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12 Nov 2014

La speranza di una tregua in Siria
di Bernard Guetta

Per ora è soltanto una fragile speranza, ma è comunque la prima a cui i siriani possono aggrapparsi dopo tre anni. Secondo l’emissario dell’Onu in Siria, dove i combattimenti hanno provocato già duecentomila morti e dieci milioni di profughi, il potere potrebbe finalmente accettare uno stop dei combattimenti ad Aleppo.

Seconda città della Siria, Aleppo è ormai una distesa di rovine controllata a ovest dal regime di Assad e a est dall’insurrezione, una città martire dove l’orrore non è quotidiano ma permanente, una metropoli che un tempo era di una bellezza accecante ma dove i quartieri ribelli subiscono da oltre un anno un bombardamento a bassa quota di barili esplosivi che causa devastazioni spaventose. Aleppo incarna l’abominio di questa guerra, ed è per questo che Staffan de Mistura, l’emissario dell’Onu, ha proposto di sperimentare qui un cessate il fuoco che vorrebbe poi estendere altrove.

L’idea dell’emissario è quella di rendere Aleppo un esempio che le altre città e zone potrebbero seguire fermando le armi e consentendo la distribuzione di viveri e medicine. Finora tutti i tentativi di questo tipo si sono rivelati fallimentari, ma il 10 novembre Bashar al Assad ha dichiarato pubblicamente che la “proposta dell’Onu merita attenzione”. Dal canto suo l’emissario delle Nazioni unite, un diplomatico svedese, ha percepito un “interesse costruttivo” da parte del potere.

Ora de Mistura contatterà le forze ribelli. Il successo della sua mediazione non è affatto garantito, perché dovrà vincere un’estrema diffidenza e arrivare a un accordo sulle condizioni di applicazione e sulla durata del cessate il fuoco. Ancora non c’è niente di certo, ma in un’intervista alla Bbc l’emissario ha lasciato trapelare un certo ottimismo spiegando che in Siria c’è “un nuovo fattore”, il gruppo Stato islamico, che “destabilizza tutto” e aggiungendo che né l’insurrezione né il regime hanno preso il sopravvento, che “nessuno è nelle condizioni di prevalere” e che da questo equilibrio è nata l’idea di provare la via del cessate il fuoco ad Aleppo.

De Mistura non ha torto. L’insurrezione è in difficoltà e rischia di perdere Aleppo perché deve affrontare contemporaneamente le forze del regime e quelle dello Stato islamico. A sua volta Bashar al Assad sa bene che la sconfitta inevitabile dei jihadisti finirà per ridare slancio ai ribelli, e che i paesi che si sono uniti per combattere lo Stato islamico non sono favorevoli al suo regime. La situazione in Siria sta per cambiare. Per l’insurrezione e per il potere un congelamento dei combattimenti potrebbe aprire un nuovo capitolo. La speranza di una fine degli orrori è fragile, ma reale.

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