Originale: Inter Press Service
Fonte: http://zcomm.org
http://znetitaly.altervista.org
3 novembre 2014

Il cimitero d’Europa degli emigranti
di Matt Carr
Traduzione di Maria Chiara Starace

Fin dalla fine della Guerra Fredda, il Mediterraneo è diventato la più letale delle barriere dell’Europa contro la migrazione irregolare,  che è costata la vita  a  quasi 20.000 immigrati negli scorsi due decenni.

E i primi nove mesi del 2014 indicano che il fenomeno è in aumento, con un numero maggiore di morti rispetto all’anno precedente.

Il mese scorso, un rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha riferito che 3.072 emigranti sono annegati nel Mediterraneo quest’anno su un totale mondiale  di  4.077. Queste cifre sono quasi certamente sottostime, perché molte morti di emigranti nel Mediterraneo non sono state riportate.

Nello stesso mese, un rapporto di Amnesty International sulle morti degli emigranti nel Mediterraneo stimava che 2.200 migranti sono morti tra l’inizio di giugno e la metà di settembre soltanto.

Il peggior incidente di questo periodo ha avuto luogo l’11 settembre, quando 500 uomini, donne e bambini, molti di loro profughi dalla Siria e palestinesi della Striscia di Gaza, sono affogati dopo che la loro barca era stata intenzionalmente affondata dai loro scafisti nelle acque territoriali maltesi.

Questo orrendo crimine è accaduto meno di un anno dopo gli orribili eventi dello scorso 3 ottobre, quando almeno 360 emigranti sono annegati quando la loro barca è affondata vicino all’isola italiana di Lampedusa.

All’epoca, gli annegamenti di Lampedusa hanno indotto a espressioni senza precedenti di rabbia e compassione a livello internazionale.

Papa Francesco, politici europei come Cecilia Malmström (Commissaria europea per gli affari interni) e Juan Manuel Barroso (Presidente della Commissione Europea), e il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, si sono tutti uniti al coro di condanna e hanno fatto appello alla comunità internazionale di agire per impedire tali tragedie in futuro.

Dodici mesi dopo, queste nobili dichiarazioni devono essere ancora messe in atto.

In seguito alla tragedia di Lampedusa, l’Italia ha intrapreso la più grossa operazione di ricerca e soccorso di Marina e guardia costiera congiunte, mai organizzata nella sua storia. E’ nota come “Operazione Mare Nostrum” ed è avvenuta in coincidenza con l’assegnazione all’Italia della Presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Costata 9  nove milioni di euro al mese, questa operazione ha salvato 100.000 persone.

Tuttavia, malgrado questi sforzi, il bilancio delle vittime è già quattro volte maggiore di quanto è stato in tutto l’anno scorso. Questo incremento è in parte dovuto all’aumento del numero delle persone che arrivano per mare, specialmente in conseguenza della guerra civile in Siria e del crollo dello stato libico. Quest’anno, più di 130.000 emigranti hanno attraversato il Mediterraneo, in confronto ai 60.000 dell’anno precedente.

Queste cifre hanno messo alla prova le risorse di Malta e dell’Italia. Alcuni annegamenti sono accaduti come conseguenza della mancanza di chiarezza e di coordinamento tra i due paesi riguardo alle loro reciproche zone di ricerca e soccorso. Inoltre, Malta è stata talvolta riluttante a soccorrere le barche di emigranti in difficoltà – una riluttanza che alcuni attribuiscono a una malavoglia da parte delle autorità di accettarli come profughi.

L’Unione Europea è stata però vistosamente assente dalla tragedia che si sta svolgendo sui suoi confini marittimi meridionali.

Malgrado numerosi appelli da parte del governo italiano per avere aiuto, è stato soltanto nell’agosto di quest’anno che l’Unione Europea ha richiesto al ‘Frontex’ – (denominazione completa: Agenzia Europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea) di intraprendere la ‘Operazione Tritone’ nel Mediterraneo, per integrare le operazioni italiane di ricerca e soccorso.

La Frontex è però interessata principalmente all’attuazione dell’emigrazione piuttosto che alla ricerca e al soccorso, e le operazioni congiunte che coordina dipendono completamente dalle risorse fornite dagli stati membri dell’Unione Europea. Eclatante mancanza di reazione

E’ a questo livello che la mancanza di reazione è più eclatante. Ci sono molte cose che i governi europei potrebbero fare per ridurre le morti degli emigranti.

Potrebbero usare le loro marine per aprire ‘corridoi umanitari’ tra il Nord Africa e l’Europa, come una  volta ha suggerito l’Agenzia dell’ONU per i rifugiati, UNCHR, durante la Guerra Civile in Libia. Potrebbero facilitare l’ingresso legale, in modo che uomini donne e bambini in fuga dalla guerra e dall’oppressione politica possano raggiungere l’Europa in modo sicuro senza dover mettere le loro vite nelle mani degli scafisti.

L’Unione Europea potrebbe anche abolire o riformare il Regolamento di Dublino (Dublin Regulation) che obbliga coloro che cercano asilo a fare domanda in un solo paese. Questa legge ha dato troppa responsabilità ai ‘paesi di confine’ europei, come Malta, l’Italia, la Spagna e la Grecia, che tutti hanno sperimentato aumenti di immigrazione irregolare nei 20 anni passati.

Più in generale, l’Europa potrebbe instaurare un dialogo internazionale con i paesi che “producono” emigranti per rendere la fatica dell’emigrazione sicura e di reciproco vantaggio. Tuttavia molti governi chiaramente considerano ‘Mare Nostrum’ come un fossato essenziale tra la ‘Fortezza Europa’ e i suoi emigranti indesiderati.

La maggior parte degli emigranti che attraversano il Mediterraneo sono profughi di nazionalità che l’UNHCR considera bisognose di una qualche forma di protezione in base ai termini della Convenzione di Ginevra.  Per ottenerla devono però raggiungere prima l’Europa e patire tutti i rischi che questi viaggi per mare comportano.

Tutto questo ha trasformato il Mediterraneo in quello che Amnesty chiama ‘un test di sopravvivenza’ per profughi ed emigranti. Pochi politici lo ammetteranno apertamente perché un’ammissione del genere contraddirebbe direttamente i valori che l’Unione Europea ha decretato di difendere da quando il progetto europeo ha preso forma per la prima volta dopo la II Guerra Mondiale.

La maggior parte dei governi preferisce invece condannare i contrabbandieri e i criminali organizzati che traggono profitto da questi viaggi, e che si fregano le mani ogni volta che avviene  una tragedia particolarmente terribile. Gli uomini che fanno affondare le barche degli emigranti o che li imbarcano senza salvagenti meritano certamente di essere condannati.

Però, come Amnesty International fa notare, anche  la “risposta deplorevole”   dell’Europa ha contribuito al bilancio delle vittime. Ed è difficile evitare la conclusione che il Mediterraneo è diventato uno strumento di una politica di dissuasione, in cui le morti degli emigranti sono tacitamente accettate come forma di ‘danno collaterale’ di una reazione militarizzata all’emigrazione del 21° secolo il cui obiettivo  prioritario è quello di impedire alle persone di arrivare.

Fino a quando queste priorità non cambieranno, gli emigranti continueranno a morire, e il triste record del 2104 sarà forse superato. L’Italia ha già minacciato di sospendere le sue operazioni di ricerca e salvataggio quando la sua presidenza dell’Unione Europea terminerà alla fine di quest’anno.

Amnesty International ha esortato i governi europei ad adempiere ai loro obblighi umanitari per salvare le vite nel Mediterraneo ed ha avvertito che “l’Unione Europea nel suo complesso non può essere indifferente a queste sofferenze.”

Finora ci sono pochi segni che qualcuno la stia ascoltando.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org: http://zcomm.org/znet/article/europe-s-migrant-graveyard

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