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27/01/2014

Società civile in Siria: una nuova generazione

Sempre più spesso, nel corso del 2013, gli osservatori internazionali hanno semplificato l’analisi della crisi siriana a una semplice dicotomia: da un lato il regime di Bashar al Assad, poliziesco, violento e dittatoriale; dall’altro lato i gruppi di opposizione armata, anch’essi violenti, spesso indisciplinati, e ispirati in misura crescente da ideologie islamiche radicali.

Le operazioni militari da entrambi i lati e gli sviluppi politici a livello nazionale e regionale continuano a monopolizzare l’attenzione dei mass media. Ogni tanto appare qualche articolo sulla situazione dei rifugiati nei paesi vicini o più raramente sulla crisi umanitaria all’interno della Siria. Dei movimenti di opposizione nonviolenta, degli attivisti civili, delle associazioni caritatevoli locali, invece, non se ne parla più.

Le migliaia di uomini e donne, tra cui molti giovani, che hanno costituito il nerbo del movimento non-violento nel 2011, dove sono finiti? L’impressione generale è che non ne rimanga quasi più nessuno. Molti sono stati arrestati o assassinati dal regime, altri sono caduti vittima dei gruppi jihadisti; qualcuno ha preso le armi, qualcun’altro ha rifiutato ed è scappato dal paese; un numero crescente ha colto l’occasione di richiedere l’asilo politico in un paese occidentale e ha lasciato definitivamente la regione. I pochi rimasti, secondo le analisi più diffuse, sarebbero del tutto ininfluenti.

La società civile siriana è dunque sull’orlo dell’estinzione? Gli attivisti non-violenti sono stati definitivamente relegati nell’impotenza e nell’oblio?

L’osservazione sul terreno rivela una situazione diversa. Se molti militanti pro-democrazia del 2011 sono ora in prigione o in esilio, tanti altri continuano il loro lavoro sul terreno, nonostante la minaccia di rappresaglie sia da parte del regime sia dei gruppi islamisti più radicali. Molti di loro si sono stabiliti in Libano, Turchia e Giordania e da lì continuano a lavorare sugli aiuti umanitari, sull’informazione o sui diritti umani.

Inoltre, poco a poco, è sorta in Siria una nuova generazione di cittadini impegnati. Molte persone che non avevano mai preso parte alle manifestazioni, commosse dalle dure condizioni di vita degli sfollati, hanno iniziato poco a poco a portare aiuto ai loro concittadini in difficoltà. I volontari di molte associazioni locali si sono dati da fare per visitare i centri di alloggio collettivi e portare loro cibo, materassi, coperte, vestiti. Il loro lavoro sopperisce in parte all’insufficienza degli aiuti umanitari distribuiti dalle agenzie statali e dalle Nazioni Unite.

Alcune di queste persone sono politicamente avverse al regime; ma tante altre non hanno una posizione politica ben definita, non si sono schierate da una parte o dall’altra: cercano solo di dare una mano e sperano che la guerra termini il prima possibile. Anche alcuni sostenitori di Bashar al Assad, impietositi dalla situazione degli sfollati, partecipano a queste attività informali di assistenza, a volte direttamente, in altri casi indirettamente, fornendo autorizzazioni o copertura politica o chiudendo un occhio sul non rispetto delle strette regole imposte dal regime. Sono siriani di tutte le estrazioni sociali e di tutte le confessioni, compresi molti membri delle minoranze cristiana e alauita.

Un funzionario delle dogane accetta di far passare un carico di coperte e di materassi senza nessuna contropartita. Un parroco impegna i giovani della sua parrocchia per distribuire gli aiuti alle persone bisognose. Un dottore visita gratuitamente gli sfollati nel suo ambulatorio privato. Una studentessa universitaria riceve fondi da un’organizzazione umanitaria e compra medicine da distribuire gratuitamente. Un membro di un’associazione locale organizza degli incontri di sensibilizzazione sull’igiene e le malattie dell’infanzia per le donne sfollate.

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Sono migliaia. Sono siriani e siriane che ogni giorno trovano il coraggio di assumersi un rischio per venire in aiuto al loro prossimo in difficoltà, a prescindere dalla sua confessione o opinione politica. Sono persone coraggiose, temprate dalla sofferenza condivisa e dall’impegno civile. E in questo conflitto sempre più brutale e divisivo, la loro presenza non può essere dimenticata.

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