Originale: The Indipendent
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25 marzo 2014

Assad conta sui soldati ancora scolari
di Robert Fisk
Traduzione di Maria Chiara Starace

Stavamo andando in macchina sulla strada principale che viene da Homs – velocemente, è naturale,  come richiede ora la guerra siriana – quando, proprio fuori di Harasta, un sobborgo di Damasco, un soldato del governo ci ha chiesto un passaggio per la città.

Mi sono sempre fermato quando i soldati chiedevano un passaggio, specialmente in  tempo  di guerra – soldati egiziani, soldati libanesi, soldati israeliani soldati algerini,      e chi più ne ha più ne metta – perché sono di solito poveri, spesso esausti, occasionalmente spaventati. E vogliono sempre parlare.

Questa volta, però, il nostro ospite era silenzioso. Abbiamo  superato  acro dopo acro, miglio dopo miglio, di rovine della periferia, le più estese che abbia visto prima  fuori dalla capitale. E allora il soldato ha detto al mio autista: “Sono uno di quattro fratelli, tutti nell’esercito. Gli altri tre sono stati uccisi. Sono l’unico rimasto.” Uno su quattro. Ho controllato che avessi sentito bene. Il mio autista me lo ha ripetuto. Che cosa vi dice questo delle vittime nell’esercito di Bashar al-Assad?

Abbiamo lasciato il soldato vicino alla vecchia stazione ferroviaria di epoca ottomana di Hejaz, e abbiamo continuato ad andare attorno a Piazza Umayyad verso l’interno scuro dell’Hotel Sheraton. Nel momento in cui andavo verso la reception per dire che ero tornato, l’eco di un’enorme esplosione ha percorso tutta la vuota lobby di marmo. Un colpo di mortaio che arrivava dai ribelli intorno a Damasco. Si è schiantato nella piazza, dove tre poliziotti giacevano ridotti in pezzi. La subitaneità è la velocità di questa guerra sfinisce rapidamente.

Un’intervista – che ho cercato a lungo – diventa rapidamente un obbligo seccante alla fine di una giornata in cui si osserva un bombardiere a reazione MiG mentre va velocemente  a nord per far cadere il suo “ordine” sul suo prossimo obiettivo dell’esercito siriano, i ribelli, a  Rankoos, lungo la strada che arriva dalla città di Yabroud. I soldati di Assad – con un’abbondante legione di combattenti Hezbollah, del Libano, la settimana scorsa hanno preso di nuovo la città ai loro oppositori.

Incontro però un vecchio amico che sa molto bene  come va la guerra. L’esercito del governo ha perduto ora più di 30.000 soldati in tre anni – questo equivale a più di un quinto delle vittime totali del conflitto, la maggior parte delle quali sono civili, se si crede a quelli che si oppongono ad Assad. Ma il governo di Damasco ora calcola che i prossimi tre anni di leva alleveranno una nuova generazione di  altri 22.000 soldati.

In questi calcoli c’è qualcosa nello stile di Douglas-Haig  (comandante britannico nella Prima guerra mondiale, n.d.t.) – addizionare i rinforzi  contando i soldati  che sono ancora a scuola. In un certo senso, però, questa è una guerra diversa da qualsiasi altra.

Ci sono degli indizi intriganti del fatto che il conflitto sta cambiando. Ci sono molti  piccolissimi cessate il fuoco ora, tra i resti dei disertori del fratturato  Esercito Siriano Libero e i loro ex compagni nelle forze di governo.

Questo è un motivo per cui la battaglia di Yabroud  della settimana scorsa non è costata così tante vite quante gli uomini di Assad vorrebbero che credessimo. Quando l’esercito ed Hezbollah hanno preso la città di Qusayr  nella grossa battaglia precedente lungo il confine libanese, i ribelli che erano a Qusayr sono scappati a Yabroud.

Così, quando le forze di governo hanno circondato Yabroud, sono stati in grado di telefonare ai ribelli sui loro cellulari e di parlare con loro, chiamandoli per nome. Agli insorti è stato detto: ” Liberarate le 13 suore cristiane tenute in ostaggio là e  andatevene da Yabroud …. e noi sospenderemo brevemente il fuoco.”

I difensori islamisti di Yabroud sembra che abbiano giustiziato parecchi combattenti che volevano andarsene  – ma i difensori davvero se ne sono andati, per vivere e combattere di nuovo nella successiva battaglia a Rankoos. Ma l’esercito ha vinto, ed è questa forza formidabile in crescita  – naturalmente ricordiamo che l’Occidente sostiene che tra di loro ci sono dei criminali di guerra – che è l’unica istituzione in Siria sulla quale Assad deve contare.

Anche Bashar lo sa. Quando ha visitato i resti del distretto di Baba Amra a Homs, i soldati hanno circondato il presidente con i soliti urli sull’ immolazione per la causa di Assad. Ma proprio Assad è andato immediatamente verso la squadra della televisione di stato e ha ordinato loro di tagliare le sequenze dal  telegiornale della sera. Questa era una vittoria dell’esercito, non la sua.

Soltanto pochi mesi fa, l’Esercito Siriano Libero stava cercando di trovare un accordo con il regime, mandando intermediari  a Damasco per parlare con  rappresentanti del presidente. Il governo però ha abbandonato tali contatti quando l’Esercito Siriano Libero ha deciso di afferrare l’offerta americana di altre armi a Ginevra – una conferenza durante la quale i diplomatici statunitensi hanno espresso il loro dispiacere non per l’entusiasmo degli oppositori di Assad di avere altre armi, ma per la loro insistenza a volare in Svizzera in prima classe – tutto a spese dei contribuenti americani.

Tra gli islamisti contrari ad Assad, c’è ora un notevole dibattito che arriva quasi all’ostilità, sulle loro attività future. Una nuova fazione di al-Qa’ida vuole che suoi lascino la Siria e vadano a combattere in Yemen, che è di gran lunga più vicino all’Arabia Saudita e ai suoi  giacimenti petroliferi e alle città sante musulmane. Questo, dice al-Qa’ida, è molto più importante che sperperare risorse nelle regioni desolate della Siria e dell’Iraq.

Allo stesso tempo, nuovi rapporti di potere si stanno coagulando intorno alla Siria. Il presidente Rouhani ha fatto visita al vecchio amico dell’Iran, l’Oman, e il Qatar sta appena –lievemente- iniziando a lasciare che il suo sospetto e disprezzo per il Qatar, abbiano maggiore peso del suo entusiasmo per la guerra contro Assad. Se è vero che ha pagato 60 milioni di dollari per il rilascio di quelle suore – allontanandole dal bombardamento governativo di Yabroud – allora vuol dire che l’Emiro del Qatar stava facendo un favore ad Assad.

E non senza motivo. Gli Americani hanno abbandonato la guerra siriana come una causa persa. Gli Stati Uniti lasceranno il Golfo. Potrebbero anche chiudere la maggior parte delle loro enormi basi aeree in Qatar, lasciando l’Emiro tristemente esposto all’avidità territoriale dei suoi fratelli del Golfo Arabo. Chi altro può proteggere lui e l’Oman e gli altri piccoli stati del Golfo – se non quell’ex poliziotto del Golfo, cioè l’Iran?

Con una garanzia russo-iraniana-qatariota di elezioni “giuste” in Siria – per favore trattenete il fiato, lettori – chi meglio può ricostruire il paese in macerie di Assad dell’Iran e della Russia, sostenuti dalla ricchezza del Qatar?  Certo, potrebbero perfino invitare i lavoratori della Crimea per dar loro una mano…

Stai attento, Putin! La più recente offerta dell'Obameria

Come studioso di spazzatura linguistica, mi sono meravigliato dell’Obameria  della settimana scorsa. Il mondo si è concentrato sull’intervista concessa da Obama  a un canale di mediocre qualità di San Diego – il presidente Obama usa i media delle piccole città  per evitare di concedere interviste imponenti e noiose al Washington Post, al New York Times, alla CNN, e ad altri giganti zoppi del giornalismo americano.

E così è successo che abbiamo appreso, da un discorso di Obama, che “non abbiamo intenzione di farci coinvolgere in un’escursione [sic] in Ucraina.” Ma non è stata questa determinazione alla Chamberlain che mi ha colpito. E’ stata la successiva minaccia di Obama a Vladimir Putin – totalmente ignorata dalla stampa  o, seppure  è stata registrata, riportata senza commenti – che mi ha affascinato.

“Quello che faremo,” ha detto Obama, “è mobilitare tutte le nostre risorse diplomatiche per assicurarci di avere una forte correlazione internazionale che mandi un messaggio chiaro.”

Gadzooks!* Attenzione! Tutte queste correlazioni mobilitate, zeppe di messaggi lampanti che si schiantano sulla Russia! Certamente le mura del Cremlino ora cadranno a pezzi.

*E’ un imprecazione di sorpresa o di fastidio che risale alla fine del XVII secolo.


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znetarticle/assad-counting-on-soldiers-still-at-school

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