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14 maggio 2014

Homs e Yarmuk, immagini che rievocano la Nakba
di Lorenzo Trombetta

Le immagini dell’esodo di massa dei palestinesi dal campo di Yarmuk a Damasco e dell’espulsione di centinaia di migliaia di civili dalla regione di Homs sotto il fuoco della guerra civile siriana rievocano quelle della Nakba (‘catastrofe’), da 66 anni commemorata ogni 15 maggio in ricordo dell’espulsione e della fuga di massa dei palestinesi durante e dopo la prima guerra arabo-israeliana del 1948.

A suggerire questo accostamento simbolico è Simone Sibilio, docente di letteratura araba all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore di una ricerca (“Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese”, edizioni Q, 2013) dedicata alla produzione letteraria palestinese legata al tema della ‘catastrofe’.


Per Sibilio, “il concitato tentativo di rielaborazione creativa del ricordo della Nakba dimostra la rilevanza di questo dramma nella vita quotidiana dei palestinesi”. E il “tormento senza fine” si ripete ancora oggi dentro e fuori i confini dei territori stretti tra il Mediterraneo e il Giordano.

“Penso a quel che avviene a Gerusalemme Est, al trasferimento coatto dei beduini del Neghev, ai palestinesi del campo di Yarmuk, anch’essi vittime di una Nakba”, afferma intervistato dall’ANSA via Skype.

In un editoriale apparso il 12 maggio scorso sull’autorevole quotidiano panarabo al Hayat, Hazem Amin, noto intellettuale libanese da sempre vicino alla causa palestinese, commentava le operazioni delle forze di Damasco contro i sunniti di Homs solidali con la rivolta anti-regime. E tracciava un paragone con la politica delle espulsioni di massa compiute dagli israeliani a danno dei palestinesi.

“Il parallelo con Homs è calzante a livello simbolico, ma al tempo stesso angosciante, per la portata inenarrabile della tragedia palestinese e delle sue conseguenze”, afferma Sibilio.

“Quello che accade in Siria è la continuazione di una politica dittatoriale, già avvenuta in altre parti del Mediterraneo, che resta impunita e che viene di fatto ignorata dai grandi media”.

Sibilio ha cominciato le sue ricerche universitarie sul tema nel 2008, quando ricorreva il 60/mo anniversario della Nakba. Uno degli aspetti più indagati nel suo lavoro è quello del ‘memoricidio’, l’uccisione della memoria come strumento di dominazione culturale e politica.

Per l’autore, il 1948 è un “evento cardine nella storia palestinese” ed “è ancora oggi il centro di una disputa non solo storiografica, ma anche politica, istituzionale, culturale e filosofica, che si traduce concretamente in una battaglia simbolica tra pratiche e atti di recupero e reviviscenza di esperienze e di vissuti da una parte e politiche di negazione e di oblio dall’altra”.

Per Sibilio, la letteratura ha il ruolo “di preservare la memoria culturale dei palestinesi e di riabilitare la loro narrazione storiografica sulla scena internazionale. Frammenti di storie sommerse e non riconosciute sono disponibili e riportate in vita dalla letteratura, sia in forma di finzione che di testimonianze reali, divenendo parte di una ‘contro-memoria’ palestinese di quell’evento”.

E se “parlare di Nakba vuol dire sempre più parlare della sofferenza quotidiana di uomini e donne privati dei più basilari diritti umani”, la letteratura palestinese più recente “prende parte al consolidamento della memoria collettiva degli eventi del ’48 per ‘reintrodurre’ i palestinesi nella storia”.

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