di legittimità, che poteva poi produrre una sfida populista dal basso che avrebbe messo insieme richieste ideologiche di avere  un tipo diverso di dirigenza politica e richieste materiali per avere una vita migliore. Alla fine, coloro che avevano implorato in modo così  persuasivo la libertà, a Piazza Tahrir,  due anni dopo cheidevano alle forze armate di impegnarsi nelle espressioni più brutali di vendetta controrivoluzionaria.

In Turchia, uno scontro di quel tipo, ha di recente prodotto trambusto e ha messo in rilievo i pericoli e le passioni che accompagnano la polarizzazione letale, all’inizio negli scontri  al Parco Gezi, e in seguito, in una lotta titanica tra il Primo ministro Recep Tayyip Erdogan e il capo islamico Fethullah Gulen.

La Turchia è diversa dall’Egitto per almeno due aspetti. Prima di tutto la sua economia è prosperata nello scorso decennio, producendo una classe media in ascesa, e una comunità imprenditoriale che ha molto da perdere nel caso che  la fiducia degli investitori e i tassi di cambio delle valute debbano diminuire bruscamente. La realtà è complicata dal fatto che parte di coloro che hanno avuto un guadagno economico, erano allineati con l’AKP  (Partito per la giustizia e lo sviluppo, in turco Adalet ve Kalkınma Partisi),  e dal grado in cui le forze armate turche sono anche i maggiori azionisti nel settore privato. Seconda cosa, un risultato importante della dirigenza dell’AKP è stata di depoliticizzare il ruolo dell’esercito turco, in parte per proteggersi dalla sua interferenza, e in parte per soddisfare i criteri di adesione  all’Unione Europea.

Assenza di comunità

L’alienazione e la sofferenza emotiva è più un simbolo che una spiegazione del perché esistano delle tensioni politiche così forti. Per capire meglio, questi conflitti riguardano la classe sociale, la religione, lo status, lo stile politico, e i benefici del controllo governativo. Una fonte ulteriore di antagonismo pubblico è il dibattito non risolto e per lo più non riconosciuto, sulla vera natura della democrazia come ideale per un buon modo di governare. Un elemento che causa confusione è il linguaggio, specialmente l’uso che di esso fanno i politici interessati alla pubblica opinione.

C’è questo impulso da un lato a basare la legittimità governativa sul compiacere la cittadinanza, e dall’altro a insistere sulla fedeltà alla legge e al costituzionalismo. Ogni lato è motivato da convinzioni inesprimibili e non ha propensione ad ascoltare, tanto meno ad apprezzare, ciò che gli altri dicono. In effetti, un buon modo di governare è impossibile senza un qualche senso della comunità, e quello che è diventato evidente è che attualmente l’unità della società non è raggiungibile se c’è quel tipo di alienazione che ha colpito il pubblico in Egitto, in Turchia e altrove.

Struggersi di desiderio  per i vecchi tempi

Parte della controversia si può ridurre a queste differenze proprio sulla natura delle democrazia, che deve essere qualificata in uno dei due modi: maggioritaria o repubblicana. E qui c’è la tensione fondamentale: il mito pubblico in tutti i paesi che si ritengono “moderni” appoggiano la tradizione repubblicana di governo limitato e di  controlli ed equilibri  interni, mentre la cultura politica è decisamente ambivalente. Può legittimare spontaneamente le prerogative maggioritarie di un leader popolare che abbia un forte appoggio della società. Coloro che sono stati rimossi, si rammaricano  delle tendenze autoritarie che non li hanno mai disturbati in passato quando tenevano le redini dell’autorità governativa.

Parte delle recente confusione sta nel fatto che talvolta la tendenza autoritaria diventa così corrotta che perde l’appoggio tra coloro che fanno parte della stessa classe e che ne condividono l’atteggiamento ideologico, ed emerge un entusiasmo riformista. Questo è accaduto in Egitto, ma ha avuto vita breve dato che i suoi aderenti, presi dai ranghi delle elite cittadine colte, si sono rapidamente resi conto che i loro interessi e i loro valori erano maggiormente messi a rischio dal “nuovo” ordine di quanto lo fossero stati dagli eccessi del “vecchio” ordine.

In Turchia la situazione è più sottile, e tuttavia mostra parecchie caratteristiche analoghe. Malgrado il risultato delle elezioni che inizialmente ha portato al potere l’AKP nel 2002, in seguito rinforzato da mandati elettorali più solidi nel 2007 e nel 2012, la maggior parte dell’opposizione non ha mai accettato questi risultati come legittimi. Sullo sfondo  di questa alienazione c’era la convinzione implicita e temuta che l’AKP stesse lanciando una sfida alla forte eredità laicista di Kemal Ataurk. Con acume politico, l’AKP ha manovrato in modo pragmatico, creando un’economia in rapida crescita, proclamando la sua fedeltà al credo laico, e sottomettendo, in varie fasi, le forze armate al controllo civile. Malgrado la rilevanza di questi successi, l’AKP ed Erdogan non hanno mai ottenuto il rispetto dell’opposizione anti-religiosa. Stranamente, questa opposizione alienata, non è stata mai in grado di presentare una piattaforma di opposizione responsabile che poteva dare ai turchi un’alternativa positiva. L’eredità di Ataturk comprendeva l’accettazione di una democrazia procedurale sotto forma di elezioni libere e corrette, con l’ipotesi apparente implicita che il risultato sarebbe stato fedele al suo orientamento modernista. Quando, nel 2002, l’AKP ha deluso queste aspettative, l’opposizione si è rapidamente stufata dei meccanismi della “democrazia”. Il violento stile oratorio di Erdogan è particolarmente irritante per un’opposizione già alienata e rinforza la sua convinzione che qualsiasi alternativa sia migliore dell’AKP per la Turchia.

Analogamente, l’ancora oscuro  disaccordo pubblico tra l’AKP e il movimento hizmet, (movimento civile che si ispira ai valori dell’Islam, n.d.t.)  ha inoculato un nuovo virus nell’organismo politico turco. Forse la Turchia sta sperimentando alcune delle disavventure  connesse al fatto di mantenere al potere troppo a lungo un partito politico. Questo controllo prolungato del governo, produce quasi inevitabilmente scandali e corruzione, specialmente nella cultura politica dove la norma giuridica e l’etica della virtù civica non sono mai state molto forti.

Maggioritario o repubblicano?

Tenendo a mente questo insieme di considerazioni, la distinzione tra “Democrazia maggioritaria”e “Democrazia repubblicana” sembra importante. Nella democrazia maggioritaria la dirigenza è fondamentalmente responsabile verso gli elettori, e se le sue politiche riflettono la volontà della maggioranza, le opinioni e i valori delle minoranze contrarie non c’è bisogno che vengano rispettate. Alcune opinioni critiche trattano forme di governo di questo genere come soggette alla “tirannia della maggioranza”. Presumibilmente, dopo l’elezione di Morsi nel 2012, e data l’opposizione amareggiata che sembrava riluttante ad accettare il risultato del voto, la Fratellanza Musulmana usava le prerogative di ufficio in un tentativo fallito di imporre il volere maggioritario.

La Democrazia repubblicana” invece, inizia con un’opinione generalmente scettica della natura umana, e cerca soprattutto di trovare procedure e di sostenere la promozione di una cultura politica che apprezza il governo moderato più dell’efficienza e della dirigenza eccezionale. Il fatto che l’America abbia adottato una repubblica democratica è un classico esempio di modellare  un sistema costituzionale che era sospettoso delle maggioranze e protettivo nei confronti delle minoranze e dei diritti individuali (sebbene all’inizio fosse totalmente cieco alle rivendicazioni degli schiavi e degli americani nativi).

Interrompere la connessione del governo con le affermazioni religiose di certezza, era anche coerente con la sensibilità repubblicana per i difetti umani e per il sistema di convinzioni generali del famoso detto di Lord Acton che “il potere corrompe e il potere assoluto corrompe assolutamente”. Dato che nel corso del  tempo ogni sistema politico affronta delle crisi, i fondatori americani si sono resi conto che gli accordi immaginati sarebbero sopravvissuti alla prova del tempo, se rispondevano a due condizioni: prima, la riverenza per la costituzione sia da parte dei legislatori che dei cittadini, e, seconda, la supremazia giudiziaria per superare le oscillazioni  legislative ed esecutive verso o l’attuazione delle passioni passeggere della folla o l’aumento del potere e dell’autorità e quindi verso lo sconvolgimento del delicato equilibrio delle istituzioni.

Non c’è certo bisogno di sostenere che né l’Egitto né la Turchia sono lontanamente simili agli Stati Uniti, ma l’abbraccio superficiale della democrazia da parte di queste e di altre nazioni, potrebbe trarre vantaggio dall’esame più accurato della minaccia della democrazia maggioritaria in un sistema di governo frammentato e delle difficoltà di istituire una democrazia repubblicana nelle culture politiche che sono state controllate così a lungo dal militarismo e dall’autoritarismo.

L’Egitto sta sperimentando la restaurazione essenzialmente anti-democratica di militarismo autoritario, mentre la Turchia sta cercando di conservare sufficiente stabilità e consenso per consentire il persistere auto-controllato  di una democrazia procedurale  e un riuscito processo di rinnovamento costituzionale che liberi il paese dalla visione militarista di governo del 1982, e che si muova verso la creazione di una struttura istituzionale e procedurale e delle salvaguardie collegate alla democrazia repubblicana. Una tale visione di futuro democratico per la Turchia implica un  processo, non un evento, e richiederà una lotta continua inevitabilmente sviata da crisi di legittimità. La speranza è che le menti calme prevarranno; servire gli interessi a lungo termine di uno stato che  conserva un grande potenziale per essere il raggio di luce nella regione e oltre.


Richard Falk è Professore Emerito di legge internazionale alla cattedra intitolata  Albert G Milbank nell’Università di Princeton, ed eminente Visiting Professor di Studi globali e internazionali all’Università della California, sede di Santa Barbara. E’ anche Relatore Speciale dell’ONU per i diritti umani dei palestinesi.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/majoritarian-democracy-vs-republican-democracy-by-richard-falk

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