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9 luglio 2014

Il costo umano della Fortezza Europa

Dal 2000 almeno 23mila migranti sono morti nel tentativo di raggiungere l’Europa. Duecento sono morti nel Mediterraneo solo nei primi sei mesi del 2014. E il numero è destinato a salire vista la determinazione degli stati dell’Unione a chiudere le loro frontiere. Lo afferma un rapporto di Amnesty International pubblicato il 9 luglio e intitolato Il costo umano della fortezza Europa.

Amnesty International definisce “quantomeno discutibile” l’efficacia delle misure adottate nel corso degli anni per dissuadere gli immigrati irregolari e gli aspiranti rifugiati, e ritiene “incalcolabile” il costo umano pagato “dalle popolazioni più vulnerabili”. “Quasi la metà di coloro che cercano di entrare nell’Ue irregolarmente sono in fuga da conflitti o persecuzioni in paesi come la Siria, l’Afghanistan, la Somalia e l’Eritrea. I rifugiati devono essere dotati di maggiori possibilità di entrare nell’Ue in modo sicuro e legale affinché non siano costretti a intraprendere viaggi pericolosi”.

Inoltre, sottolinea l’organizzazione umanitaria, nel giro di sei anni l’Unione europea ha speso due miliardi di euro per la sorveglianza delle sue frontiere e solo 700 milioni per migliorare la situazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Amnesty teme inoltre che, contrariamente a ogni regola, paesi come Grecia, Bulgaria e Spagna respingano i migranti senza nemmeno esaminare le loro richieste d’asilo.

L’operazione Mare nostrum ha invece soccorso più di 50mila persone dall’ottobre del 2013. “La responsabilità per la morte di coloro che cercano di raggiungere l’Ue è una responsabilità collettiva. Altri stati membri dell’Ue possono e devono seguire l’esempio dell’Italia e impedire alla gente di annegare in mare”, afferma John Dalhuisen, direttore del Programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. “Gli stati dell’Unione europea devono cominciare a mettere le persone prima delle frontiere”.

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