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27/04/2015

 

La furia degli uomini e della natura sui monumenti è un segno epocale?

di Giorgio Fabretti

Antropologo della storia e dell’archeologia

 

La furia degli uomini e della natura sui monumenti è un segno epocale? Il crollo delle torri Gemelle a New York. Le demolizioni di monumenti dei talebani in Afghanistan. Le distruzioni di musei durante la guerra in Iraq e poi ad opera dell'Isis. Ora il terremoto in Nepal. La sequenza è impressionante. Sembra che l'uomo e la natura si accaniscano sulle testimonianze del passato, come per segnare una svolta secolare o millenaria. Cosa c'è di razionale in questa impressione?

"Dies Irae, dies illa, solvet saeclum in favilla." Il giorno dell'ira in cui il secolo brucerà nelle fiamme. È un testo sul Giudizio universale, di un famoso canto gregoriano di circa 800 anni fa. È vero che ad ogni svolta secolare o millenaria la specie umana si predispone a mutamenti epocali od apocalittici. Se tali mutamenti accadono di per sé, la specie umana tende ad interpretarli in chiave cabalistica: è l'irresistibile fascino dei numeri, del tempo, della rigenerazione. In questa attitudine vi è una componente genetica dell'Homo sapiens, che va distinta e calcolata a parte, come attitudine di specie che, in assenza di fatti inequivoci, tende alla superstizione.

Le antiche profezie erano sempre un misto di giudizio e pregiudizio, ammonizioni e premonizioni, esperienza e magia. Scienza e tecnologie hanno diradato le componenti irrazionali, che ancor oggi non sono del tutto scomparse. Un meccanismo antropologico che opera è la sensazione profonda che il cosmo sia un grande orologio, dove gli eventi sono disposti come su un calendario, e manovrati come burattini dal tempo, secondo intrecci leggendari. Questa attitudine umana a completare il noto con l'ignoto è da sempre la fonte inesauribile dei miti e delle leggende, di misteriose forze della natura o del destino, o di litigi tra gli dei dell'Olimpo, o di punizioni divine.

 

Il metodo scientifico procede primariamente nell'accertamento delle componenti oggettive, perché sono meno di numero e più dirimenti delle analisi pur significative di miti e leggende. Di certo oggi vi è una componente distruttiva di simboli, paradigmi, icone, legate a sistemi di valori che si vogliono contrastare, rifiutare, rigenerare. È il caso del terrorismo islamista che distrugge i monumenti non islamici. Ma esiste anche la distruttività nichilista generica, determinata da stress da reset imposti da grandi cambiamenti epocali peraltro accettati se non voluti. È il caso degli stragisti come il pilota Lubitz. Si tratta di menti stressare che collassano più o meno con lucida follia contro il genere umano o capri espiatori come nel Tribunale di Milano. Molti terroristi suicidi sono borderline tra l'ideologico e il collasso mentale. Molti stragisti ammantano la follia con un'ideologia occasionale.

Di causale nel semplice avvicendarsi dei secoli o del millennio non vi è molto oltre la superstizione umana. Resta dunque la spiegazione epocale, per cui i grandi mutamenti sono determinati dall'introduzione di nuovi saperi e tecnologie di cui non si conoscono gli effetti collaterali. Il manifestarsi di effetti speciali conseguenti ai cambiamenti ambientali dovuti all'introduzione di tecniche, appare magico e sorprendente, per ignoranza scientifica dei collegamenti causali. L'inquinamento diffuso, l'intossicazione planetaria da industria alimentare, la depressione di massa contrastata dalle droghe, i cambiamenti climatici da Co2, il rifiuto consumistico del lavoro, l'edonismo estenuato, la fretta costante, la fiscalità poliziesca, ecc., determinano pop-up di Aids, tumori, infarti, gesti folli, criminalità organizzata, tifoni, maree, ed altri fenomeni influenzati dalla civiltà, che saturano le menti fino a saldarsi con catastrofi naturali come i terremoti.

 

Ma l'associazione della furia della natura a quella degli uomini ha una sua spiegazione razionale. Infatti i terremoti come quello in Nepal, mettono a nudo l'impreparazione e quindi la colpa degli uomini. Questa diventa evidente nei telegiornali che mostrano paesaggi urbani dove tutti i palazzi in cemento appaiono intatti tra le casupole crollate. Vi appare una condanna del vecchio che è oggettiva. Infatti il nuovo è antisismico, mentre l'antico e il monumentale non lo è. Alcuni vi leggono una maledizione del Tempo che mangia tutto. (Tempus edax omnia).

Il paradigma nuovo che emergerebbe dalla distruzione dei monumenti, sarebbe dunque in favore di un rinnovamento tecnologico compatibile con il nuovo rispetto della vita umana e delle testimonianze del passato. Il paradigma è fondato e rivelatore. Il passato è diventato indispensabile per collegarlo al presente, ed ottenere tracce evolutive che ci aiutino ad orientarci in società sempre più complesse e mutevoli. In conclusione, siamo diventati più sensibili culturalmente alla distruzione dei monumenti, sia ad opera degli uomini che della natura. È questa la novità del millennio. Ed è spiegabile con il maggior valore culturale e sociale del tempo rispetto al passato.

I monumenti sono simboli del tempo. Sono riferimenti per i percorsi storici e individuali in cui ci sentiamo spinti ad avventurarci. La moderna civiltà ha voluto far credere a tutti di aver messo il destino delle loro vite nelle loro mani. Si sono mobilitate massive dosi di ansia collettiva per il tempo che scorre. Ansia che è andata a rimpiazzare molte ansie per fame e malattie. Quindi la furia contro i monumenti è in parte ideologica e obiettiva; nasce in parte da stress folle e distruttivo, in parte da stress attenzionale ansioso per i segni del tempo, e in parte da paranoica superstizione, da sentimento di un'epoca che termina e forse collassa in un Apocalypse Now. Di certo, in assoluto, vi è che i monumenti del passato appaiono sempre più preziosi e necessari per direttrici identitarie e di autolocalizzazione. Nell'epoca dei navigatori satellitari appare una conseguenza collaterale necessaria.

Inoltre, per i prossimi decenni, di fronte a grandi migrazioni ed emancipazioni, come si farebbe a regolare l'accresciuto caos delle molecole umane, se non accrescendo le tecniche di tracciamento? Un nuovo ordine mondiale, o comunque una convivenza globale sostenibile, ha bisogno dei monumenti per i suoi navigatori temporali, storici, altrettanto importanti di quelli satellitari. Non è un caso che da Kissinger in poi, sempre più governi si siano dotati di storici come consiglieri politici e strategici. Lo facevano già gli antichi romani. La storia e i suoi monumenti sono una funzione regolatoria cronologica della massificazione delle civiltà e dei suoi eventi. E la nostra civiltà ne ha grande bisogno. Come diceva il monaco inglese Beda, nel primo Medioevo: "Quando crollerà il Colosseo, crollerà il mondo".

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