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08/01/2014

Turchia, l’epurazione di Erdogan è una lotta fratricida
di Marco Cesario

Nuove vittime della lotta di potere tra Erdogan e la potente comunità Gulen, che la Cia rafforzò

Non si placa la guerra fratricida tra il governo dell’Akp e le forze di polizia e magistratura, nell’orbita d’influenza della potente Comunità Gülen. Dopo le purghe che hanno portato al siluramento di ben 350 poliziotti, nella notte sono stati rimossi i capi della polizia di 16 province tra cui importanti centri come Ankara, Smirne, Antalya e Diyarbakir. Nella giornata di ieri è stato rimosso anche il vicecapo della pubblica sicurezza nazionale. Sono 600 soltanto ad Ankara i responsabili ed ufficiali della polizia silurati dal 17 Dicembre scorso mentre secondo l’Hurriyet le purghe in tutta la Turchia hanno portato al siluramento o al trasferimento di ben 1700 persone. Come ha denunciato l’editorialista Mehmet Tezkan dalla colonne del Milliyet, oramai la polizia nazionale «è stata letteralmente sventrata».

Nel calderone delle purghe dell’Akp sono finiti inoltre alti funzionari del ministero delle Finanze e dei Trasporti e gli stessi inquirenti a capo dell’inchiesta anti-corruzione che ha investito il governo come il procuratore Zekeriya Öz, Muammer Akkaş e il nuovo capo della polizia di Istanbul Selami Altınok. E mentre l’Alto Consiglio dei Giudici e dei Procuratori (Hsky) ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sulle pressioni esercitate dall’esecutivo sui magistrati che indagano sul governo, l’Akp ha già depositato martedì scorso in parlamento un progetto di legge per limitare i poteri di questa istituzione. Insomma la guerra ta l’Akp e la Comunità Gülen infuria con Erdoğan che continua ad accusare quest’ultima di aver creato uno «Stato parallelo». Ma è davvero così?

Comunità Gülen e Stato Profondo
«Dovete muovervi nelle arterie del sistema senza che nessuno noti la vostra esistenza fino a quando non avrete raggiunto tutti i centri di potere». In questo famoso sermone, rivelato alla televisione turca nel 1999, il predicatore Fethullah Gülen spiegava ai propri accoliti e fedeli come penetrare nel sistema di potere della Turchia e come inserirsi nei gangli dell’amministrazione creando un vero e proprio stato nello stato o meglio uno nuovo “stato profondo” alla stregua di quello creato con il concorso della Cia all’indomani della Seconda Guerra Mondiale per allontanare il pericolo di un’invasione delle forze del Patto di Varsavia.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale infatti la Cia, temendo che la Turchia barcollasse verso il bacino d’influenza del nemico sovietico, si servì di un personaggio oscuro, il “barone nero” della Turchia il colonnello Alparslan Türkeş, per condurre un’operazione segreta. Fondatore del partito neofascista Mhp, Türkeş fu ingaggiato dalla Cia nel 1948 per stabilire in Turchia un’organizzazione di tipo Stay Behind e preparare il retroterra per una guerriglia armata nel caso di un’invasione della forze del Patto di Varsavia. Quando la Turchia entrò a far parte della Nato, nel 1952, Alparslan Türkeş aveva già fondato il seferberlik taktik kurulu (Stk), Gruppo di mobilitazione tattica, all’interno  dell’edificio dell’American aid delegation, controllato dalla Cia, nel distretto di Bahçelievler ad Ankara. Il gruppo fu ristrutturato nel 1965 e ribattezzato Özel Harp Dairesi (Ohp), Dipartimento speciale per la guerra, nome con il quale divenne noto al grande pubblico dopo le rivelazioni legate all’operazione Gladio.

Cia, Lupi Grigi e Anticomunismo
In Turchia la Cia si servì di milizie paramilitari e formazioni ultranazionaliste per condurre su tutto il territorio, e in special modo nel Kurdistan turco, “guerre irregolari”. Soldati della Contro-guerriglia (la Gladio turca), Lupi Grigi e agenti del Mit (il servizio segreto turco), protetti dai militari e dai partiti di estrema destra, condussero una vera e propria guerra civile contro le forze della sinistra politica  Negli anni ’50, in piena Guerra fredda e proprio sulla falsariga dell’operazione Gladio in Italia, lo “stato profondo” si propose di contrastare il pericolo rosso e l’insorgenza di partiti e sindacati d’ispirazione comunista attraverso colpi di stato ed una strategia della tensione il cui scopo era quello di polarizzare l’attenzione sulla necessità di instaurare un regime autoritario retto da militari. 

Negli anni ’70 le guerre irregolari provocarono la morte di almeno cinquemila persone con i commando d’estrema destra responsabili della maggior parte degli attacchi e tessero le fila che porteranno al colpo di stato del 12 Settembre 1980. La storia travagliata del predicatore Fethullah Gülen affonda le radici proprio in questo turbolento contesto politico. Del resto a Erzurum, proprio vicino al suo villaggio natale Korucuk nell’Anatolia Orientale, Gülen fondò negli anni ’60 un’Associazione per combattere il Comunismo  Il Movimento Gülen, fondato da dodici persone (come gli apostoli) e noto anche come movimento Hizmet (« servizio »), oggi però può contare su milioni di seguaci in tutto il mondo, scuole in centoquaranta paesi, una banca, un impero mediatico, ospedali, una compagnia d’assicurazione e l’università Fatih d’İstanbul.

Il potere della Comunità Gülen è basato principalmente sulla rete capillare di dershane (città universitarie), ışıkevis (residenze studentesche) e scuole preparatorie. A queste si aggiungono le cosiddette ışık evleri (case della luce), appartamenti ‘collettivi’ pagati da uomini d’affari vicini alla Cemaat e messi a disposizione di giovani provenienti dai quartieri più poveri che poi saranno adeguatamente formati, spinti a conquistare ruoli di potere a diversi livelli all’interno dello Stato per diventare la futura classe dirigente della Turchia.

Un impero mediatico transnazionale
L’aspetto più inquietante di quest’organizzazione tentacolare è, indubbiamente, l’impero mediatico costruito per garantirsi un consenso e una larga diffusione delle proprie idee. In Turchia la Comunità Gülen possiede infatti Zaman, il più diffuso quotidiano turco con una tiratura media giornaliera di quasi un milione di copie. In realtà poco più di ventiduemila copie sono vendute realmente nei chioschi. Altre centinaia di migliaia risultano riservate agli abbonati, ovvero distribuite gratuitamente nei Ministeri, nelle scuole e agli imprenditori locali per allargare ulteriormente le fette di mercato del quotidiano. Zaman ha anche edizioni online in diversi paesi tra cui Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Bulgaria, Francia, Kazakhstan, Macedonia, Romania e Turkmenistan. 

Oltre Zaman, la Cemaat può contare su diverse riviste, quotidiani e siti web in Turchia (ad esempio Aksiyon, Dialog Avrasya Dergisi, Ekoloji, Gonca, Sızıntı, Yeni Ümit, Taraf, Yağmur e zirvedergisi.com) oltre che numerosi quotidiani e riviste in lingue straniere. Vicina alla Cemaat è anche l’agenzia stampa Cha (Cihan Haber Ajansi), le televisioni Samanyolu, la Mehtap Tv, Yumurcak, Kure TV, il canale satellitare in lingua inglese Ebru TV e diverse radio. Negli anni ’90 venne creata la banca Asya Finans per organizzare le attività educative della Comunità in Asia centrale e, nel 1994, la Turkiye yazarlar ve gazeteciler vakfi (Fondazione degli scrittori e giornalisti di Turchia) con lo scopo di sedurre l’opinione pubblica e conquistarla alla causa della Cemaat. Falsi giornalisti, dunque, sguinzagliati per creare opinione e consenso.

Imam Globale e Stati Uniti
Secondo un rapporto stilato il 18 Novembre 2009 dall’agenzia d’intelligence Stratfor e destinato allo Us Department of homeland security e all’Agenzia d’Intelligence Americana e messo in rete il 7 Marzo del 2012 da Wikileaks, il Movimento Gülen che « gestisce milioni di dollari« e che possiede «università, banche, Ong e reti televisive in Turchia ed altri paesi» - sebbene si sia imposto in Turchia - ha una portata globale. Gülen è spesso soprannominato “l’Imam Globale”.

Il Procuratore Nuh Mete Yuksel, nel Gennaio 2001 - ovvero durante un processo contro Fethullah Gülen - aveva affermato di avere la certezza che esistessero legami tra Gülen e i servizi segreti americani (Cia). Yuksel aveva attinto le sue informazioni da un rapporto intitolato Operation Agents – Infiltration Spies and Fethullah-ists, stilato da un ricercatore dell’Università di Ankara, Necip Hablemitoğlu. Nel suo rapporto Hablemitoğlu affermava che Gülen aveva volontariamente lavorato come agente per la Cia ed aveva vissuto sotto protezione del Federal Bureau of Investigation (Fbi) nello Stato di Pennsylvania, in una specie di “compound” appositamente disegnato per lui.

Non è un caso infatti che Gülen continui a vivere negli Stati Uniti e che abbia ottenuto la residenza americana nel 2008. Sin dall’epoca in cui si è installata negli Usa, la Comunità di Fethullah Gülen è inoltre nota per aver supportato le campagne elettorali di diversi politici americani. Hillary Clinton ad esempio ha partecipato ad alcuni eventi della Comunità Gülen, incluso una colazione per celebrare l’inizio del Ramadan nel Settembre del 2007 organizzato dal Centro culturale Gülenista di New York. Dal 2011 però la Comunità di Fethullah Gülen è oggetto di inchieste da parte del Federal bureau of investigation (Fbi) e dal dipartimento di Giustizia e ministero dell’Istruzione Usa per lo scandalo delle «charter schools» la cui rete si basa sull’utilizzo illegale di fondi scolastici.

Secondo il giornalista Ahmet Şık, la Comunità Gülen avrebbe infiltrato il 90% delle forze di polizia in Turchia. L’organigramma dei Fethullahçis - che hanno infiltrato progressivamente polizia, servizi segreti, magistratura - è strutturato sulla falsariga di una loggia massonica il cui scopo è quello di formare nuove leve direttamente nelle scuole e nelle accademie di polizia, leve che poi diverranno quadri dirigenti della setta, “associati”. Un altro reporter, Nedim Şener, afferma in un suo libro che il capo dell’intelligence della polizia d’Istanbul Ali Fuat Yilmazer oltre ad essere molto vicino al premier Erdoğan, è uno degli uomini chiave di Gülen in Turchia ed è implicato nel complotto che ha portato all’assassinio del giornalista turco-armeno Hrant Dink. Da notare che entrambi i giornalisti si sono fatti un anno di prigione per queste rivelazioni.

Il processo contro Fethullah Gülen
Nel 1999 Fethullah Gülen, s’era auto-esiliato in America per evitare d’incorrere in un processo per aver attentato alla laicità dello stato e per aver fomentato l’instaurazione in Turchia di una teocrazia islamica. Nel 2000 il procuratore capo del Tribunale di Ankara Nuh Mete Yüksel aveva chiesto un mandato di arresto per Fethullah Gülen che nel frattempo era già negli Usa col pretesto di seguire un trattamento medico. Il 28 agosto di quell’anno la richiesta di mandato d’arresto in absentia contro il leader fu respinta ma il Tribunale di Ankara lo incriminò ugualmente per aver tentato di sovvertire l’ordine costituzionale della Repubblica turca ed aver cercato di stabilire uno stato basato su principi islamici. Per lui furono chiesti dieci anni di prigione.

Il processo contro Fethullah Gülen durò tre anni. Alla fine il caso fu archiviato, dato che lo stesso delitto non avrebbe potuto essere commesso nuovamente nell’arco dei seguenti cinque (in virtù di una legge nota come «legge-amnistia di Rahsan Ecevit»). Successive modifiche al Codice penale e alla Legge sull’antiterrorismo (nel 2003 l’articolo 1 della Legge sull’antiterrorismo era stato modificato con l’aggiunta di una clausola secondo la quale occorreva che fossero riunite le condizioni di violenza affinché una certa azione fosse considerata «terroristica») permisero agli avvocati di Fethullah Gülen, il 7 marzo 2006, di chiedere l’apertura di un nuovo processo chiedendo l’assoluzione per il loro assistito. Gli avvocati di Gülen puntarono tutto sull’assenza di alcuna prova che il loro assistito avesse mai usato la violenza. E in effetti non la usò mai. Il Tribunale penale di Ankara dunque lo prosciolse. Il 5 maggio del 2008 la Corte di Cassazione confermò l’assoluzione.

Restava però l’ombra di un rapporto dell’intelligence redatto nel 1999 in cui si spiegava che Fethullah Gülen usava spesso nei suoi libri e discorsi espressioni come «Caserme della Luce», «Cavalleria della Luce» o «Soldati della Luce», termini volutamente edulcorati e spiritualisti per nascondere la reale natura del suo disegno politico, la volontà di erigere un regime teocratico. Non è un caso infatti se oggi la Turchia conta più di 85.000 moschee attive, cioè una per ogni 350 abitanti, la più alta densità al mondo. Il rapporto con gli ospedali, uno per ogni 60.000 abitanti (1.220 in media) e con le scuole (67.000 in tutto circa) farebbe impallidire anche paesi come l’Iran o l’Arabia saudita.

I rapporti tra Comunità di Fethullah Gülen e l’Akp
Nonostante il fatto che la Cemaat sia rimasta nel tempo sostanzialmente fuori dai partiti, dal 2001, ovvero dalla fondazione dell’Akp, la Cemaat ha fornito un solido sostegno all’Akp. Le due visioni però non coincidono perché, se pure entrambi i movimenti incarnano valori sociali conservatori restano nondimeno due organizzazioni politiche in competizione. L’Akp infatti affonda le proprie radici nel movimento Millî Görüş, fondato nel 1969 da Necmettin Erbakan, il quale a sua volta traeva origine dalla tarikat (confraternita religiosa) sufi Naqshbandi mentre il movimento Gülen trae orgine dalla tarikat Nur fondata da ‘Bediuzzaman’ Said Nursi, teologo dell’islam sunnita e ispiratore di un movimento religioso di rinnovamento dell’Islam in Turchia che conta oggi milioni di seguaci (i cosiddetti Nurcus’). Said Nursî riformò l’islam di Turchia coniugando islam e scienza. Non per niente Gülen aveva adottato alla fine degli anni ’70 la dottrina di Said Nursi ed era diventato membro di un’assoCiazione chiamata "Nurcus e la Diffusione della Scienza" ( Nurcular ve İlim yayma Cemiyeti). I rapporti tra Akp e la Cemaat sono stati spesso freddi. Una frattura maggiore ad esempio c’è stata con l’inchiesta Ergenekon, poi con la crisi del Mit, l’ultima in ordine di tempo sulla chiusura delle dershane.

Eppure, malgrado le differenze, lo scopo di mantenere il potere politico in Turchia ha unito la Comunità e l’Akp in un’alleanza di convenienza. Negli anni l’Akp ha fornito la sua struttura organizzativa, il suo patrimonio politico di partito al governo che ha permesso alla Cemaat di piazzare suoi uomini in ruoli chiave all’interno della burocrazia ma anche di ricevere adeguata protezione politica. Dall’altro lato la Comunità ha fornito all’Akp soldi, il supporto dei media e ha garantito la mobilitazione degli elettori. La Cemaat è riuscita inoltre anche ad ingraziarsi l’Occidente utilizzando i temi-chiave di diyalog (dialogo) e hoşgörü (tolleranza) nel corso di diversi incontri sapientemente mediatizzati con personalità religiose di calibro internazionale come il Papa dell’epoca Giovanni Paolo II o del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I.

Rientrano sulla scena politica i militari
E oggi? I due movimenti sono nel pieno di una guerra fratricida e senza esclusione di colpi. La lotta furibonda di potere tra questi due colossi che detengono le redini del potere, in previsione delle prossime scadenze elettorali, determinerà il futuro politico della Turchia. E non è detto che sarà un futuro roseo. Tanto più che stanno rientrando sulla scena politica i militari. Lo Stato maggiore dell’Esercito ha infatti appena chiesto l’apertura d’una inchiesta per complotto ai danni dei quadri dell’esercito (dopo le epurazioni di militari nelle inchieste Balyoz e Ergenekon) denunciando i legami sospetti tra alcuni magistrati e la Comunità Gülen. Ora dunque l’Akp potrebbe trovare nell’esercito l’alleato insperato per sbarazzarsi definitivamente e in un colpo solo sia delle inchieste della magistratura sia delle ingerenze, sempre più pervasive, della Comunità Gülen.

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