http://nena-news.it
17 mar 2014

ARABIA SAUDITA. Pioggia di divieti dai nomi propri ai libri
di Giorgia Grifoni

Proibiti 50 nomi “stranieri”, “blasfemi” e “inappropriati” per ordine del ministero dell’Interno, assieme ai libri di circa 420 autori, tra cui tutte le opere del grande poeta palestinese Mahmoud Darwish

Roma, 17 marzo 2014, Nena News – Linda, Sandy ed Elaine? Nomi “stranieri” che “contraddicono le norme religiose e culturali del Paese”. E i popolarissimi Malika (Regina), Amir (Principe) o Sumuw (Altezza)? Vietati perché hanno “connotazioni reali”. Quanto a Malak (Angelo) e Nabi (Profeta) sono addirittura blasfemi, perché potrebbero “offendere la sensibilità religiosa”, assieme ad alcuni composti dei 99 nomi del Profeta Maometto, come Abdul Nabi (Servo del Profeta) e Abdul Rasul (Servo del Messaggero), considerati “controversi”, perché si prestano a una “doppia interpretazione”. Per questo, il ministro dell’Interno saudita ha deciso la settimana scorsa di bandire 50 nomi in tutto il Regno, cosicché nessun nuovo nascituro possa portarli.

I nomi vietati sono stati giudicati secondo tre categorie: quelli che offendono la sensibilità religiosa, quelli affiliati alla monarchia e quelli che hanno un’origine non araba o non islamica. E così, nel calderone degli appellativi proibiti sono finiti, oltre a quelli di origine inglese, anche quelli di origine preislamica, ebraica soprattutto: in voga un po’ dappertutto in Medio Oriente, seppur arabizzati, non hanno passato la selezione Jibreel (Gabriele) o Binyamin, che il caso vuole sia anche il nome del primo ministro israeliano. A proposito di rivalità politiche, anche il nome Abdul Nasser (servo del Vittorioso), il cui più famoso portatore è stato il presidente egiziano più odiato dai sauditi, è stato bandito.

La spiegazione ufficiale è che nomi come questo, diffusissimi nei paesi islamici per via dei 99 appellativi del profeta Maometto, sono ambigui per via delle multiple interpretazioni che possono essere loro date. La radice di “Abdul”, infatti, è “Abd”, che tradotto può significare sia “devoto, adoratore” che “servo, schiavo”. Secondo i musulmani più rigorosi, infatti, la giusta interpretazione di Abdul è adoratore e, dato che solo Dio può essere adorato, tutti gli altri composti devono essere proibiti.

Ma a Riyadh non è solo battaglia di nomi, in questi giorni. Anche la cultura, specialmente la letteratura, è finita del mirino delle autorità saudite. All’annuale fiera internazionale del libro, organizzata due settimane fa a Riyadh e terminata ieri, gli organizzatori (dopo le minacce della polizia religiosa) hanno sequestrato circa 10 mila copie di 420 libri appena banditi: tra loro, ci sono tutte le opere del poeta palestinese Mahmoud Darwish, ree di contenere “messaggi blasfemi” che “violano le norme del Regno”,  come ha puntualizzato il Ministero saudita della Cultura. In realtà, è la lotta per la libertà impressa nelle pagine scritte da Darwish a spaventare le autorità saudite, che da tre anni soffocano ferocemente qualsiasi alito di dissenso nell’angoscia di ritrovarsi nelle proprie piazze movimenti simili a quelli che hanno dato impulso alla cosiddetta “Primavera araba”.

Non è un caso, infatti, che tra i volumi sequestrati ci sia, oltre a “Storia dell’Hijab (il velo che incornicia il viso, ndr)” e “Il femminismo nell’Islam”, anche “Quando potranno guidare un’auto le donne saudite?”, dello scrittore Abdullah al-Alami. E non sorprende neanche che “Revolution”, scritto dall’attivista egiziano Wael Ghonim, in prima linea durante la rivoluzione che ha deposto il presidente Hosni Mubarak nel gennaio del 2011, sia finito tra i libri illegali.

La repressione nei confronti delle opere letterarie si iscrive anche nella recente “Guerra fredda araba”, che vede Arabia Saudita, Bahrein ed Emirati contro il Qatar, colpevole di sostenere i Fratelli Musulmani egiziani e di continuare a fare propaganda grazie al network al-Jazeera. Per una strana coincidenza, infatti, tra i libri sequestrati ci sono tutte le opere di Azmi Bishara, palestinese cittadino di Israele  ex-membro della Knesset: dopo aver lasciato il Paese, Bishara vive ora in Qatar. Nena News.

top