La Voce della Russia
7 agosto 2014

Il nemico alle porte in Arabia Saudita

Una recente dichiarazione di uno dei leader dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL) ha espresso la volontà di un attacco verso l'Arabia Saudita, provocando una forte preoccupazione nel regno. Al confine con l'Iraq, la maggior parte del quale è controllato dall’ISIL, sono schierati oltre 30 mila soldati.

Riyadh ha chiesto garanzie per l'aiuto militare da parte dei suoi principali alleati nel mondo arabo: Egitto e Pakistan. Il Paese, che è il quarto per spese di difesa al mondo, a quanto pare, non è certo dell'efficacia delle proprie forze armate.

Naturalmente, tutti conoscevano il rischio che i sudditi radicali del regno prima o poi sarebbero ritornati. Ma a giudicare dalla reazione di Riyadh, quasi nessuno pensava che agli stessi confini del Paese si ponesse una così inaspettata e grande forza organizzata, attrezzata e motivata. Oltre ad una strategia militare efficiente e flessibile sotto il nome di “Califfato”.

Fin dall'inizio, la gestione dell’ISIL ha realizzato una serie di passi progressivi e realistici. L’esperienza del combattimento fatta in Siria, al momento giusto, ha concentrato i suoi sforzi sul fronte orientale. Trovando in Iraq risorse materiali e un territorio dotato di sufficienti comunicazioni che permette alle forze del Califfato di manovrare e spostare attrezzature pesanti. L'esercito è ora impegnato nel consolidamento dei territori occupati e delle forze armate. Sarà il “Califfato” a continuare ad attaccare in Siria e in Iraq, nei territori in cui vi è una popolazione ostile e grandi gruppi dell'esercito regolare? Questa per molti è la speranza. Tuttavia, Theodore Karasik dell'Istituto di Studi Militari in Medio Oriente e nel Golfo Persico a Dubai (Institute for Near East and Gulf Military Analysis ) ha detto che subito dopo il consolidamento delle forze ISIL c'è un reale pericolo che tentino un “ritorno al regno”. E ci sono ragioni che giustificano questo punto di vista.

È improbabile che l’ISIL faccia affidamento esclusivamente sul successo dell’intrusione come è successo in Iraq. Già in primavera, nel regno, ci sono stati segni di rivitalizzazione della "quinta colonna" del gruppo. Da aprile a giugno l’ISIL sempre nel regno ha utilizzato attivamente applicazioni mobili per la propaganda e il reclutamento dei sostenitori. Nel mese di maggio, Riyadh ha dichiarato di aver svelato una cospirazione legata ai terroristi ISIL. Obiettivo era l'omicidio di alti funzionari sauditi e leader religiosi. Dall'estate l’ISIL scrive slogan sui muri in tutto il regno e nel mese di giugno nella capitale sono apparsi volantini del “Califfato”. Il primo di agosto l’ISIL ha diramato nelle reti sociali saudite una campagna per raccogliere i dati personali dei servizi segreti sauditi allo scopo di distruggerli. Risultato: circa 30 mila post, con indirizzi, fotografie e telefoni di un gran numero di cittadini, presumibilmente legati al Servizio Generale d’Informazioni Saudita.

L’attivazione dell’ISIL è già sostenuta dall’alleato del “fronte meridionale” di Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP). Il video dell'attacco terroristico del 4 luglio, quando due terroristi dell’AQAP si sono fatti esplodere al posto di frontiera al confine con lo Yemen, si è concluso con la minaccia di ulteriori attacchi, non solo alle frontiere, ma anche in profondità nel territorio dell’Arabia Saudita.

Ma se il “Califfato” non riuscirà ad eseguire un'operazione militare nel regno, la sua minaccia di distruzione dei luoghi santi musulmani è abbastanza reale. Questo è già successo.

Oggi pochi ricordano che nel 1979 quando in Iran, dopo il rovesciamento dello Scià, è stata creata la repubblica islamica, in Arabia Saudita ci sono stati processi simili. Il 20 novembre 500 estremisti religiosi occuparono per più di due settimane la Grande Moschea della Mecca chiedendo il rovesciamento della monarchia e l'espulsione delle imprese straniere e degli "infedeli" dal Paese. Durante l’assalto la moschea fu distrutta. 63 terroristi furono decapitati pubblicamente, ma uno dei sospetti, un certo Mahrous bin Laden fu rilasciato. E il capo delle operazioni speciali del SOR, principe Turki bin Faisal Al Saud, suggerì al suo fratello Osama di andare in Afghanistan ad aiutare i mujaheddin...

Dopo trentacinque anni, quelli che sono cresciuti sulle idee di Osama bin Laden, minacciano nuovamente di distruggere la Grande Moschea della Mecca. Ma ora appaiono in grado di farlo molto più di allora.

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