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Maggio 27, 2014

Palestinesi di serie b
di Germano Monti

Prima parte

I numeri parlano chiaro, per chi ha voglia di ascoltare: fra il 2011 e il 2013, Israele ha assassinato 118 Palestinesi, una settantina dei quali nella sola operazione “Pillars of Cloud”, i bombardamenti su Gaza del novembre 2012. Nello stesso lasso di tempo, i bombardamenti e le altre operazioni militari di Israele hanno costretto ad abbandonare le proprie case 3.489 Palestinesi. Sono numeri impressionanti, che dall’inizio di questo nuovo anno sono ulteriormente cresciuti.
Fra il 2011 ed il 2013, il regime siriano del clan Assad ha assassinato 1.807 rifugiati palestinesi e ne ha costretti ad abbandonare le proprie case 299.200. Il rapporto fra i Palestinesi uccisi dal regime di Assad e quelli uccisi da Israele è, dunque, di 15 a 1. Ripeto, a costo di apparire pedante: per ogni Palestinese assassinato a Gaza o in Cisgiordania dalle truppe di occupazione israeliane, le truppe e le milizie del regime siriano ne hanno assassinati 15. Anche nel caso dei rifugiati palestinesi in Siria, dall’inizio del 2014 il numero dei morti e degli sfollati non ha fatto che aumentare.
Sempre in tema di numeri, la solidarietà dei movimenti “filopalestinesi” in Italia nei confronti dei rifugiati palestinesi in Siria è stata molto vicina allo zero. Alcune associazioni si sono impegnate nell’assistenza ai profughi siriani e siro-palestinesi nei Paesi confinanti, in particolare in Libano ed in Giordania: l’Associazione per la Pace, l’associazione Zaatar e Un ponte per… hanno dato vita a raccolte di fondi ed a missioni umanitarie, ma nessun movimento “filopalestinese” si è associato a queste iniziative, e nemmeno ne ha prodotte altre. Anzi, alcuni si sono schierati – più o meno apertamente – con il regime siriano, omettendo ogni informazione sulla tragedia dei rifugiati palestinesi in Siria o, addirittura, diffondendo la disinformazione del regime e dei suoi ascari palestinesi, a partire da quel Fronte Popolare – Comando Generale, guidato da Ahmed Jibril, che non conduce un’azione contro Israele dal lontano 1987, dedicandosi quasi esclusivamente al controllo poliziesco per conto del regime nei campi dei rifugiati, in Siria ed anche in Libano.
Con l’arrivo della bella stagione, è ripreso con forza il flusso di disperati che cerca scampo da guerre, massacri e miseria. Fra questi disperati, i Siriani sono ormai moltissimi e, con loro, anche gli ex rifugiati palestinesi in Siria. Nonostante i famigerati accordi di Dublino, che impongono a chi aspira all’asilo politico di chiederlo nel primo Paese europeo dove mette piede, la stragrande maggioranza dei fuggitivi dal macello siriano vede nell’Italia solo un Paese di transito verso altre mete, principalmente nel nord del continente europeo, in Paesi – come la Svezia – che assicurano condizioni più umane e dove risiedono comunità siriane più numerose e strutturate di quella presente in Italia. Fortunatamente, accade spesso che il buon senso di amministratori locali ed anche di esponenti delle forze dell’ordine supplisca alla crudele assurdità di norme e regolamenti insulsi, per cui non sono affatto rari i casi di occhi che fingono di non vedere i migranti che, in fuga dall’orrore, transitano sul suolo italiano.
Purtroppo, le cose non vanno sempre per il verso giusto, e molti Siriani e Palestinesi, incappati nelle maglie dei controlli e delle identificazioni, si vedono costretti a rimanere in Italia ed a chiedere asilo politico nel nostro Paese, anche se ne farebbero volentieri a meno. Si tratta di numeri non particolarmente enormi, soprattutto se paragonati a quelli dei profughi accolti nei Paesi intorno alla Siria: oltre un milione nel piccolo Libano, almeno 600.000 in Giordania, un altro milione in Turchia. Poi, ci sarebbero le centinaia di migliaia che tentano la fortuna in Europa: alla fine del 2013, solo i rifugiati palestinesi in Siria arrivati via terra in Europa (attraverso il percorso Turchia e Bulgaria) erano più di 30.000. Poi, ci sarebbero le decine di migliaia di Siriani e Palestinesi che, in vario modo, hanno cercato asilo in altri Paesi arabi, come l’Egitto, dove vengono trattati come appestati, perché i militari golpisti di Al Sissi li presentano come agenti dei Fratelli Musulmani. Infine, ci sarebbero le centinaia di famiglie di rifugiati palestinesi che dalla Siria hanno raggiunto i parenti nella Striscia di Gaza. Già, la Striscia di Gaza, a sua volta strangolata dall’assedio congiunto di Israele e dei golpisti egiziani, è diventata terra di asilo per i Palestinesi in fuga dallo sterminio del regime siriano. Su questa vicenda, è inutile aspettare qualche informazione dagli “Internazionali” in servizio permanente effettivo a Gaza, ad ulteriore dimostrazione di quanto abbia preso piede una visione dell’attivismo politico e solidale del tutto priva di ogni conoscenza e contenuto internazionalista, una visione culturalmente degradata e basata solo su un impatto emozionale.

Seconda parte

Qui in Italia abbiamo di fronte una parte infinitesimale della tragedia dei rifugiati palestinesi costretti ad una seconda Nakba, ad un nuovo esilio forzato, dopo quello imposto dalla pulizia etnica israeliana nel 1948/49. Al massimo, qualche decina di persone, richiedenti asilo, parcheggiate in centri di accoglienza che di accogliente non hanno proprio nulla, insieme a Siriani, Eritrei, Somali e persone provenienti dal altri Paesi dove guerra e violazione dei diritti umani sono la regola.
I Palestinesi provenienti dalla Siria, come i loro compagni di sventura, non hanno intenzione di fermarsi in Italia. Per loro, come per molti altri, il nostro Paese dovrebbe essere solo la tappa di un viaggio destinato a concludersi in nazioni nordeuropee, principalmente la Svezia, ma anche la Germania o l’Olanda. Quei Paesi sono i più ambiti perché presentano condizioni di accoglienza migliori di quelle italiane, oltre ad ospitare comunità siriane più numerose e strutturate rispetto a quella, piuttosto piccola, presente in Italia.
Il problema è che Paesi come l’Italia e la Grecia rappresentano un punto di passaggio obbligatorio per chi raggiunge l’Europa dal Vicino Oriente con mezzi di fortuna, e, come già detto, la normativa europea impone che i profughi chiedano asilo politico o umanitario nel primo Paese dove arrivino e vengano identificati. Il risultato è che i Siriani ed i Palestinesi che transitano per l’Italia o la Grecia con l’intenzione di raggiungere altri Paesi, cercano in tutti i modi di non essere identificati, per non essere costretti a fermarsi in luoghi dove sanno di non trovare le opportunità e le prospettive desiderate.
I Siriani e i Palestinesi che hanno chiesto asilo politico o umanitario in Italia sono un migliaio, dunque ben poca cosa rispetto ai 30.000 che lo hanno già ottenuto in Germania, Paese che si appresta a riconoscerne altri 15.000. Di fronte a queste cifre, appare veramente incredibile come da alcune parti si continui a gridare all’invasione, quando la vera questione sarebbe quella di attrezzarsi per accogliere uomini, donne e bambini provenienti – letteralmente – dall’inferno in terra. Invece, le condizioni dei richiedenti asilo siriani e palestinesi in Italia sono talmente al di sotto della decenza che non è raro il caso si verifichi la seguente situazione.
Alcuni rifugiati, dopo essere stati identificati nel nostro Paese, hanno raggiunto illegalmente la Germania, dove sono stati fermati ed avrebbero dovuto essere rispediti in Italia. I rifugiati si sono appellati alla magistratura tedesca, chiedendo di non essere rimandati in Italia, motivando la richiesta con le pessime condizioni dell’accoglienza nel nostro Paese. Ebbene, i magistrati tedeschi hanno spesso accolto le istanze dei rifugiati, sospendendo il respingimento in Italia e disponendo il loro accoglimento in Germania. Peggio della nostra accoglienza è considerata solo quella della Grecia, nel senso che le istanze dei rifugiati siriani identificati in Grecia e fermati in Germania vengono da tempo accolte quasi automaticamente dai magistrati tedeschi, mentre quelle dei rifugiati provenienti dall’Italia vengono ancora valutate caso per caso.
I Palestinesi provenienti da Yarmouk e dagli altri campi in Siria, assediati e bombardati dall’esercito del dittatore, sono dunque venuti a trovarsi in Italia loro malgrado. Le loro condizioni non differiscono da quelle degli altri richiedenti asilo: immagazzinati in centri di “accoglienza” situati in luoghi estremamente scomodi, sottoposti a regole molto rigide, privi di qualunque assistenza, passano le loro giornate nell’attesa di una risposta alle loro richieste di asilo politico o umanitario. Attesa che in Germania varia, generalmente, dai tre ai sei mesi, mentre in Italia può durare anche un anno e non mancano segnalazioni di persone che attendono una risposta da un tempo ancora più lungo. In linea teorica, le organizzazioni che si aggiudicano la gestione dei centri di accoglienza dovrebbero garantire ai richiedenti asilo – oltre al vitto ed all’alloggio – alcuni servizi importanti, quali mediazione linguistico-culturale, orientamento e accesso ai servizi del territorio, formazione e riqualificazione professionale, orientamento e accompagnamento all’inserimento lavorativo, orientamento e accompagnamento all’inserimento abitativo, orientamento e accompagnamento all’inserimento sociale, tutela legale e tutela psico-socio-sanitaria. Tutto questo sarebbe previsto dal decreto del Ministero dell’Interno del 30 luglio 2013 ma, per la verità, nella situazione dei rifugiati palestinesi in Italia non se ne trova traccia e, del resto, uno dei principali enti che gestiscono a Roma l’accoglienza dei richiedenti asilo è nel mirino della magistratura per una serie impressionante di inadempienze e malversazioni ai danni sia degli stessi rifugiati, che della Pubblica Amministrazione. In un simile contesto, sorprende l’assenza dalla rappresentanza diplomatica palestinese, che non risulta aver preso la minima iniziativa a sostegno dei propri connazionali, così come sorprende la latitanza di tanti comitati ed associazioni “pro Palestina”, assolutamente muti su questa vicenda, peraltro in coerenza con il loro generale mutismo sulla tragedia dei rifugiati palestinesi in Siria.

N.d.A. Voglio ringraziare Sandra Hetzl per le informazioni sulla situazione dei rifugiati siriani e palestinesi in Germania.

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