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4 maggio 2014

Antouan Hanna

Papa Francesco, 2 maggio 2014, omelia in S. Marta:    "ho pianto quando ho visto sui media" la notizia di "cristiani crocifissi in un certo Paese non cristiano. Anche oggi c'è questa gente che, in nome di Dio, uccide, perseguita. E anche oggi vediamo tanti che, "come gli apostoli", sono "lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù". Questa "è la terza icona di oggi. La gioia della testimonianza".

Nell’omelia della messa del 2 maggio, Papa Francesco ha detto di aver pianto alle immagini dei due poveretti crocifissi in Siria dai miliziani anti-Assad. Così si è saputo anche in Italia quanto è accaduto in questa Pasqua cruenta in quel lontano Paese martoriato da un conflitto infinito.

Invano cercherete sui giornali italiani articoli sulla terribile vicenda: qualche breve cenno in qualche articolo, nulla più. È che in questa guerra ragioni di propaganda impediscono di dare conto dei crimini dei ribelli anti-Assad, mentre vengono enfatizzati, se non inventati, quelli di Assad, spesso attribuendo ai militari governativi le nefandezze dei cosiddetti ribelli (vedi la strage attuata con le armi chimiche a Goutha). 

Nulla di nuovo: da quando è iniziata questa guerra venti di disinformazione spirano sulla Siria, a volte anche al di là delle intenzioni dei singoli giornalisti. Nessuno deve disturbare il manovratore, nel caso specifico Al Qaeda e suoi derivati, in un Paese dove si sta giocando una partita geopolitica che ha come posta il controllo del Medio Oriente. Partita che passa per l’eliminazione di Assad dal potere.

 Ma quelle immagini strazianti le abbiamo viste lo stesso, ché grazie a Dio non tutti sono piegati al vento della propaganda e sono circolate lo stesso nel mondo. E ci hanno fatto una pena infinita, come a tanti altri prima di noi, come al Papa, che ne ha parlato nella sua omelia. Immagini che dicono tanto, in particolare del volto satanico di questa guerra, che nulla ha a che vedere con la religione islamica che rende onore ad Allah misericordioso, quel nome che è caro anche ai cristiani orientali, perché è quello di Dio Padre di Gesù Cristo (il profeta Issah per l’islam) nella loro lingua. Loro, i qaedisti, o jhadisti che dir si voglia, sono solo forsennati mandati al macello, e zelanti macellai, imbottiti di droga e di una folle ideologia islamista di natura settaria fabbricata in qualche laboratorio, null’altro. Che ammazzano quanti non si adeguano ai loro progetti, meglio ai progetti geopolitici di chi li paga, li addestra e gli fornisce le armi. Un compito che eseguono con metodo e ferocia.

Ma al di là: restano quelle due croci, ai quali sono stati appesi, in questo tempo di Pasqua (significativo anche questo), due poveretti. Di uno non abbiamo notizie, l’altro, invece si chiamava Antouan Hanna, di Raqqa: nome comune, nome che nessuno forse ricorderà mai nelle sue preghiere e che probabilmente non sarà mai dichiarato santo o martire dalla Chiesa cattolica. Ma non ha importanza nell’economia delle cose del Signore. Antouan era cristiano, come ci ha fatto sapere l’amico siriano che ci comunicato il suo nome. Non sappiamo perché è stato ucciso, ma le modalità del suo omicidio non lasciano molto spazio alla fantasia: Antouan ha condiviso lo stesso supplizio di nostro Signore. 

Che interceda per noi dal Suo Paradiso, lui che è stato ucciso in un luogo così vicino all’inferno e che però, nei misteriosi disegni del Signore, è più vicino al cielo, come dimostra anche questo assassinio, di tanti altri luoghi della cristianità.

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