Le Nazioni Unite e la possibilità di un intervento umanitario in Siria

Il 3 Novembre del 1950, in piena guerra fredda, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (il corpo 'legislativo' dell'ONU) passò la risoluzione 377/A, chiamata Uniti per la Pace. Con questa risoluzione, l'Assemblea Generale dichiarò che quandunque il Consiglio di Sicurezza si trovi impantanato in un ennesimo giro di veti, e se la pace e la stabilità tra le nazioni fossero a rischio, l'Assemblea ha il potere di scavalcare il Consiglio e fare raccomandazioni agli stati membri per prendere i dovuti provvedimenti volti al mantenimento o alla ristorazione della pace e della sicurezza internazionali, incluso se necessario l'intervento armato. Nonostante fosse stata create per raggirare l'ostruzionismo russo, questa risoluzione fu utilizzata per la prima volta contro due membri NATO nella crisi di Suez.


http://www.huffingtonpost.it
15/05/2014

Aggiornamento sulla Siria e sulla possibilità di un intervento umanitario
di Federica D'Alessandra

Esperta di diritto internazionale, crimini di guerra e missioni di pace

Il 28 Aprile, 35 eminenti giuristi dell'Associazione Legale Internazionale ALI (una delle più influenti organizzazioni non -governative che operano a livello globale, e di cui - per questioni di trasparenza va detto - la sottoscritta è Ufficiale per i Diritti Umani) hanno pubblicato una lettera aperta al Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, alla Sotto-Segretaria per gli Affari Umanitari Valerie Amos, e ai dirigenti delle cinque organizzazioni umanitarie che fanno capo alle Nazioni Unite: l' UNICEF, il programma alimentare mondiale, l'agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, l'organizzazione mondiale della sanità, e l'alto commissariato per i rifugiati.

Nella lettera (che può essere letta in inglese qui) i giuristi, tra cui figurano eminenti personalità del diritto internazionale, lanciano un appello alle Nazioni Unite ed ai capi delle agenzie umanitarie, invocando una maggiore risolutezza in Siria.

La lettera condanna le violazioni manifeste del diritto umanitario portate avanti 'arbitrariamente' dal governo siriano ed 'alcuni membri dell'opposizione', aggravate da ciò che i giuristi definiscono un'interpretazione troppo 'cauta' del diritto umanitario, che ha costretto le agenzie umanitarie a rimanere bloccate al confine con Turchia e Giordania in attesa dell'autorizzazione del governo siriano (peraltro non in arrivo) ad attraversare le frontiere per portare avanti le operazioni umanitarie.

Attualmente, più di 9,3 milioni di persone rimangono infatti in urgentissimo bisogno di assistenza. Di queste, 3,5 milioni sono bloccate in zone cosiddette 'difficili da raggiungere', quasi tutte concentrate in territori controllate dall'opposizione nel nord del paese.

Sebbene alcune agenzie umanitarie delle Nazioni Unite siano state autorizzate (e siano riuscite) ad entrare a Damasco, riuscendo ad alleviare (anche se minimamente in un contesto in cui bombe barile piovono continuamente dal cielo) la sofferenza di molti, tantissimi altri rimangono tagliati fuori dalla portata dei convogli umanitari poiché intrappolati in zone raggiungibili sono attraverso una frontiera che, nonostante le suppliche del Consiglio di Sicurezza ONU, rimane sigillata (leggi il mio articolo del 31 marzo a riguardo).

Dal punto di vista del diritto internazionale, su cui si basano le relazioni tra gli stati e tra le diverse organizzazioni governative mondiali, infatti, è solo con il consenso del governo siriano - o tramite una risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU - che la sovranità territoriale della Siria può essere infranta, e gli aiuto umanitari consegnati in maniera legale.

Con la risoluzione 2139 (di cui ho discusso in un post precedente), il Consiglio di Sicurezza ONU aveva richiesto autorevolmente l'accesso illimitato alle zone d'interesse per gli aiuti umanitari.

Da allora, sia il Segretario Generale ONU che la Sotto-Segretaria per gli Affari Umanitari Amos si sono scagliati contro il governo siriano e le milizie islamiste che impediscono alle agenzie di consegnare gli aiuti alle popolazioni stremate sotto il proprio controllo (leggi il mio recente post sul rapporto di Ban Ki Moon sulla situazione siriana).

Sebbene entrambe le parti - il governo e gli islamisti dell'opposizione - siano accusate di commettere quotidianamente una serie interminabile di crimini di guerra efferatissimi (incluso il bombardamento quotidiano gli uni, e l'esecuzione pubblica e crocifissione gli altri), il governo - in quanto tale - è anche responsabile del crimine (internazionale) di negare gli aiuti umanitari ai civili sotto il suo controllo (crimine peraltro riconosciuto come crimine contro l'umanità sia nello Statuto di Roma, che nella giurisprudenza del Tribunale ONU per la Ex-Yugoslavia).

La lettera della 'coalizione di giuristi' dell' ALI suggerisce che varcare la frontiera senza il consenso del governo siriano costituirebbe, dati i fatti, un'azione perfettamente legale.

L'argomento sarebbe che 'le Nazioni Unite' si trovano in una posizione di 'legittimità' per un'eventuale 'azione umanitaria', che il consenso del governo siriano non sia necessario nei territori in questione poiché di fatto controllati dall'opposizione, e che la non autorizzazione alla consegna di aiuti umanitari é accettabile legalmente solo in caso di 'necessità militare' e non per ragioni arbitrarie, come sembri sia il caso nella situazione in questione.

Il suggerimento della lettera è però a mio papere controverso, e l'interpretazione da cui deriva errata.

Per considerazioni legali riguardo la presunta 'necessità militare' del governo siriano, preoccupato - come d'altro canto l'Europa e gli Stati Uniti - della presenza di islamisti e gruppi terroristi armati nei territori in questione, vi rimando alla brillante analisi di Naz Modirzadeh, esperta di terrorismo all'università di Harvard, in un guest post (in inglese) sul blog di Opinio Juris, che fortemente raccomando di seguire a tutti gli appassionati di diritto internazionale.

Tornando alla lettera in questione, il linguaggio è fuorviante e si presta ad errori di interpretazione (palla peraltro colta al balzo dal senatore americano Tim Kaine, il quale ha annunciato che una conseguenza della lettera sarebbe che le agenzie umanitarie diverrebbero 'complici' del governo siriano se non seguissero il consiglio dei giuristi ALI di lanciare incursioni umanitarie).

Oltre che dal punto di vista dell'interpretazione legale, la lettera é problematica per una serie di ragioni linguistiche.

Innanzi tutto, il suggerimento che 'le Nazioni Unite' siano un'organizzazione imparziale e neutrale è una posizione alquanto incorretta. Basti pensare al ruolo dell'ONU in Libia, nella Repubblica Democratica del Congo, ed in Sud Sudan, in cui le Nazioni Unite sono o sono state 'parte militante nel conflitto'. (Si badi che questa non è una critica delle Nazioni Unite, di cui sono una sostenitrice, ma un dato di fatto intrinseco nella natura stessa dell'organizzazione).

In secondo luogo, l'idea che l'ONU sia in toto un'organizzazione compatta ed omogenea, che risponde ad un mandato e delle regole universalmente applicabili a tutti i dipartimenti è sbagliata. Sebbene diversi dipartimenti ONU si siano impegnati in Siria a sponsorizzare gli accordi di pace (falliti), ed a mediare tra le parti, non tutti i dipartimenti sono dotati degli stessi equipaggiamenti e rispondono ad un unico decisore.

Si provi ad immaginare cosa succederebbe se le agenzie umanitarie decidessero di varcare il confine ed entrate in Siria disarmate (perché è così che vi entrerebbero a meno che il dipartimento per le missioni di pace, per ordine del Consiglio di Sicurezza, non organizzi dei convogli armati per accompagnare gli aiuti umanitari). Le agenzie, ed il loro personale umanitario, si esporrebbero con tutta forza alla brutalità di un conflitto che di certo non si arresta per lasciarli passare.

Inoltre, non sono i capi delle agenzie umanitarie - a cui è indirizzata la lettera, e l'esortazione a fare di più - che prendono decisioni riguardo la legittimità di un intervento umanitario (e dei convogli militari che tale intervento richiederebbe). È il Consiglio di Sicurezza ONU, o alternativamente (ma non legalmente dal punto di vista del diritto internazionale) una coalizione di stati.

Allora l'argomento da fare non è del tipo legale ma politico. I giuristi dell'ALI farebbero meglio ad utilizzare la loro influenza per richiedere ai propri capi di stato di agire diversamente - in seno al Consiglio di Sicurezza, o anche arbitrariamente ed unilateralmente (posizione che però io non supporto). Ma non dovrebbero mascherare argomenti politici con un linguaggio legale ed umanitario.

Premesso che tanti degli ostacoli che si incontrano oggi nel campo del diritto internazionale sarebbero rimossi se ci fosse una riforma del Consiglio di Sicurezza ONU (riforma tra l'altro fortemente propugnata dall'Italia, di cui vi racconterò altrove), la soluzione sarebbe una presa di posizione forte da parte del Consiglio contro la Russia ed il veto che si ostina ad impugnare. Leggi qui la mia proposta di utilizzare 'Uniti per la Pace' per la protezione di civili da guerre predatrici tramite intervento umanitario, anche a costo di rompere gli equilibri che fin' ora di sono formati.

Come ho già dichiarato, che l'utilizzo di 'Uniti per la Pace' in Siria sia un gioco pericoloso nessuno lo mette in dubbio. Ma francamente che anche ciò accada. È arrivata l'ora di reinventare le procedure ONU, e mettere fine sia all'impunità dei tiranni, che la sofferenza delle popolazioni mondiali.

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