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08/02/2014

Con gli evacuati di Homs. Ora serve accesso umanitario a tutti i siriani sotto assedio
di Vichi De Marchi
Portavoce per l’Italia del Wfp delle Nazioni Unite

Sono saliti a decine negli autobus dell'Organizzazione Internazionale per i Migranti i primi evacuati dalla città vecchia di Homs, in Siria.

I volti spettrali, i segni della denutrizione sui corpi emaciati parlano, da soli, delle sofferenze patite nel lungo assedio alla città vecchia. Alcuni hanno raccontato di aver mangiato, per giorni, solo radici e foglie, altri un pugno di riso. C'è chi piange, chi sta in silenzio. Chi ripete che ha freddo, tanto freddo, e mostra le quattro paia di pantaloni indossati uno sull'altro per ripararsi da un inverno rigido, passato senza riscaldamento o combustibile e con quasi nulla da mangiare. C'è chi piange la moglie morta da pochi giorni, di malattia ma anche di stenti.

Alle spalle di chi lascia la propria casa o quel che resta di essa, c'è una città spettrale, chiusa al mondo, ma non alla morte e alla distruzione, dal giugno del 2012.

Sono numerose le agenzie delle Nazioni Unite che stanno cooperando all'operazione di evacuazione e di assistenza in loco: IOM, WFP, OMS, UNFPA, UNHCR, UNICEF. Oggi i primi convogli del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite entrano a Homs, a portare cibo. Ci sono razioni per circa 500 famiglie per un mese, 2.500 persone che avranno da mangiare, vale a dire tutta la popolazione che si stima sia rimasta nelle zone vecchie della città.

In passato, le agenzie umanitarie erano riuscite a raggiungere e a soccorrere gli abitanti di altre zone del governatorato di Homs. Ma questo non era mai stato possibile nella Città Vecchia. Sino ad ora.

Le Nazioni Unite e la Mezzaluna Rossa Arabo Siriana (SARC) stanno gestendo il centro di prima accoglienza degli evacuati che hanno bisogno di tutto: cibo, medicine, coperte. Lo stesso servirà a chi è rimasto. Il rappresentate OCHA, l'organismo di coordinamento ONU che sovraintende i soccorsi a Homs, ha salutato l'operazione umanitaria in corso come un segnale di speranza, sottolineando, però, che questa deve essere il primo - non l'unico - di una serie di interventi per assistere tutte le comunità assediate in Siria. Perché è essenziale che l'accesso umanitario sia garantito ovunque, là dove le popolazioni vivono sotto assedio e soffrono.

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