Syria Untold
05/06/2014

Aleppo tra il bagno di sangue e l’acqua che manca
Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

La società civile si organizza per fare fronte a una tragedia che era ed è evitabile

Aleppo – città sopravvissuta a due anni di barili-bomba lanciati dal regime siriano – è ora messa in ginocchio dalla sete. Non è il regime stavolta il diretto colpevole, ma come segnalato da attivisti è il Fronte al-Nusra (legato ad Al-Qaeda) a controllare la stazione di pompaggio dell’acqua principale della città. Il fronte è accusato di rifiutarsi di far giungere l’acqua in città come tentativo di esercitare pressioni sulle aree controllate dal regime. Ma l’effetto ricade solo sugli abitanti. Col clima che si fa più caldo e con l’acqua recuperata da acquitrini, le malattie si diffondono.

Ciò si aggiunge alla distruzione dell’intera infrastruttura sanitaria della città e alla mancanza di staff medico qualificato. Dopo l’appello dell’organizzazione Madani (“civile” in arabo) l’attenzione sulla piega presa dalla situazione umanitaria è cresciuta e molte iniziative hanno visto coinvolta la società civile per alleviare le sofferenze dell’area. In una di queste si è ricorso a piccoli furgoni con delle pompe per l’acqua e cisterne per facilitare l’operazione di pompare l’acqua dai pozzi e distribuirla nelle case a costi minimi.

Il gruppo Dubarah ha raccolto una lista di chiese, moschee e vecchie abitazioni che hanno pozzi interni. Così ha potuto diffonderla nella città insieme a consigli su come purificare l’acqua e sui modi più efficienti di trasportarla nei quartieri.

Anche gli artisti hanno risposto alla crisi: Ahmad al-Arabi nella sua opera dal titolo “Mettere sotto assedio un rubinetto” ha immaginato un’acqua che si trasforma in sangue nella città, mentre Wajdi Saleh riflette col suo lavoro su come l’acqua sia diventata un’ulteriore arma per uccidere i siriani.

Aleppo continua a portare la croce della rivoluzione in Siria, ma il suo lento annaspare per la sete aggiunge alle sue estese ferite una grande, ulteriore offesa. Soprattutto considerando che questa tragedia in particolare era – ed ancora è – del tutto evitabile.

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