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17 maggio 2014

La guerra sanguinosa che non esiste
di Ramzy Baroud
Traduzione di Maria Chiara Starace

“Oggi in Yemen l’ambasciata statunitense è chiusa al pubblico. I funzionari dicono alla CCN che ci sono informazioni credibili di una minaccia contro gli interessi occidentali,” ha comunicato un conduttore di telegiornale della CCN che ha letto il bollettino l’8 maggio.

Questo è lo Yemen della CNN. E’ lo Yemen che sembra esistere per un unico scopo e per niente altro: mantenere gli interessi occidentali, e per estensione, quelli degli Stati Uniti in quella parte del mondo. Quando gli interessi sono minacciati,  solo allora lo Yemen è importante.

Lo Yemen degli ‘interessi occidentali’

Ogni riferimento che c’è in quel discorso specificamente confezionato, serve a uno scopo. E’ come se al-Qaida nella Penisola Arabica esistesse per giustificare l’intervento militare statunitense e la infinita guerra con i droni. E stato riferito che lo scorso aprile  63 yemeniti sono stati uccisi in attacchi statunitensi con i droni che presumibilmente avevano come obiettivo  al-Qaida. Nessuna verifica credibile di questa affermazione è disponibile, e nessuna delle vittime è stata identificata. Gli attacchi “signature”con i droni * non richiedono l’identificazione, ci hanno detto. Potrebbero volerci mesi, se non anni, prima che i gruppi per i diritti facciano luce sulle uccisioni avvenute in Aprile, che sono una continuazione di una prolungata guerra con i droni.

Il modo occidentale  di parlare dello Yemen è inconfondibile. È spinto da interessi e da poco altro. E’ fondamentalmente sul controllo delle aree strategiche. Il massiccio confine dello Yemen con l’Arabia Saudita e l’accesso alle maggiori vie d’acqua – il Mar Rosso, il Golfo di Aden e il Mar Arabico – e la sua vicinanza all’Africa e alla Somalia in particolare,  indicano tutti un’importanza senza pari  dello Yemen per gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali. Secondo questa narrazione, lo Yemen vuol dire petrolio e sicurezza. E’ quel tipo di ‘stabilità’ che garantisce che lo status quo preoccupato per gli interessi occidentali, rimanga intatto.

Anche la geografia dello Yemen è in qualche modo definita in base agli interessi. Il 7 maggio, quando si dice che i militanti avessero bombardato un oleodotto per l’esportazione fermando il flusso di  greggio che viaggia tra la provincia di Marib, nello Yemen centrale, al Mar Rosso, la geografia dello Yemen si è precipitosamente

ridotta nella consapevolezza dei media, per diventare una mappa che a mala pena confina e segue gli oleodotti. Spesso non si racconta nulla di coloro che vivono, combattono, muoiono di fame e muoiono oltre i confini degli interessi occidentali indefiniti. La loro porzione della mappa dello Yemen viene raramente evidenziata.

In effetti in Occidente si sapeva  poco dello Yemen prima dell’ottobre del 2000, quando il vascello statunitense USS Cole, è stato danneggiato in un attacco suicida che ha ucciso 17 soldati statunitensi. Dell’attacco è stata in seguito data la colpa ad al-Qaida, preparando la strada alla opportuna versione dei fatti che continua a definire il coinvolgimento degli Stati Uniti in Yemen fino a oggi.

La ‘guerra al terrore’ degli Stati Uniti infatti aveva raggiunto lo Yemen anche prima che venisse scatenata  la guerra in Iraq pochi anni dopo. Migliaia di persone sono state uccise, diecine di migliaia sono state trasferite. La gente di quel paese povero, diviso, pieno di corruzione, è stata punita così severamente per crimini che non ha commesso.

Il motivo per cui la guerra in Yemen non si è mai trasformata in una guerra ‘allo Yemen’ è che la classe dirigente di quel paese  ha trovato un modo di coesistere con gli interessi sempre prevalenti degli Stati Uniti, comprese le loro dimensioni violente. Proprio quando gli Stati Uniti hanno cominciato la loro offensiva militare contro lo Yemen,  l’allora presidente Ali Abdullah Saleh ha introdotto un referendum per modificare la costituzione per promuovere il suo potere politico e quello della sua famiglia e per estendere il suo mandato

Molti yemeniti hanno perduto la vita per protestare conto la mossa di Saleh. Washington, tuttavia, non sembrava preoccuparsi. Saleh sapeva quale era il prezzo che si aspettavano da lui per assicurarsi il baratto. Nel novembre del 2001, ha fatto una visita con molta coreografia all’allora presidente Bush a Washington, dichiarando che lo Yemen  era ufficialmente entrato  nella ‘guerra al terrore’. La guerra in Yemen è andata avanti per anni, senza proteste di massa a Londra e a New York per chiedere una fine di quella guerra, come era successo invece per l’Iraq.

Malgrado le attrezzature militari pesanti, gli attacchi militari, gli attacchi dei droni, e corpi accatastati delle vittime raramente identificate, la guerra semplicemente non esisteva, sebbene i fatti dimostrassero il contrario.

Lo Yemen rivoluzionario

C’è però  uno Yemen che si interseca con questo, uno Yemen che è povero, uno Yemen che è ribelle e orgoglioso, e uno Yemen che è rovinato da una guerra civile e da una divisione apparentemente senza fine.

Uno storico imparziale vi direbbe che la rivoluzione è iniziata ben prima della Tunisia e dell’Egitto e di tutto il resto. Quello è uno Yemen dove i giovani disoccupati, gli uomini e le donne hanno dimostrato un notevole livello di tenacia e di determinazione, proteste di massa per l’uguaglianza, le riforme, la libertà e la  democrazia.

La consapevolezza popolare dello Yemen è semplicemente sorprendente. Come ha potuto la gente di un paese così povero e così diviso, padroneggiare un livello di mobilitazione di massa che è difficilmente presenta delle somiglianze  in qualsiasi altro posto?

Questo è lo Yemen dissidente e vivace. I suoi giovani hanno trasformato l’organizzazione politica in una forma d’arte. Quando hanno ammassato le loro forze popolari nelle più importanti città yemenite nel gennaio 2011, sembrava non ci fosse nessuna forza, per quanto letale, in grado di farli andare via dalle piazze. In effetti, Saleh ha tentato con tutto il  cuore, ma più uccideva, più gli yemeniti si impegnavano nella loro resistenza non violenta, e più rapidamente si moltiplicava il loro numero.

Povero Yemen

Questo Yemen politicamente consapevole si sovrappone a un altro, uno Yemen di dati statistici scioccanti. E’ un paese di 25 milioni di persone, dove il 54% vive al di sotto della soglia della povertà e dove la disoccupazione tra i giovani supera il 60% (la disoccupazione generale è del 40%, secondo recenti rapporti governativi citati sul sito Al Monitor). Milioni di yemeniti sono denutriti. I livelli di denutrizione sono i secondi più alti del mondo. 4,5 milioni non hanno la sicurezza alimentare. Quasi metà dei bambini del paese soffre di ritardo nella crescita.

Lo Yemen rivoluzionario prende forza ed è motivato dallo Yemen povero, oppresso, che viene sfruttato per ragioni politiche da coloro che, nel gennaio 2010 si sono autodesignati Amici dello Yemen.

E’ un altro circolo che fa da piattaforma politica intesa a bilanciare  la campagna statunitense di ‘guerra al terrore’, ma  finge di operare in modo indipendente da questa. Gli ‘amici’ dello Yemen hanno promesso miliardi, ma poco di questa somma è stato consegnato e soltanto una porzione di quello consegnato viene speso in modi che sono trasparenti o utili. Ci sono poche prove che i donatori dello Yemen facciano molta differenza nell’invertire il circolo vizioso di povertà radicata, di disoccupazione crescente e di continui deterioramento dell’economia.

Gli Amici dello Yemen si comportano come se la guerra degli Stati Uniti non fosse una componente importante della crisi dello Yemen. I problemi e i fallimenti dello Yemen sono discussi in base ad altre variabili – corruzione, governo modesto, e simili. Milioni di persone sono state spostate in altri luoghi da questa guerra. Hanno fame, sono disperati e spaventati dalla completa mancanza di sicurezza. Non è strano che in qualche modo la guerra degli Stati Uniti non è una voce sul loro programma?

Lo Yemen della divisione

Il discorso ufficiale yemenita è anche più curioso. Formatosi nel novembre 2011, dopo che Saleh aveva passato il potere al suo vice, ora Presidente Abdrabbuh Mansour Hadi, il governo yemenita continua a parlare di dialogo e di riforme. La Conferenza Nazionale per il Dialogo, si è conclusa nel gennaio 2014 dopo dieci mesi di discussioni intense. In febbraio, un comitato governativo ha approvato la raccomandazione di trasformare lo Yemen in una federazione di sei regioni. Questo viene inteso come il primo passo pratico verso una transizione politica duratura, ma è probabile che ispiri ulteriori divisioni dove dei partiti del sud stanno lottando per la completa secessione dal nord, e stanno ora organizzandosi per sconfiggere l’iniziativa del governo.

Lo Yemen è un paese di profonde divisioni politiche con una storia sanguinosa di separazione e unità, e di alleanze politiche che creano perplessità, che sono in costante separazione e formazione.

Uno e soltanto uno Yemen

Ma perché siamo troppo esitanti a raccontare la storia yemenita così com’è , con tutte le sue complessità e dettagli? Siamo intimiditi dall’assoluto intrico della storia? Oppure perché ricordiamo lo Yemen ogni volta che ci conviene fare così?

I media occidentali conoscono lo Yemen quando al-Qaeda minaccia gli interessi occidentali, o quando i membri di una tribù arrabbiati – frustrati dalla violenza congiunta degli Stati Uniti e del governo centrale e da anni di incuria – fanno saltare in aria un oleodotto.

Durante gran parte del 2011, i media arabi hanno si sono occupati  dello Yemen giorno e notte, promuovendo una narrazione indiscriminata sulla ‘Primavera Araba’, con scarso riguardo per la peculiarità della storia yemenita. Quando la Primavera non ha mantenuto quello che aveva promesso, lo Yemen è stato rinnegato e dimenticato, come sempre.

Occasionalmente le Nazioni Unite ricordano lo Yemen in uno dei loro rapporti intermittenti, mettendo in evidenza la povertà, la malnutrizione, e la disoccupazione, con grafici atroci e numeri tristi.

La cosa strana è che c’è soltanto uno Yemen e una sola storia dello Yemen: una storia di guerra, di interventi occidentali, di corruzione, di divisione di disoccupazione, di terrore, di povertà e di rivoluzione. Sono tutti aspetti della stessa storia, e continueranno a formare un’unica ragione fondamentale del perché lo Yemen è in questa crisi terribile.

Fino a quando non comprendiamo questo, lo Yemen continuerà a essere diviso in mini-storie in numerosi tipi di narrazione che a malapena si sovrappongo nei nostri notiziari, malgrado il fatto che in realtà succeda sempre.


http://arianna.libero.it/web/ricerca?qs=Gli+attacchi+signature+con+i+droni&Cerca=CERCA&f=us

Ramzy Baroud è caporedattore del sito web Middle East Eye. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, collaboratore e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Il suo libro più recente è: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story(Pluto Press, Londa).  [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata].


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/the-bloody-war-that-doesn-t-exist

Originale: non indicato

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