Syria Deeply
01/10/2014

Gli aleppini mostrano ostilità verso Daish così come timore per gli attacchi americani
di Khaled al-Khatib
Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

In copertina un’opera di Aiham Van Syria dedicata ad Aleppo

Nella metà di agosto, l’avanzata di Daish (conosciuto in Occidente come ISIS) ha raggiunto la provincia nord di Aleppo, in aree che erano rimaste fino ad allora largamente sotto il controllo dei gruppi dell’opposizione siriana. Daish ha preso il controllo di 13 villaggi tra cui Dabeq; la gente se ne è andata, temendo esecuzioni di massa.

Walid (35 anni), sua moglie e i loro 4 figli si sono rifugiati in un campo vicino al confine turco. “Daish ha commesso orribili massacri nei villaggi, con l’unica accusa (rivolta alle vittime) di aver collaborato coi rivoluzionari”. “Daish proclama di portare avanti la dottrina islamica e uccide degli innocenti,” continua l’uomo, che oggi lavora come barbiere in una delle tende del campo, “Per me sono criminali senza rispetto per gli esseri umani né per i diritti che gli spettano. Non rappresentano l’Islam”.

Dall’altra parte di Aleppo, i cittadini temono che Daish continuerà la sua avanzata, obbligandoli a lasciare le proprie case. Intanto hanno a che fare coi bombardamenti quotidiani da parte delle forze del regime siriano. Ahmad (24 anni) combatteva per Jabhat an-Nusra a cui si era unito dopo che era stato cacciato dall’università per aver preso parte alle proteste anti-regime. “Resisteremo e combatteremo con ogni mezzo che abbiamo per fermare Daish,” dice, “perché ci rendiamo conto della portata dei massacri che l’organizzazione commetterà contro la nostra gente”.

Nonostante l’impopolarità di Daish tra i civili di Aleppo, gli attacchi aerei condotti dagli Stati Uniti contro il gruppo sono stati causa di agitazione. Abu Bilal (30 anni), ex-studente di economia all’Università di Aleppo, dice: “Credo che quest’intervento – per quanto tardivo – sia importante, ma sono davvero preoccupato per i doppi standard della politica degli americani: gli attacchi dovrebbero includere anche le forze armate di Bashar al-Assad”.

Ahmad, originario del villaggio di al-Bab, spiega di aver lasciato la propria casa perché si trovava vicino a dove stazionavano i militanti di Daish, temendo perciò di diventare un “danno collaterale” nel corso degli attacchi americani. Gli abitanti del suo villaggio si trovano per questo in uno stato di panico, con molte persone che si mettono in viaggio. “Non sono ottimista circa l’intervento militare in Siria,” afferma, “Non mi aspetto che porti qualcosa di buono, se non altra distruzione nel nostro Paese”.

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