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11/01/2014

Al Qaeda in Siria punta alle armi chimiche di Assad
di Tommaso Canetta

Possibile che si tratti di una mossa del regime, ma il rischio esiste e apre a scenari apocalittici

Uno zaino, una borsa della spesa, una bottiglia d’acqua, l’interno di un giaccone: il quantitativo necessario di gas nervino allo stato liquido per fare una strage si può facilmente nascondere in ciascuno di questi contenitori. Una volta diffuso nell’aria provoca in chi lo respira spasmi bronchiali, soffocamento, ribaltamento degli occhi, cianosi, vomito continuo, tetanismo (contrazioni muscolari incontrollabili) e, nel giro di 2-10 minuti, morte. L’arsenale siriano (più di mille e duecento tonnellate di agenti chimici) comprende vari tipi di gas nervino - dal Sarin al Tabun al VX – oltre a “gas mostarda”, come l’Iprite, e altri. Il timore che suscitano queste armi di distruzione di massa è tale che, pur essendo responsabili di meno dell1% delle vittime della guerra civile siriana, fu a causa di esse che si sfiorò – quantomeno a parole - l’intervento militare americano lo scorso agosto.

Il 7 gennaio il primo carico di materiale chimico consegnato a funzionari dell’Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) dal regime di Assad è partito dal porto di Latakia a bordo di una nave battente bandiera danese, scortata da un convoglio militare internazionale. In base all’accordo raggiunto a fine estate tra Russia e Stati Uniti le operazioni sarebbero dovute iniziare già il 31 dicembre ma, pare complice il maltempo e gli attacchi alle vie di comunicazione da parte dei ribelli, si è accumulato del ritardo. E proprio gli attacchi degli insorti sono fonte di crescenti preoccupazioni.

Mercoledì 8 gennaio il governo Siriano ha denunciato che le forze ribelli hanno attaccato due dei suoi depositi di armi chimiche. Il rappresentante della Siria all’Opac ha riferito l’accaduto al Consiglio esecutivo, stando a quanto riportato da una fonte diplomatica Ue citata dal NY Times dietro la garanzia dell’anonimato. È la prima volta da quando è stato siglato l’accordo sulle armi chimiche che il governo siriano riferisce di un simile attacco. Gli assalti avrebbero riguardato una struttura vicino a Damasco e una vicino ad Homs. Non è stato specificato quando ciò sarebbe avvenuto, né l’appartenenza dei ribelli a uno specifico gruppo. In ogni caso, sempre in base a quanto riferito dal rappresentante siriano, gli attacchi sarebbero stati respinti e il materiale è al sicuro.

La notizia va presa con il beneficio del dubbio: potrebbe essere una strategia del regime per giustificare i ritardi nella consegna delle armi chimiche – tesi a coprire potenzialmente manovre di occultamento di parte dell’arsenale -, potrebbe essere una mossa di propaganda per screditare ulteriormente i ribelli e risvegliare le paure occidentali che armi di distruzione di massa finiscano nelle mani di gruppi terroristici, ma potrebbe anche essere la verità. In quel caso l’incubo degli zaini, delle borse o delle bottiglie con dentro gas nervino, o peggio, diventerebbe più concreto.

«Da un punto di vista operativo è possibile. Lo scenario siriano è talmente caotico e deteriorato che non si può escludere che alcuni gruppi ribelli abbiano preso di mira i depositi di armi chimiche del regime», spiega Simone Pasquazzi, docente di relazioni internazionali e analista di geopolitica e sicurezza per enti pubblici e privati.

Ma, se effettivamente la notizia fosse vera, perché i ribelli dovrebbero essere interessati alle armi chimiche? Nel conflitto siriano non sono spendibili
Concordo che siano poco utili sul campo. Tuttavia si possono immaginare diverse possibilità. Se l’attacco fosse riconducibile all’ala “pragmatica” e non fondamentalista della ribellione avrebbe il senso di dimostrare che il regime è debole, che non riesce a controllare una cosa pericolosa come le armi di distruzione di massa. Questo avrebbe impatto sulla popolazione siriana, e sulla percezione che questa ha di Assad e del suo apparato. Se invece risultasse la responsabilità delle fazioni legate al jihadismo islamico, allora si potrebbe anche ipotizzare una volontà di impiegare tali armi a scopi terroristici. Anche un gruppo terrorista però potrebbe essere interessato ad averle a fini propagandistici; per avere visibilità, magari per accreditarsi come interlocutore, per apparire pericoloso e disincentivare eventuali attacchi nei propri confronti.

In questo momento l’ISIL, un gruppo di guerriglieri legato ad Al Qaeda, viene attaccato dalle altre fazioni ribelli. Ma tra queste c’è ad esempio Al Nusra, che è altrettanto legata ad Al Qaeda, anzi forse ancor di più, e che continua a operare nel Paese. Si può ipotizzare che siano soprattutto i gruppi legati al terrorismo internazionale a voler mettere le mani su queste armi?
È possibile. Ovviamente ordigni di quel tipo difficilmente potrebbero raggiungere gli Stati Uniti o anche solo l’Europa. Ma potrebbero arrivare in Iraq, il cui confine con la Siria ormai è quasi inesistente, e forse anche in altri Paesi del Medio Oriente. Israele stessa in teoria potrebbe essere esposta al rischio.

È pensabile che dietro attacchi del genere ci siano in realtà operazioni di false flag (cioè quando un soggetto si spaccia per un altro, allo scopo di depistare le ricerche dei responsabili)?
Come dicevo, il contesto in Siria è talmente deteriorato e confuso che è possibile. Sono così tanti gli attori coinvolti in questo conflitto, e talmente diversi gli interessi che vi si intrecciano, che molti potrebbero pensare di avere un ritorno da un’operazione del genere.

Ad esempio i servizi segreti sauditi? Potrebbero essere interessati ad avere delle armi chimiche da poter utilizzare in altri teatri mediorientali, o in Siria stessa, a scopo di destabilizzazione?
Non lo escluderei del tutto, ma serve molta cautela. I Sauditi sono sicuramente uno degli attori principali nell’evoluzione dello scenario, stanno subendo il colpo per il disimpegno americano dall’area e per alcune recenti “vittorie” dei loro nemici iraniani, e sciiti in generale (ad esempio l’accordo di sei mesi sul nucleare di Teheran e il mancato bombardamento contro Assad). Potrebbe essere che i Sauditi abbiano interesse ad avere in mano uno strumento tanto efficace, non per usarlo direttamente, ma al limite tramite scaltre triangolazioni con i gruppi terroristici che Riad finanzia e supporta. Ma siamo a livello di speculazioni assolutamente teoriche.

Esistono depositi di armi chimiche di cui ignoriamo l’esistenza?
Che la Siria, come probabilmente ogni altro Stato dotato di armi di distruzione di massa, abbia depositi segreti credo sia quasi sicuro. E penso che gli attori internazionali abbiano messo in conto che il regime abbia tentato o stia tentando di nasconderne una minima parte. Non tanto per usarle, quanto per avere uno strumento bellico e negoziale da spendere se il conflitto dovesse prendere pieghe inaspettate.

Che evoluzione possiamo aspettarci su questo fronte delle armi chimiche?
È molto difficile avanzare previsioni. Ancora non si può essere sicuri che gli attacchi siano avvenuti, né se ne conoscono i responsabili. Bisognerà attendere di vedere se e quali conseguenze ci saranno. Al momento si può azzardare l’ipotesi che, finché l’iter di consegna dell’arsenale di Assad non sarà completato, potremo assistere ad altri attacchi di questo tipo, soprattutto ora nella fase iniziale. Man mano che il processo di smaltimento andrà avanti le chance di ripetersi di episodi del genere sono probabilmente destinate a diminuire.

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